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Maria Lucia Riccioli

~ La Bellezza salverà il mondo (F. Dostoevskij).

Maria Lucia Riccioli

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Paesi che vai… il 24 marzo da Siracusa!

24 domenica Mar 2019

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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https://www.raiplay.it/social/video/2019/03/Paesi-che-vai—Luoghi-detti-comuni—Siracusa-4dbcf010-377d-40bf-af57-4e3f88c2353a.html?wt_mc=2.www.fb.raiplay_vod_paesi-che-vai_siracusa—24032019.&fbclid=IwAR079RQ51HmfKAmZV9IaaI4KdPoh2FTsJhTMXgICJF7gIrp02UwJmcNKKoc

Ecco il video!

Felice e onorata di aver collaborato alla realizzazione della puntata su Siracusa e la mia amata Santa Lucia. 
Per chi se lo fosse perso…
Grazie ancora alla cara amica Eleonora Nicolaci, a Livio Leonardi, a Daniele Biggiero ed Antonio Costa oltre che alla troupe…

L'immagine può contenere: oceano, cielo, montagna, spazio all'aperto, acqua e natura

Domenica 24 marzo, alle 9.40 su Rai 1, “Paesi che vai…” farà tappa a Siracusa, “la più grande e la più bella città greca”, come la descrisse Cicerone! Situata sulla costa sud-orientale siciliana, essa incanta con un tesoro artistico e naturale assai variegato e inestimabile, per cui l’Unesco ha di fatto riconosciuto la città – insieme alla vicina Necropoli campestre di Pantalica – Patrimonio dell’Umanità!

Livio Leonardi, ideatore e conduttore del seguitissimo programma – medaglia d’oro della società Dante Alighieri per la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo -, condurrà il suo pubblico nel cuore della splendida città siciliana, culla di artisti e filosofi del calibro di Platone e Caravaggio, che diede i natali al geniale inventore Archimede e a santa Lucia! E sarà proprio la dolce Lucia che, nelle parole di Leonardi, racconterà l’antico centro, situato nell’incantevole isola di Ortigia, e i luoghi “extra moenia” – cioè fuori dalle mura cittadine – nei quali, secondo la tradizione, si consumò il suo martirio. Il tutto, alla scoperta degli aspetti più segreti della sua vita, sospesa tra storia e leggenda: un binomio immancabile, che caratterizza lo storico programma dai grandi ascolti tv!

Ma non è finita qui. Lungo il viaggio di Livio Leonardi saranno svelati anche i segreti dell’antichissima e raffinata lavorazione del cioccolato di Modica, tramandata dagli Aztechi agli Spagnoli! E proseguendo tra le specialità gastronomiche del territorio, si curioserà inoltre tra antiche tecniche di conservazione dei prodotti di tonnara di Marzamemi, un antico borgo marinaro straordinario, quasi fuori dal tempo.


E infine, con Livio Leonardi, ci immergeremo nel cuore di un magico luogo rovente, al cospetto dell’Etna: il vulcano attivo più alto d’Europa, anch’esso consacrato tra le perle dell’Unesco. Un ennesimo viaggio del noto programma.
“Paesi che vai…” ti aspetta, domenica, ore 9.40 / 10.30 su Raiuno!

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3472:la-troupe-di-paesi-che-vai-rai-1-di-nuovo-a-siracusa&catid=17:cultura&Itemid=143

Per documentare con immagini la vita e il martirio di Santa Lucia. La realizzazione del programma coincide con l’elevazione a Santuario diocesano della Basilica

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“La Civetta di Minerva”, com’è ormai solita, ha seguito per voi i sopralluoghi e le riprese di una nuova, speciale puntata di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, fortunata trasmissione della rete ammiraglia della Rai.

Speciale perché non è la prima volta che il format condotto da Livio Leonardi si occupa della Sicilia e di Siracusa in particolare: la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, l’Etna – per i siciliani ‘a Muntagna, la Grande Madre di fuoco e neve che ha improntato di sé ambiente, paesaggio e cultura della nostra isola -, Noto (ricordiamo la puntata della scorsa stagione, con Eleonora Nicolaci a fare da guida d’eccezione tra i gioielli del Barocco netino), Agrigento, Modica e il suo cioccolato, Marzamemi e i prodotti di tonnara, il Castello federiciano di Siracusa e la sua splendida Cattedrale, il Caravaggio di Santa Lucia alla Badia, la Neapolis e le fortificazioni di Epipoli…

Stavolta la troupe di “Paesi che vai…” (tra le trasmissioni di Leonardi ricordiamo almeno “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”; autore dei testi è Antonio Costa e la regia è curata da Daniele Biggiero), con un drone che a volo d’uccello – si direbbe di quaglia, dall’antico nome di Ortigia – riprenderà le bellezze della città aretusea, si occuperà di una figlia speciale di Siracusa: una giovane siracusana del III secolo che ebbe la forza di testimoniare la propria fede durante la terribile (l’ultima) persecuzione di Diocleziano, affrontando coraggiosamente la morte nel 304. Santa Lucia, dunque, ‘a Santuzza dei Siracusani, la patrona che la città si appresta a festeggiare il 13 dicembre, suo dies natalis (ovvero il giorno del martirio, il momento della nascita al Cielo e a nuova vita in Cristo).

Sarà nostra cura avvertire i lettori della messa in onda del programma su Rai1, girato in pochi giorni di miracolosa luce nei luoghi della vita e del martirio di Lucia: tra Ortigia, San Giovanni alle Catacombe, Santa Lucia al Sepolcro, Santa Lucia alla Badia, nella miracolosa luce decembrina che fa da scolta alla luce del Natale – millenari i simbolismi legati alla figura della Santa siracusana, che fonde cristianesimo e persistenze pagane, oggetto e protagonista di opere letterarie e artistiche – si snoderà il racconto di Livio Leonardi, tra narrazione e rievocazione; significativo anche il fatto che la realizzazione del programma coincida con l’elevazione della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro – il tempietto di Giovanni Vermexio inscritto e insieme circoscritto alle Catacombe, che custodisce al suo interno la statua di Gregorio Tedeschi, sarà anch’esso scenario del programma – a Santuario diocesano nel 400esimo anniversario della custodia del Sepolcro da parte dei frati minori di Sicilia.

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Lo so che la foto non rende giustizia al programma, a Livio Leonardi e a Siracusa, ma leggere il mio nome tra i ringraziamenti per la realizzazione della puntata sulla mia città e la mia amatissima Santa Lucia, su Dante, storia, cultura – tutte le cose per cui vivo, non mi vergogno di dirlo, mi stanno a cuore e per queste vivo – non ha prezzo. Grazie ad Antonio Costa, a Daniele Biggiero e alla troupe.

E in precedenza…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2981:noto-ripresa-dai-droni-in-paesi-che-vai-su-rai-uno&catid=17&Itemid=143

Noto ripresa dai droni in “Paesi che vai” su Rai Uno

MARIA LUCIA RICCIOLI
Lunedì, 26 Marzo 2018 10:12

Guida d’eccezione della troupe televisiva Eleonora Nicolaci, discendente della famiglia più illustre della città. Livio Leonardi: “Abbiamo raggiunto ascolti straordinari”

La Civetta di Minerva, 16 marzo 2018

Riprese in una manciata di giorni tra le nuvole e il sole di un inverno siciliano, piacevoli conversari sullo splendore del Barocco, le nostre eccellenze valorizzate: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai…”, in onda su Rai1 alle 9.40 domenica 18 marzo.

Il nostro giornale si era già occupato del programma in occasione della ripresa e messa in onda della puntata su Siracusa. Stavolta tocca a Noto, perla del Vallo – lo ricordiamo: Val di Noto, Mazzara e Demone sono i tre grandi distretti amministrativi di età araba, poi ripresi nel periodo borbonico – che porta il suo nome.

Antonio Costa ha scritto i testi della puntata, mentre regista ne è stato Daniele Biggiero, che ha già diretto la puntata relativa ad Agrigento e che fa parte della squadra del programma da un anno: “Siamo entusiasti del ritorno della trasmissione in Sicilia, regione dai colori e dalle storie che amiamo raccontare e riprendere”. Sì, riprendere, anche grazie allo sguardo del drone che esplora il cielo di Noto e si insinua tra le colonne su, su fino alle volte e alle facciate di chiese e palazzi. Qualche curioso segue la troupe, c’è il tempo per le foto e i saluti o per gustare le specialità per cui Noto e la Sicilia in genere sono a ragione celebri.

Livio Leonardi, ideatore e conduttore del programma – anche se è doveroso ricordare “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, alcuni dei titoli di fortunati programmi per cui è stato apprezzato e premiato, sempre basati sul concetto di valorizzazione dei territori – ci racconta di come la trasmissione si sia evoluta nel tentativo di raccontare le città e le loro comunità, anche tramite un cambio di prospettiva: “Gli spettatori della nuova stagione troveranno più “fiction”, più figuranti, più storia e storie locali che forse ci regalano una chiave di lettura della storia nazionale; siamo molto attenti a realtà che si occupano di rievocazione storica – nella puntata su Noto, risulta indovinata la presenza di alcuni figuranti dell’Associazione netina “Corteo Barocco”, che hanno interpretato personaggi come Sinatra e Gagliardi – con professionalità e passione. La spinta del territorio per noi è fondamentale per raccontare al meglio le città: la bellezza di un costume, i disegni, le testimonianze pittoriche e figurative, tutto contribuisce alla narrazione”.

Cosa vuol dire per lei e per la troupe tornare in Sicilia?

“Siracusa e Agrigento sono uno scrigno di testimonianze. Il racconto che vedrete è, diciamo così, diluito; per la puntata di Noto abbiamo girato in diverse location, sei o sette, con quaranta minuti di racconto storico-artistico: per capire meglio il punto di vista che abbiamo scelto di assumere, basta guardare la sigla, accompagnata dalla voce di Andrea Bocelli che canta “Con te partirò”; l’occhio del visitatore, che magari dallo spazio profondo si avvicina sempre di più alla terra e poco a poco focalizza quello che vede, è il modo non accademico e molto fruibile con cui narriamo i luoghi”.

Quali fonti avete utilizzato?

“Le nostre fonti sono i documenti, i libri, le testimonianze: cerchiamo di valorizzare anche in questo campo i beni archivistici e librari che l’Italia conserva, parte non indifferente del patrimonio per cui siamo giustamente famosi nel mondo”.

Qual è la risposta del pubblico?

“I dati parlano da soli. Abbiamo raggiunto ascolti straordinari: se penso alla puntata su Lucca, ha raggiunto lo share del 23%, il risultato più alto di RaiUno fino al TG1 delle 20; la copertura netta è di 4.400.000, con un ascolto medio di due milioni e un +1,8% ad ogni puntata. Il format è originale, la progettazione editoriale è curata, ecco perché siamo premiati dall’apprezzamento del pubblico”.

Quali saranno le prossime tappe? Verrà toccata di nuovo anche la Sicilia?

“Brescia, Palermo, Recanati e quindi le Marche, la Puglia… non ci fermiamo”.

Quali altre novità ci sono nel programma? Ha in mente nuovi spunti, magari per le prossime puntate o per la nuova stagione?

“Intanto mi piace ricordare la rubrica “Naturosa”, che presenta itinerari naturalistico-paesaggistici e curiosità relative alla natura che circonda le città che narriamo o che, nel caso dell’Etna, caratterizza la regione: i parchi nazionali, i segreti e le risorse delle terre visitate, ecco la particolarità di “Naturosa”. Nella puntata su Noto ci è piaciuto riproporre – ma secondo un nuovo punto di vista, con un taglio differente – la nostra visita al vulcano. Ricordo sempre che la nostra ottica è quella della valorizzazione del patrimonio Unesco, di cui l’Italia è ricchissima: Noto e l’Etna, Agrigento, Modica con il suo cioccolato o la zona di Marzamemi con i prodotti di tonnara.

…La nostra visione è grandangolare. Allo studio c’è comunque anche una nuova rubrica che per ora è top secret” (ma ci facciamo promettere che “La Civetta di Minerva” sarà presente quando “Paesi che vai” tornerà in Sicilia).

Guida d’eccezione, che ha accompagnato Livio Leonardi e che guiderà i telespettatori alla scoperta delle bellezze della perla del Barocco siciliano, è la netina Eleonora Nicolaci. Che non è soltanto una guida turistica preparata, ma appartiene alla famiglia che forse più di tutte ha caratterizzato la storia di Noto (“La Civetta di Minerva” ha recensito il libro uscito per i tipi della Libreria Editrice Urso e che ricostruisce la storia dei Nicolaci dalla fondazione della casata alla fine del XVIII secolo, approfondendo eventi fondamentali per la storia netina e non solo come il terremoto del 1693); Eleonora Nicolaci, che si occupa di ricettività turistica anche grazie alla struttura aperta un anno fa, incentrata sulla fotografia e i siti più significativi del Val di Noto (il B&B PhotoGuest, cui dobbiamo nella persona di Giovanni Tumminelli i crediti delle fotografie che accompagnano l’articolo), passeggiando e dialogando con Livio Leonardi per il “giardino di pietra”, la Noto barocca di Santa Chiara e della Cattedrale, di Palazzo Nicolaci e delle altre splendide location della puntata di “Paesi che vai”, ha descritto e narrato con grazia e competenza la storia dei siti visitati. Ecco le sue parole sull’esperienza vissuta.

“Essere chiamata dall’autore della trasmissione per la mia pubblicazione su Noto e la famiglia Nicolaci e quasi contemporaneamente dal Comune per essere la guida per la puntata è stata una grandissima soddisfazione, come pure poter fare un salto nel mondo di mamma Rai: vedere il dietro le quinte, collaborare alla creazione della puntata, conoscere Livio Leonardi e la sua troupe, incoraggiante e paziente, che ci ha messo il cuore e anche di più per confezionare un prodotto di divulgazione sulla splendida e maestosa Noto, che spero sia conosciuta e amata sempre di più, è stata un’esperienza unica”.

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa e il programma…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

LA CIVETTA DI MINERVA del 9 febbraio 2019

18 lunedì Feb 2019

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica, scuola

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In edicola il nuovo numero de LA CIVETTA DI MINERVA!

Ecco la locandina…

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Al “Cerchio” Diego Barucco sui beni nascosti del territorio ibleo

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 06 Febbraio 2019 12:54

Per il nuovo anno sociale del Centro Studi “Turiddu Bella” sono previsti diversi incontri

 

La Civetta di Minerva, 26 gennaio 2019

Il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” è intitolato alla memoria del cantastorie e poeta mascalese e tra l’altro è iscritto dal 21 febbraio 2013 al R.E.I. (Registro delle Opere Immateriali) nel Libro delle Espressioni: importante riconoscimento, questo, per il lavoro svolto da Maria Bella Raudino – figlia di Turiddu Bella – e dai suoi soci, simpatizzanti e amici.

Fiore all’occhiello del Centro è Il Trofeo Internazionale di poesia popolare siciliana, che risale al 1991: ideato per recuperare il patrimonio culturale ed artistico siciliano a rischio d’estinzione per via di quella che possiamo chiamare, secondo le parole di Alfio Patti, “barbarie postconsumistica”, ha permesso la conoscenza e la pubblicazione in varie antologie di numerosissimi testi: dubbi, favole, miniminagghi, contrasti, tutti generi della poesia popolare siciliana; sono stati coinvolti studiosi di vaglia e giovani, perché la poesia siciliana trovasse spazio anche presso le nuove generazioni. Il Centro Studi Turiddu Bella, fin dalla sua fondazione nel 1997, promuove giornate di studio ed ha pubblicato, oltre a tre volumi di “Studi critici delle opere di Turiddu Bella”, opere inedite del poeta.

Il Centro si impegna quindi per essere polo della cultura siciliana, della storia, delle tradizioni e della lingua della nostra isola e della città di Siracusa, collaborando anche con altre associazioni che condividono le sue finalità culturali.

Per il nuovo anno sociale sono previsti diversi incontri: dopo l’inaugurazione delle attività del 2019 presso la Biblioteca Innocenziana dei Frati Minori Cappuccini di Siracusa con l’etnoantropologo Luigi Lombardo, che ieri 25 gennaio ha affrontato il tema delle motivazioni antropologiche delle feste popolari presentando il libro di Corrado Di Pietro “Festa e rito e altri saggi di cultura popolare in Sicilia”, lunedì 11 febbraio alle ore 18, presso la sede dell’associazione “Il Cerchio” in via Arsenale a Siracusa, il dottor Diego Barucco guiderà i partecipanti alla scoperta dei beni nascosti del territorio ibleo.

La sede dell’associazione, che comunque è presente anche sui social ed ha un proprio blog (lo potrete trovare all’indirizzo https://cstbcentro.wordpress.com/), si trova in viale Teocrito 19 e ci si può rivolgere alla professoressa Maria Bella Raudino per il rinnovo dell’iscrizione e per le nuove adesioni.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3538:u-nannu-randazzo-narra-i-suoi-cunti-alle-nuove-generazioni&catid=17&Itemid=143

U nannu Randazzo narra i suoi “cunti” alle nuove generazioni

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 05 Febbraio 2019 12:50

In “Cumeddia siracusana” in siciliano parlato, anzi parlatissimo, l’autore – già carabiniere, artista poliedrico, benefattore, cultore delle antiche memorie, ripercorre storie e luoghi

 

La Civetta di Minerva, 26 gennaio 2019

Il siracusano che si trovasse a passare per la via Agostino Scilla, all’altezza del civico 29 troverebbe un’associazione culturale del tutto sui generis, ovvero il Cenacolo della siracusanità, un luogo del tutto scevro di intellettualismi, dove non sono necessarie tessere o bandiere di qualsivoglia colore ma il desiderio di incontrarsi e parlare di tutto e di niente. Anima ne è Antonio Randazzo, “una vita per fare, vivere volendo e dire facendo”, secondo le sue stesse parole: figlio di Ortigia, “ ‘u scogghiu” di Siracusa, carabiniere in pensione (tra l’altro ha ricevuto varie benemerenze come quella di “Angelo del fango” in occasione del servizio prestato durante l’alluvione di Firenze del 1966), artista del legno (notevoli le sue sculture, che sarebbe disposto a donare al Comune di Siracusa qualora trovassero degna collocazione; ricordiamo i suoi lavori per la Parrocchia di Bosco Minniti di Siracusa, tanto per citarne alcuni), gestisce un sito documentatissimo, imprescindibile per chi desideri immergersi nelle memorie siracusane, nella storia e archeologia del nostro territorio, nelle nostre radici etniche e antropologiche: www.antoniorandazzo.it è una miniera di testi immagini curiosità.

Insieme ad Ermanno Adorno si è fatto promotore di una lodevole iniziativa per il recupero della lapide commemorativa del sisma del 1693 e datata 1696, sita in via Cavour; le sue opere editoriali non hanno mai fine di lucro ma il ricavato della loro vendita viene sempre destinato a fini benefici, come nel caso di “Cumeddia siracusana – I cunti ro nannu”, presentato nell’ottobre scorso presso l’Urban center (ci ripromettiamo di dedicare un pezzo anche alla meritoria traduzione del saggio di Hans-Peter Drögemuller “Siracusa – Storia e topografia di una città greca”).

Tornando a “Cumeddia siracusana”, scritto in un siciliano parlato, parlatissimo, riprodotto il più possibile foneticamente, Randazzo si lascia andare alle memorie personali e familiari, alla nostalgia per una Siracusa d’antan, più povera materialmente ma forse più ricca umanamente e culturalmente in senso lato: alla perdita del senso del tempo e delle sue stratificazioni, tipica delle generazioni “liquide”, diremmo con Bauman, che non sanno collocare diacronicamente la propria presenza, il proprio stare, ri-manere in un luogo così denso di cultura e Storia oltre che di storie (quelle dei singoli individui, delle corporazioni, delle classi sociali…) come Siracusa, Randazzo oppone il suo personale esercizio di memoria.

Così sfilano davanti ai nostri occhi le ferite della Siracusa bombardata durante l’ultima guerra, Ortigia e i suoi rioni, la via Gargallo con i suoi cuttigghi e le sue putìe, il salotto buono della città, il porto, le trattorie e i caffè – con le loro connotazioni sociali, il dialetto a contrappuntare la lingua, i colori i profumi i sapori, la musica e i balli, le feste di quartiere, la fede popolare vissuta tra processioni, messe e culto delle cone…

I fatti di cronaca e le partite del Siracusa si mescolano ai coriandoli del “festivallu”, alle tragedie dell’INDA, alle corse del circuito, agli stabilimenti balneari, al miracolo del 1953 e a quello economico che sconvolse il sistema produttivo e urbanistico oltre che l’intero tessuto culturale e sociale della città, alle notazioni sapide su moralità e valori.

Non mancano i riferimenti all’antico passato di Siracusa, costantemente raffrontato al presente che ha spesso tradito la grandezza delle memorie.

“’U nannu” Randazzo narra i suoi “cunti” alle nuove generazioni, immemori e smemorate, rievocando, rammentando, ricucendo gli strappi nella tela del tempo: “Purtroppu a Sarausa, ma nun sulu, ni manca ‘a memoria, o na ma scuddatu ‘u passatu”.

Il volume si chiude con un utile glossario siracusano: giorno 17 gennaio è stata celebrata la Giornata nazionale del dialetto e ci sembra doveroso divulgare storie e opere che valorizzino le nostre radici anche linguistiche.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3509:biblioteca-comunale-bella-bella-e-impossibile&catid=15:attualita&Itemid=139

Biblioteca comunale bella, bella e impossibile

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Gennaio 2019 07:34

C’è troppo freddo, niente wi-fi, ascensore guasto, orari di apertura inadeguati per studenti. L’Urban Center (ex sala Randone) di via Nino Bixio potrebbe esserne il prolungamento

 

La Civetta di Minerva, 12 gennaio 2019

“Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”. Così scriveva Marguerite Yourcenar in “Memorie di Adriano”.

L’inverno però, oltre ad essere una stagione dello spirito, lo è innanzitutto in senso meteorologico e la nostra Biblioteca comunale di via dei Santi Coronati – che, ricordiamo ai nostri lettori, venne costituita nel 1867 con il materiale librario delle congregazioni religiose soppresse, arricchito poi con le raccolte dell’ex Gabinetto di storia letteraria e del Consiglio agrario, oltre che con donazioni (Fondo Gubernale e Carpinteri-Rio), lasciti e acquisti; custodisce una notevole raccolta di manoscritti sul Risorgimento come le lettere del Pancali, di Emanuele Giaracà e di Luigi Greco Cassia, i Privilegi e diplomi di Siracusa e “Le consuetudini di Siracusa” di G. Perno (1429), incunaboli, cinquecentine e volumi in pergamena del 1600 e del 1700 – patisce anche il freddo della stagione: personale ed utenti non possono contare sul riscaldamento.

Altri non meno gravi motivi di disagio sono l’ascensore guasto da mesi – pensiamo alle difficoltà per i visitatori anziani o diversamente abili, che dovrebbero essere portati su a braccia – e la mancanza del collegamento wi-fi, che risulta oggi necessario sia per le ricerche in rete che per attirare la fascia dei lettori più giovani (suggeriamo anche che sarebbe auspicabile modificare l’orario di apertura della biblioteca per permetterne la fruizione agli studenti, cui non possono bastare le poche ore delle due aperture pomeridiane settimanali).

Speriamo nella sensibilità della nostra amministrazione per favorire le attività della biblioteca, che comunque offre oltre al servizio del prestito librario quello del prestito digitale (Mlol), di cui ci siamo occupati in un precedente articolo (http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2993:nelle-biblioteche-siracusane-avviato-il-prestito-digitale&catid=17:cultura&Itemid=143), letture animate, presentazioni letterarie e laboratori di varie tipologie tenuti da volontari che credono nel valore della conoscenza e del fare insieme.

L’Urban center (ex sala Randone) di via Nino Bixio (che ha recentemente ospitato, tra l’altro, l’incontro con Catena Fiorello e il Festival dell’educazione, sulle orme di Pino Pennisi) potrà essere sempre di più il prolungamento della biblioteca comunale fuori dall’isola di Ortigia; pensando al nucleo originario della biblioteca; ricordiamo che a dicembre è stata inaugurata la storica sede della Biblioteca Comunale di Siracusa in via San Pietro in Ortigia dopo un accurato lavoro di ristrutturazione per ospitare il Fondo antico, recentemente restaurato: si auspica che il fondo sia presto fruibile nuovamente da parte di studiosi, visitatori e studenti.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3476:i-pochi-ebrei-a-siracusa-festeggiano-la-chanukka-festa-delle-luci&catid=17&Itemid=143

I (pochi) ebrei a Siracusa festeggiano la Chanukkà, festa delle luci

MARIA LUCIA RICCIOLI
Venerdì, 21 Dicembre 2018 11:08

Dal 17 al 21 dicembre, nel Palazzo del Governo di via Roma, incontro col mondo poetico di “Johannes”

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Giovanni Ferdinando Giudice, conosciuto come Johannes, è uno dei personaggi più singolari di Ortigia, della quale è definito il poeta: versifica in lingua italiana e in dialetto siciliano, che ama trasmettere alle nuove generazioni, dipinge e organizza eventi culturali come recital di poesia o la Giornata europea della cultura ebraica – per inciso, ma rimandiamo ai precedenti articoli de “La Civetta di Minerva”, l’ultimo dei quali a firma di Marina De Michele; parlando in un caffè di Ortigia con Johannes abbiamo ricostruito le ultime, spiacevoli vicende sulla comunità ebraica siracusana. Sarebbe comunque auspicabile, da parte dell’amministrazione e soprattutto della curia siracusana, una maggiore comprensione nei confronti della piccola ma resiliente comunità ebraica locale, che a tutt’ora non dispone di un locale atto al culto. Rimandiamo agli studi recenti, ad esempio quello di Angela Scandaliato e Nuccio Mulè, sugli aspetti storico-culturali del “mistero della chiesa che non fu mai sinagoga e della sinagoga trasformata in chiesa”, ovvero San Filippo e San Giovannello alla Giudecca, quest’ultima vero punctum dolens qualora non si accettino la “severa sottomissione al senso storico e unico delle carte polverose e dei documenti consunti degli archivi” e il riscontro dei rinvenimenti materiali.

Da lunedì 17 a venerdì 21 dicembre, dalle 9.00 alle 20.00, presso il Palazzo del Governo di via Roma, sarà possibile conoscere il mondo poetico e non solo di Johannes: è previsto infatti per quei giorni l’evento “Non solo poesie”.

Mentre i cristiani si apprestano a celebrare Santa Lucia, simbolo della Luce di Cristo che viene ad illuminare il mondo il 25 dicembre (data legata alla celebrazione del Sol invictus, il sole che sembra sconfitto ma trionfa sulle tenebre, collegato quindi al solstizio d’inverno: la rete dei rimandi e delle allegorie è fittissima e annoda culti antichissimi, precristiani, alla liturgia della Chiesa), per l’ebraismo questo è il periodo di feste come Chanukkà (in ebraico חנוכה o חֲנֻכָּה, ḥănukkāh), conosciuta anche con il nome di Festa delle luci o Festa dei lumi, mentre martedì 18 dicembre 2018 ricorre il digiuno del 10 Tevet per l’anno 5779, giorno di Kaddish generale per tutte le vittime della Shoah la cui data di morte e luogo di sepoltura sono sconosciute.

L’evento di via Roma potrà essere l’occasione non solo per fruire dell’arte di un poeta e pittore ortigiano, ma anche per approfondire il variegato sostrato culturale e religioso della nostra Siracusa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3472:la-troupe-di-paesi-che-vai-rai-1-di-nuovo-a-siracusa&catid=17&Itemid=143

La troupe di “Paesi che vai…” (Rai 1) di nuovo a Siracusa

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:23

Per documentare con immagini la vita e il martirio di Santa Lucia.La realizzazione del programma coincide con l’elevazione a Santuario diocesano della Basilica

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“La Civetta di Minerva”, com’è ormai solita, ha seguito per voi i sopralluoghi e le riprese di una nuova, speciale puntata di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, fortunata trasmissione della rete ammiraglia della Rai.

Speciale perché non è la prima volta che il format condotto da Livio Leonardi si occupa della Sicilia e di Siracusa in particolare: la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, l’Etna – per i siciliani ‘a Muntagna, la Grande Madre di fuoco e neve che ha improntato di sé ambiente, paesaggio e cultura della nostra isola -, Noto (ricordiamo la puntata della scorsa stagione, con Eleonora Nicolaci a fare da guida d’eccezione tra i gioielli del Barocco netino), Agrigento, Modica e il suo cioccolato, Marzamemi e i prodotti di tonnara, il Castello federiciano di Siracusa e la sua splendida Cattedrale, il Caravaggio di Santa Lucia alla Badia, la Neapolis e le fortificazioni di Epipoli…

Stavolta la troupe di “Paesi che vai…” (tra le trasmissioni di Leonardi ricordiamo almeno “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”; autore dei testi è Antonio Costa e la regia è curata da Daniele Biggiero), con un drone che a volo d’uccello – si direbbe di quaglia, dall’antico nome di Ortigia – riprenderà le bellezze della città aretusea, si occuperà di una figlia speciale di Siracusa: una giovane siracusana del III secolo che ebbe la forza di testimoniare la propria fede durante la terribile (l’ultima) persecuzione di Diocleziano, affrontando coraggiosamente la morte nel 304. Santa Lucia, dunque, ‘a Santuzza dei Siracusani, la patrona che la città si appresta a festeggiare il 13 dicembre, suo dies natalis (ovvero il giorno del martirio, il momento della nascita al Cielo e a nuova vita in Cristo).

Sarà nostra cura avvertire i lettori della messa in onda del programma su Rai1, girato in pochi giorni di miracolosa luce nei luoghi della vita e del martirio di Lucia: tra Ortigia, San Giovanni alle Catacombe, Santa Lucia al Sepolcro, Santa Lucia alla Badia, nella miracolosa luce decembrina che fa da scolta alla luce del Natale – millenari i simbolismi legati alla figura della Santa siracusana, che fonde cristianesimo e persistenze pagane, oggetto e protagonista di opere letterarie e artistiche – si snoderà il racconto di Livio Leonardi, tra narrazione e rievocazione; significativo anche il fatto che la realizzazione del programma coincida con l’elevazione della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro – il tempietto di Giovanni Vermexio inscritto e insieme circoscritto alle Catacombe, che custodisce al suo interno la statua di Gregorio Tedeschi, sarà anch’esso scenario del programma – a Santuario diocesano nel 400esimo anniversario della custodia del Sepolcro da parte dei frati minori di Sicilia.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3471:magnifico-presepe-a-sortino-dell-artista-roberto-sequenzia&catid=17&Itemid=143

Magnifico presepe a Sortino dell’artista Roberto Sequenzia

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:15
Con case rurali, locande, pozzi, fondachi e putìe del territorio. Abbiamo visitato per voi la Galleria “Il Tempio dell’arte” di via Giambattista Vico

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Viaggiare per la provincia di Siracusa offre sorprese interessanti e permette di valorizzare realtà spesso misconosciute. Esempio ne è Sortino, ai più nota per la sagra del miele, per il pizzolo o per lo “spirito dei fasciddari”, tutte eccellenze enogastronomiche da gustare e che sono fortemente radicate nel territorio, impregnate come sono della nostra millenaria tradizione agropastorale.

Ma Sortino offre al visitatore anche la bellezza delle sue chiese e conventi – in primis quello dei Cappuccini, con una preziosa biblioteca che conserva tesori librari inestimabili -, di palazzi e cortili tutti da scoprire.

Sortino è anche terra di ingegni e di artisti: non possiamo non nominare Salvo Zappulla, animatore culturale, scrittore e ideatore del Premio Pentèlite (notevoli anche i contributi di studiosi, poeti e artisti che confluiscono nell’omonima associazione culturale e nella rivista che periodicamente vede la luce ad opera di Zappulla e dei collaboratori, dediti anche all’opera di divulgazione culturale) o Gioacchino Bruno, impegnato da anni nella riscoperta di Sortino diruta, l’antica Sortino distrutta dal terremoto del 1693, amorosamente indagata, misurata, disegnata, riportata alla luce in un museo (l’Antiquarium del Medioevo sortinese) che meriterebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni locali e nazionali.

“La Civetta di Minerva” ha visitato per voi la Galleria “Il Tempio dell’arte” di via Giambattista Vico, ovvero lo studio di Roberto Sequenzia, artista locale dagli interessi poliedrici – dipinge infatti con tecniche varie sia i soggetti che incontrano maggiormente il gusto dei committenti e dei visitatori che quelli scaturiti dalla ricerca e da uno studio personali e più intimi.

Vincitore di diversi premi, Sequenzia ha partecipato a mostre collettive in tutta Italia e il suo lavoro ha meritato l’attenzione e il plauso sia del pubblico che di diversi critici d’arte. Cultore del bello, collezionista a sua volta, fondatore tra l’altro del gruppo folkloristico “La zagara”, ha realizzato un magnifico presepe ambientato nella realtà della nostra Sicilia tradizionale e che sarebbe degno sia di una collocazione prestigiosa che di un flusso più consistente di visitatori: l’evento dell’Incarnazione del Cristo è collocato in ambienti e cornice che non possiamo non considerare familiari (case rurali, locande, pozzi, fondachi e putìe, il tutto immerso nel paesaggio siciliano e sortinese in particolare, con le piante, gli animali e gli strumenti del lavoro dei nostri avi).

Per chi volesse conoscere meglio Roberto Sequenzia e la sua arte, invitiamo i nostri lettori sia a visitare il suo studio che a compiere un viaggio virtuale nel sito www.robertosequenzia.it e sulla pagina Facebookhttps://www.facebook.com/groups/283962341712258/ (presepi e diorami del mondo).

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3453:il-complimento-della-maraini-ha-battezzato-la-mia-scrittura&catid=17&Itemid=143

“Il complimento della Maraini ha battezzato la mia scrittura”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 12 Dicembre 2018 15:22

Catena Fiorello, autrice di “Picciridda” e Premio Elsa Morante 2018: “Dacia mi ha detto: da Verga alla Morante la tua prosa mi ha ricordato molto il verismo”. “Una figura fondamentale è stata per me la professoressa Rosa Peluso”

Martedì 27 novembre alle ore 17.30, presso l’Urban Center di via Nino Bixio a Siracusa, si terrà una conversazione – promossa dall’Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Siracusa, dalla Demea Promozione eventi culturali e naturalmente dalla Biblioteca comunale di Siracusa – con Catena Fiorello, autrice di “Picciridda” e Premio Elsa Morante 2018. Ad introdurre l’incontro, che ci auguriamo sia foriero di sempre più frequenti iniziative culturali in questo spazio recuperato – pensiamo al recente Festival dell’Educazione –, i saluti dell’assessore alla Cultura e al Turismo Fabio Granata.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi Catena Fiorello, autrice e conduttrice televisiva e soprattutto scrittrice (ricordiamo “Casca il mondo, casca la terra” per i tipi di Rizzoli e “L’amore a due passi” pubblicato da Giunti), che ringraziamo per la gentilezza e la disponibilità.

L’evento all’Urban Center di Siracusa sarà una bella occasione per parlare non solo dei suoi ultimi libri, ma anche – se vuole – per anticiparci qualcosa del suo prossimo lavoro. Il suo è un percorso in cui riusciamo a intravedere un grande amore per la propria terra, l’attenzione e la sensibilità verso le figure femminili e l’infanzia in particolare e la propensione a narrare storie di rinascita. Si ritrova in queste parole? Cosa può dirci del suo libro in preparazione?

Riguardo al mio ultimo romanzo, ho deciso di dire ancora poco perché uscirà a febbraio e arriverà il momento giusto per parlarne, ma sicuramente posso anticipare che anche questa volta parlo della storia di una donna. Io sono molto affascinata dal mondo femminile. Da sempre la mia storia, i miei romanzi raccontano appunto di una “Catena” che è proprio attratta dalla forza femminile, dalle figure di donne che, anche quando sono apparentemente deboli, poi rivelano invece una forza interiore incredibile e questo aspetto credo che appartenga al 99,9 per cento delle donne. Siamo forti.

Il suo legame con Siracusa… ci racconta cosa la lega alla nostra città?

Il mio legame con Siracusa – è chiaro – nasce dal fatto che io ho abitato per tutta l’infanzia e la mia giovinezza fino a ventitré anni alle porte di Siracusa, ad Augusta. Per noi Siracusa era la grande città oltre a Catania, dove andare a fare le compere, a cercare le cose che non trovavamo nel nostro paese. Il mio legame con la città nasce anche da un altro elemento, quello della scuola. La mia insegnante di Greco, Rosa Peluso, che è di Siracusa, per me è stata un punto fondamentale nella vita e quindi una figura veramente importantissima perché ha lasciato dei segni ben precisi nella mia formazione: io associo sempre Siracusa alla professoressa Peluso, quindi quando vengo qui cerco sempre di incontrarla. E poi la bellezza, la storia di Siracusa… come fare a non innamorarsi di quella città?

La sua è una famiglia particolarmente talentuosa… evidentemente i suoi genitori hanno lasciato un’impronta fortissima sui figli che, pur in campi diversi, hanno mostrato tenacia e indubbie capacità. Come riflesso di tutto questo nella sua scrittura mi piace citare “Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Ricordi, sogni e ricette di una famiglia come tante. La mia” e “Un padre è un padre”, pubblicati entrambi da Rizzoli. Qual è il lascito della sua famiglia, l’impronta che di loro si è scavata in lei? Oggi i ragazzi hanno bisogno più che mai di modelli e radici, che in questa società liquida – direbbe Bauman – tendono a smarrirsi. Cosa si sentirebbe di dire a un giovane di talento per incoraggiarlo a intraprendere la strada della scrittura?

Mi fa molto piacere che lei citi Bauman, i concetti che questo sociologo ha lasciato. Tutto ciò che lui ha affermato riguardo alla nostra società senza punti di riferimento, appunto appellandola come “società liquida” ma anche riguardo al pensiero, al mercato del lavoro, alla politica, ci dice che la nostra è una società che mira a gratificare l’individuo solo attraverso il consumo, quindi cosa rimane di questo? Qualche decennio fa ogni individuo si sentiva rassicurato dal gruppo, dai vicini di casa, dalla famiglia, dallo Stato, dalla società che lo circondava.

Noi fratelli – ma credo tantissimi della nostra generazione – dobbiamo davvero ringraziare i nostri genitori perché ci hanno permesso, pur avendo pochissimo, di essere felici e di trascorrere un’infanzia e una giovinezza serena, perché sono stati in grado di darci gli strumenti per fare la differenza, per capire che in fondo (sembrano banalità, discorsi triti e ritriti, ma sono comunque la base di ogni individuo) tutto sta nel cercare la propria strada.

Assolutamente io non ho nulla da consigliare a un giovane che vuole intraprendere la mia strada: non mi sento nella condizione di poter dare dei consigli perché ogni strada è troppo personale; ogni individuo fa un percorso ben preciso e la ricetta per tutti non c’è: ogni strada è lastricata di fatica e di sudore e ognuno di noi con tutte le sue forze deve capire che cosa gli assomiglia di più. Io non mi sento talmente modello da poter dire agli altri cosa fare. E poi, cara Maria Lucia, aggiungo che io mi sono tenuta sempre tenuta alla larga da quelli che dispensano consigli, che sanno sempre tutto: mi inquietano moltissimo quelli che hanno tante certezze. Io vivo perennemente nel dubbio e qualche volta invece nella convinzione di aver fatto male; guardo come grandi misteri a queste persone che hanno sempre un consiglio da dispensare.

“Abitavo in un paese affacciato sul mare, e mi sentivo la figlia della gallina nera. E non una qualunque, ma la nera più nera che si potesse immaginare. Le bambine fortunate, invece, quelle a cui era capitato un destino diverso, erano figlie delle galline bianche. Ma questa è un’altra storia”. Con “Picciridda” lei ha vinto il Premio Elsa Morante 2018 (sezione ragazzi) narrando una storia ambientata negli anni Sessanta ma che apparenta l’emigrazione italiana in Germania alla migrazione interna di quegli stessi anni e alla nostra attualità magmatica e contraddittoria. Una grandissima soddisfazione, credo, quella di vedersi associate alla Morante, “cantrice” dell’infanzia e delle sue ferite…

Quando Dacia Maraini mi ha incontrato dietro le quinte mi ha detto: “Catena, il libro è stupendo e davvero questo premio calza a pennello perché per certi versi da Verga alla Morante la tua scrittura mi ha ricordato molto un verismo, la capacità di tradurre in realtà cruda con le parole ciò che circonda le persone e in particolare una bambina di undici anni”. Per me è stato davvero il vero battesimo della mia scrittura.

 

L'immagine può contenere: 10 persone, persone che sorridono, folla e spazio al chiuso

Come potete vedere, eccomi con la mia copia de LA CIVETTA DI MINERVA da donare a Catena Fiorello!
http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3428:aurora-miriam-scala-la-mia-e-una-testimonianza-dall-aldila&catid=17&Itemid=143

Aurora Miriam Scala: “La mia è una testimonianza dall’aldilà”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 04 Dicembre 2018 13:26

“La storia – dice l’attrice – rievoca il rapporto di una donna con l’uomo che l’ha poi uccisa. Lo spettacolo è la favola di una bambina diventata prostituta, salvata tra i miasmi e l’immondizia dalle cicogne”

La Civetta di Minerva, 24 novembre 2018

Presso la Chiesa evangelica battista di Siracusa in via Agatocle, per la regia di Giannella Loredana d’Izzia, è stato rappresentato lo spettacolo “Voce di Donna” – Dalla parte delle Cicogne – La Donna senza Nome(due monologhi di Lina Maria Ugolini e Clelia Lombardo). In scena (video e luci sono stati curati da Alessandro Sipione) Anna Passanisi e Aurora Miriam Scala, con la partecipazione di Giorgia Matarazzo e Cristiana Fontana.

Significativa coincidenza quella della messa in scena dei testi con la scomparsa di Bice Mortillaro Salatiello, anima storica del movimento femminista palermitano, anima della folle avventura di quelle che oggi sono ricordate come “Le donne del digiuno” (aveva militato lungamente nell’Udi, l’unione delle donne in Italia), accampate di fronte al teatro Politeama per più di un mese all’indomani delle stragi di mafia del ‘92.

Donne dunque: attrici, registe, danzatrici, scrittrici, donne che narrano di donne e danno voce alle donne che non hanno più la parola o è loro impedita.

“La Civetta di Minerva” (che si era occupata qualche anno fa dell’Andromaca di Clelia Lombardo, interpretata da una superba Carmelinda Gentile) ne ha parlato con l’attrice Aurora Miriam Scala, che il pubblico ha avuto recentemente modo di apprezzare ne “Le Rane” al Teatro greco di Siracusa, spettacolo replicato nell’ultima stagione INDA e trasmesso anche su Rai5:

“La mia è una testimonianza dall’aldilà: una donna rievoca il rapporto con l’uomo che l’ha poi uccisa. È un monologo molto lineare con dei movimenti di scena geometrici, asciutto nella forma e intenso nell’interpretazione, una presa di coscienza spesso anche aggressiva di quanto accaduto; il testo interpretato da Anna Passanisi, poetico e sognante, commovente in molti punti, è la favola di una bambina diventata prostituta, salvata tra i miasmi e l’immondizia dalle cicogne”.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3410:ohibo-nella-spedizione-dei-mille-c-era-anche-una-donna&catid=17&Itemid=143

Ohibò, nella spedizione dei Mille c’era anche una donna

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 21 Novembre 2018 08:39

La scrittrice Maria Attanasio, che ha rivangato in un libro la figura di Rosalia Montmasson: “L’ho scoperto per caso. Credevo fossero tutti maschi”

 

La Civetta di Minerva, novembre 2018

“La Civetta di Minerva” ha incontrato per voi Maria Attanasio, autrice per i tipi di Sellerio editore del romanzo “La ragazza di Marsiglia”. Il romanzo, vincitore del Premio Maria Messina, del Premio I Quattro Elementi, del Premio Manzoni per il romanzo storico, del Premio Internazionale Città di Como e del Premio Basilicata 2018, è imperniato sull’unica donna che prese parte alla spedizione dei Mille, Rosalia Montmasson.

Non è nuovo l’interesse della Attanasio per le microstorie, per le storie di personaggi rimasti nascosti nelle pieghe della Storia più grande che è come un grande arazzo di cui si notano però spesso solo i grandi nomi, quando invece uomini e più di sovente donne come la Montmasson restano in ombra: in “Correva l’anno 1698 e nella città avvenne il fatto memorabile” (1994), nelle “Piccole cronache di un secolo” (1997, con Domenico Amoroso), in “Di Concetta e le sue donne” (1999) e ne “Il falsario di Caltagirone” (2007), (per non parlare dell’attualissima distopia de “Il condominio di Via della Notte” (2013) – emergono volti e vicende di un passato più o meno remoto, di una Sicilia terra di contrasto fra truvature poetiche e ferocie.

La scrittura della Attanasio, mai compiaciuta ma sorvegliatissima, lucida nell’analisi di fatti e documenti, attenta alla ricostruzione degli avvenimenti nel rispetto assoluto del dato storico interpretato alla luce del presente e delle sue contraddizioni, ne “La ragazza di Marsiglia” dipana la vicenda di una donna che viene ricordata tutt’al più come di Francesco Crispi, figura cruciale del nostro Risorgimento e che in particolare giocò un ruolo importante per l’elevazione di Siracusa a capovalle nel 1865: in via XX settembre, il 21 ottobre del 1927, in piena età fascista quindi, venne posta una lapide che ricorda il “cospiratore profugo /incitatore apostolo” (per l’immagine rimandiamo al sito http://www.antoniorandazzo.it).

Il Risorgimento delle donne (pensiamo ad esempio al lavoro di Elena Doni) ci offre una visione in controluce della formazione dell’Italia, spesso in controtendenza rispetto alla memoria che ci restituiscono epigrafi, targhe, vie, piazze con date luoghi eventi e nomi che dimenticano l’apporto femminile alla storia contemporanea e non del nostro paese. Ma passiamo la parola a Maria Attanasio, che ha ridato voce a Rosalia Montmasson.

Come mai hai deciso di occuparti di questa figura?

L’ho incontrata per caso, in un pomeriggio di noia e depressi pensieri dell’autunno del 2010. Navigando in internet, mi ritrovai in un sito che riportava la notizia – vecchia di qualche anno – di una targa collocata sulla facciata di un palazzo fiorentino, dedicata a Rosalia Montmasson; l’unica donna presente tra i 1089 volontari della spedizione dei Mille, che in quel palazzo, al tempo di Firenze capitale, insieme al marito Francesco Crispi, era vissuta.

Sorpresa, stupore, incredulità. Ho studiato storia all’Università, l’ho insegnata al liceo, ma non avevo mai saputo di una donna tra i Mille partiti da Quarto: nessuna notizia né nei grossi tomi universitari, né nei libri di testo scelti per i miei alunni, né nell’aneddotica storica dei sussidiari delle elementari. Per me i Mille erano declinati solo al maschile. E non solo per me: nessuno a cui chiesi di Rosalie Montmasson ne sospettava l’esistenza. Un assurdo, inspiegabile, silenzio, su un fatto così singolare, che riguardava uno degli eventi fondativi dell’Unità d’Italia.

Da qui la mia ricerca – matta e disperatissima – tra archivi, biblioteche, internet, per infrangere quel silenzio, e restituire identità storica a questa donna coerente e libertaria; che, a differenza del marito – da repubblicano, per opportunismo politico, diventato monarchico – rimase fedele alle idee di Mazzini fino alla morte.

Un’identità, storica ed esistenziale, che però il potentissimo Crispi cercò totalmente di cancellare dopo l’annullamento del loro matrimonio – 25 anni di vita coniugale – ottenuto con la complicità di giudici e politici. Dopo il quale, di lei si perde ogni memoria.

Premio Manzoni è intitolato allo scrittore che seppe mescolare storia e invenzione donandoci, diciamo così, la ricetta del romanzo storico. Come “dosi” i due elementi nella tua scrittura? Quale futuro vedi oggi per questo genere letterario?

Più che mai necessario, oggi, il romanzo storico: per non dimenticare il nero, il buio, l’orrore che nel passato spesso è scritto… genocidi… campi di sterminio… xenofobia… E resistere alle serpeggianti tentazioni autoritarie di una storia contemporanea che alza muri contro esiliati e migranti, alimentando artatamente la paura dell’altro. Un bisogno espressivo, che, a mio parere, oggi molti scrittori fortemente sentono; non è un caso che quest’anno siano stati pubblicati tanti romanzi storici: quelli di Lia Levi, di Helena Janeczek, di Rosella Postorino, di Marco Balzano, e di tanti altri…

Ma chi, in Italia, scrive romanzi storici non può prescindere da Manzoni; a partire dalla rilettura della “Storia della colonna infame”: dal rapporto in essa tra documento e narrazione che Leonardo Sciascia con forza sottolineò, riportando all’attenzione di scrittori e lettori questo straordinario testo manzoniano; ma, per quanto mi riguarda, non si può prescindere nemmeno da Stendhal, Marguerite Yourcenar, e dalla variegata lezione del romanzo storico siciliano: da De Roberto, Sciascia, Consolo. Non c’è però una ricetta, un dosaggio espressivo unico tra storia e invenzione. Non solo tra i diversi scrittori, ma talvolta anche tra i diversi romanzi dello stesso scrittore: mi è accaduto, continua ad accadermi. Ne “La ragazza di Marsiglia” la presenza e la fedeltà al documento è fondamento ineludibile, struttura portante della finzione letteraria; assolutamente necessaria per restituire visibilità storica e voce a questa donna, nel cui vissuto storia ed esistenza, amore e utopia erano inscindibili.

La parola che narra convive in te con la parola poetica – ricordiamo ai nostri lettori le raccolte “Interni”, 1979; “Nero barocco nero”, 1985; “Eros e mente”, 1996; “Amnesia del movimento delle nuvole”, 2003. In che modo? Cosa hai in cantiere in questo momento?

Non convive, si alterna. Sono infatti una dissociata biscrittora: a volte poesia, a volte narrazione. Ma fondamentale, in tutta la mia produzione, è la lunga pratica di lettura e scrittura poetica, che mi porta a un’intransigente disciplina, a un forte controllo della parola. E a leggere la realtà dei fatti di una determinata epoca, di un determinato luogo, con una dimensione rappresentativa che – simultaneamente, liberamente – coniuga emozione e concetto, esistenza e mondo.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3389:il-coro-polifonico-giuseppe-de-cicco-si-esibisce-a-bologna&catid=17&Itemid=143

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” si esibisce a Bologna

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 06 Novembre 2018 11:18

Per il 150° dalla morte di Rossini e nel Festiva corale. Nella nuova stagione la compagine impegnata nell’attività concertistica e nell’animazione liturgica

La Civetta di Minerva, novembre 2018

È ricominciata a pieno ritmo la nuova stagione concertistica del coro polifonico europeo “Giuseppe De Cicco”, realtà musicale ormai consolidata della provincia di Siracusa diretta dal maestro Maria Carmela De Cicco.

In occasione del centocinquantesimo anniversario della morte di Gioachino Rossini, il coro eseguirà, presso il Tempio di San Giacomo di Piazza Rossini a Bologna, musiche di Monteverdi, F. Mendelssohn, M. Duruflé, E. Elgar, Lotti, De Victoria, Telemann, Schütz, Rheinberger, Bruckner, Reger, compositori di musica corale dal Barocco al Romanticismo, omaggiando Rossini con le pagine più belle dello “Stabat Mater” e della “Petite Messe Solennelle”, insieme al Coro Euridice di Bologna, diretto da Maurizio Guernieri e Pier Paolo Scattolin.

Oltre che per il concerto, il coro sarà impegnato nell’animazione della liturgia. Il Festival corale internazionale Città di Bologna, giunto all’undicesima edizione, nell’ambito deIla quale sono inserite le esibizioni del coro De Cicco, si deve anche alla collaborazione con il San Giacomo Festival.

Il coro polifonico De Cicco si conferma dunque come compagine impegnata sia nell’attività concertistica – il 9 febbraio 2019 la corale si esibirà al Teatro Don Bosco di Ragusa in un concerto inserito nel cartellone dell’associazione “Melodica” – che nell’animazione liturgica, oltre che nella formazione dei coristi e dei direttori di coro con maestri di chiara fama come Pierpaolo Scattolin, Angela Troilo e Giovanni Acciai: tra le iniziative recenti che hanno visto coinvolto il coro ricordiamo “1000 voci per ricominciare” per la raccolta fondi in favore del Teatro di Amatrice, il ventennale del coro festeggiato con l’esecuzione della “Petite Messe Solennelle” di Gioachino Rossini a Carlentini (SR), Ragusa e la Chiesa di Santa Lucia alla Badia di Siracusa, raduni corali come “O Nata Lux”, la celebrazione del Giorno della Memoria, il gemellaggio con il coro di Agira, il festival “Musica sotto le stelle”, il bicentenario di Baha’u’llah, il gemellaggio con la città di Würtzburg e il sesto festival nazionale di musica sacra mariana di Bagheria (PA).

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3367:fino-al-6-novembre-a-palermo-la-mostra-sulla-poetessa-mariannina-coffa&catid=17&Itemid=143

 

A Palermo la mostra sulla poetessa di Noto Mariannina Coffa

MARIA LUCIA RICCIOLI
Domenica, 04 Novembre 2018 08:02

L’evento nel 140° anniversario della sua morte. Sempre più artisti e letterati ne scrivono in saggi e ricerche

 

La Civetta di Minerva, novembre 2018

Il 6 gennaio 1878 moriva, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni, la poetessa e patriota netina Mariannina Coffa. Sono quindi trascorsi esattamente centoquarant’anni dalla scomparsa di una donna ed artista la cui fama volò oltre il Val di Noto che l’aveva vista fiorire e nel corso di questo lasso di tempo non sono mancati gli studiosi e gli estimatori della biografia e dell’opera della poetessa, soprannominata “Saffo netina” e “Capinera di Noto” per l’apparentarsi del suo destino a quello della poetessa di Mitilene e dell’eroina di Verga: tra i più recenti cultori di Mariannina Coffa non possiamo non citare Marinella Fiume e Biagio Iacono (“Sibilla arcana”, “Sguardi plurali”, “Voglio il mio cielo” i lavori principali, frutto di infaticabili studi sulle carte d’archivio e del lavorìo critico di appassionati indagatori delle carte coffiane), oltre ad Angelo Fortuna (ricordiamo il suo volume su “Anonimo 1905”) e a Stefano Vaccaro (ricordiamo il suo recente “Silfide, maga e sirena – L’ideale femminile nella letteratura italiana dell’Ottocento”), giovani appassionati di letteratura che versificano nel nome della Coffa come Giuseppe Puzzo, docenti universitari del calibro di Nicolò Mineo, Carlo Muratori (che ha musicato un sonetto della Coffa inserendo il brano nel CD “Sale” e portandolo in tournée in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia) e potremmo continuare.

A celebrare questo anniversario è stata però non la città di Noto o Ragusa (dove la poetessa netina visse dal 1860 al 1876), ma Palermo, capitale della cultura 2018, con il progetto “Mariannina Coffa 2.0 – Concorso internazionale di poesia, letteratura ed arti visive – Resurrectio, ideato e realizzato dall’Associazione culturale “Suggestioni mediterranee” (presieduta da M. Stella Pucci di Benisichi) in collaborazione con l’Associazione Culturale “PROGETTO Zyz – La Palermo Splendente”, con lo scopo di onorare la memoria della poetessa “maledetta”. Gianluca Pipitò è il responsabile del premio, articolato in area poetico-letteraria, arti visive e ricerca storica, che prevede anche la pubblicazione di un’antologia digitale.

Fino al 6 novembre sarà inoltre visitabile la mostra dedicata alla poetessa presso il Real Albergo dei Poveri: inaugurata il 6 ottobre 2018 (orari: dalle ore 10 alle 17, da martedì a domenica), vede coinvolti il Comando regionale della Guardia di Finanza, l’Associazione culturale storia e militaria di Palermo, l’Ente di formazione professionale CIRPE e i vincitori della sezione pittura e fotografia del concorso “Mariannina Coffa Caruso 2.0 resurrection”, che ha visto premiati presso la Sala Pitrè della Società siciliana di Storia patria anche i poeti e gli scrittori finalisti del concorso letterario.

Oltre ad iniziative come queste e ai convegni e conferenze dedicati alla poetessa, sarebbe auspicabile un’edizione critica delle opere di Mariannina Coffa, realizzata con la stessa acribia con cui si è lavorato all’epistolario Coffa-Mauceri (ricordiamo che Ascenzio Mauceri, drammaturgo e musicista, primo preside del Liceo classico di Noto, fu il primo sfortunato e romanticamente indagato amore della poetessa) e alle lettere della Nostra al precettore e ad altri corrispondenti come parenti ed amici. Altri campi d’indagine sulla Coffa sono naturalmente ancora aperti: il suo rapporto con la Massoneria e con la medicina omeopatica, le sue collaborazioni anche sotto pseudonimo con vari periodici, ma anche e diremmo soprattutto il mistero delle carte scomparse dopo la sua morte, che se risolto potrebbe gettare una luce nuova sull’ultima stagione poetica della poetessa e forse anche sulla rottura del fidanzamento con Mauceri, prodromo dell’infelice matrimonio di Mariannina Coffa con Giorgio Morana.

Il 2019 potrebbe essere l’occasione per ripensare alle vicende risorgimentali, che si sono intrecciate alla biografia e all’opera di una letterata che merita di essere conosciuta e apprezzata anche al di fuori dell’ambito celebrativo e locale o accademico.

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LA CIVETTA DI MINERVA del 26 gennaio 2019

26 sabato Gen 2019

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica, scuola

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In edicola il nuovo numero de LA CIVETTA DI MINERVA!

Ecco la locandina…

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Oggi il giornale si trova in grave crisi economica e l’autosostentamento tra soci e giornalisti non basta più. Ritorniamo in edicola, dopo la pausa estiva, ma non sappiamo garantire per quanto tempo ancora. Chiediamo, pertanto, a quanti apprezzano il nostro modo di fare informazione di aiutarci. L’appello è rivolto sia alle Associazioni ai Movimenti di impegno sociale e civile (ai quali ci offriamo come loro voce e sicuro alleato) sia alle singole individualità che apprezzano il nostro lavoro e ci trovano in edicola. A tutti chiediamo di sottoscrivere un abbonamento annuale (Sostenitore, di almeno 50 euro oppure Ordinario di 25 euro). In cambio promettiamo il nostro rinnovato impegno di cronisti scrupolosi e intellettualmente onesti e l’attenzione verso le loro istanze insieme al piccolo privilegio di poter ricevere il giornale per posta, direttamente a casa, invece di ritirarlo in edicola. Ci rivolgiamo inoltre agli operatori economici, a chi gestisce un’attività commerciale: siamo disponibili ad offrire spazi pubblicitari e redazionali a prezzi veramente contenuti.

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Biblioteca comunale bella, bella e impossibile

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Gennaio 2019 07:34

C’è troppo freddo, niente wi-fi, ascensore guasto, orari di apertura inadeguati per studenti. L’Urban Center (ex sala Randone) di via Nino Bixio potrebbe esserne il prolungamento

 

La Civetta di Minerva, 12 gennaio 2019

“Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”. Così scriveva Marguerite Yourcenar in “Memorie di Adriano”.

L’inverno però, oltre ad essere una stagione dello spirito, lo è innanzitutto in senso meteorologico e la nostra Biblioteca comunale di via dei Santi Coronati – che, ricordiamo ai nostri lettori, venne costituita nel 1867 con il materiale librario delle congregazioni religiose soppresse, arricchito poi con le raccolte dell’ex Gabinetto di storia letteraria e del Consiglio agrario, oltre che con donazioni (Fondo Gubernale e Carpinteri-Rio), lasciti e acquisti; custodisce una notevole raccolta di manoscritti sul Risorgimento come le lettere del Pancali, di Emanuele Giaracà e di Luigi Greco Cassia, i Privilegi e diplomi di Siracusa e “Le consuetudini di Siracusa” di G. Perno (1429), incunaboli, cinquecentine e volumi in pergamena del 1600 e del 1700 – patisce anche il freddo della stagione: personale ed utenti non possono contare sul riscaldamento.

Altri non meno gravi motivi di disagio sono l’ascensore guasto da mesi – pensiamo alle difficoltà per i visitatori anziani o diversamente abili, che dovrebbero essere portati su a braccia – e la mancanza del collegamento wi-fi, che risulta oggi necessario sia per le ricerche in rete che per attirare la fascia dei lettori più giovani (suggeriamo anche che sarebbe auspicabile modificare l’orario di apertura della biblioteca per permetterne la fruizione agli studenti, cui non possono bastare le poche ore delle due aperture pomeridiane settimanali).

Speriamo nella sensibilità della nostra amministrazione per favorire le attività della biblioteca, che comunque offre oltre al servizio del prestito librario quello del prestito digitale (Mlol), di cui ci siamo occupati in un precedente articolo (http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2993:nelle-biblioteche-siracusane-avviato-il-prestito-digitale&catid=17:cultura&Itemid=143), letture animate, presentazioni letterarie e laboratori di varie tipologie tenuti da volontari che credono nel valore della conoscenza e del fare insieme.

L’Urban center (ex sala Randone) di via Nino Bixio (che ha recentemente ospitato, tra l’altro, l’incontro con Catena Fiorello e il Festival dell’educazione, sulle orme di Pino Pennisi) potrà essere sempre di più il prolungamento della biblioteca comunale fuori dall’isola di Ortigia; pensando al nucleo originario della biblioteca; ricordiamo che a dicembre è stata inaugurata la storica sede della Biblioteca Comunale di Siracusa in via San Pietro in Ortigia dopo un accurato lavoro di ristrutturazione per ospitare il Fondo antico, recentemente restaurato: si auspica che il fondo sia presto fruibile nuovamente da parte di studiosi, visitatori e studenti.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3505:ne-la-mia-vita-in-fabbrica-il-sogno-industriale-dei-siracusani&catid=17&Itemid=143

Ne “La mia vita in fabbrica” il sogno industriale dei siracusani

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 22 Gennaio 2019 14:50

Libro di Antonio Andolfi rievoca le speranze e le successive frustrazioni di cittadini, enti locali e sindacati inseguendo un falso mito di progresso

 

La Civetta di Minerva, 12 gennaio 2019

Per le edizioni Carthago è recentemente uscito “La mia vita in fabbrica” del nostro Antonio Andolfi. Ancora più evocativo risulta il sottotitolo: “Eravamo solo numeri”, a significare l’alimentazione e il senso di deprivazione fisica e mentale di chi ha speso decenni della propria esistenza lavorando nel nostro polo petrolchimico per la Montedison.

Il libro, di genere difficilmente classificabile (a metà tra esposizione di quanto vissuto e studiato, narrazione e tentativo di trarre conclusioni dalla testimonianza di vita propria e altrui analizzando il territorio, le sue potenzialità, la sua reale vocazione tradita in nome di falsi miti di progresso che hanno condotto invece allo sfruttamento di ambiente e persone) si pone in sostanza come un memoriale, un film in soggettiva che a tratti spazia per interrogare il passato – le inchieste postunitarie sul Mezzogiorno – o per domandarsi se, dato l’inquinamento, dati i morti gli ammalati i nati malformati, dati il sottosviluppo e la disoccupazione, “ne è valsa la pena di soffrire così intensamente per un pezzo di pane”.

Il libro di Antonio Andolfi ripercorre la storia di un dipendente con le sue fatiche e disillusioni – umiliazioni e mobbing, rischi e annientamento psicofisico -, inquadrata nella storia più grande del nostro sogno industriale, il miracolo economico che baciò la nostra provincia come quello della lacrimazione della Madonna, cui l’autore l’apparenta nell’azzardo di creare un affresco dell’attuale crisi valoriale oltre che occupazionale.

Avremmo forse voluto una maggiore drammatizzazione dei fatti – lo scoppio del 12 novembre 1979, i blocchi stradali, la cassa integrazione e le dismissioni che squarciarono  il velo delle promesse di un benessere fallace già da soli costituirebbero un’epoca industriale e postindustriale che ci richiamano alla memoria Volponi o, azzardiamo, la Salemi e la Avallone – ma l’opera di Andolfi, che stilisticamente decide di porsi in un registro linguistico medio e a tratti colloquiale per conservare il carattere testimoniale dello scritto – si fa comunque leggere per il suo punto di vista interno sulla questione industriale e quindi per il suo valore documentale. Attendiamo altre prove saggistiche e narrative per completare il quadro di una storia troppo recente e ancora contemporanea, dato che il destino del nostro polo industriale è “una storia ancora tutta da scrivere da verificare negli anni a venire”.

L’autore si chiede se “potrà sorgere un nuovo tipo d’industria consapevole del rispetto ambientale e umano”.

Ce lo auguriamo anche noi.

 

 

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3476:i-pochi-ebrei-a-siracusa-festeggiano-la-chanukka-festa-delle-luci&catid=17&Itemid=143

I (pochi) ebrei a Siracusa festeggiano la Chanukkà, festa delle luci

MARIA LUCIA RICCIOLI
Venerdì, 21 Dicembre 2018 11:08

Dal 17 al 21 dicembre, nel Palazzo del Governo di via Roma, incontro col mondo poetico di “Johannes”

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Giovanni Ferdinando Giudice, conosciuto come Johannes, è uno dei personaggi più singolari di Ortigia, della quale è definito il poeta: versifica in lingua italiana e in dialetto siciliano, che ama trasmettere alle nuove generazioni, dipinge e organizza eventi culturali come recital di poesia o la Giornata europea della cultura ebraica – per inciso, ma rimandiamo ai precedenti articoli de “La Civetta di Minerva”, l’ultimo dei quali a firma di Marina De Michele; parlando in un caffè di Ortigia con Johannes abbiamo ricostruito le ultime, spiacevoli vicende sulla comunità ebraica siracusana. Sarebbe comunque auspicabile, da parte dell’amministrazione e soprattutto della curia siracusana, una maggiore comprensione nei confronti della piccola ma resiliente comunità ebraica locale, che a tutt’ora non dispone di un locale atto al culto. Rimandiamo agli studi recenti, ad esempio quello di Angela Scandaliato e Nuccio Mulè, sugli aspetti storico-culturali del “mistero della chiesa che non fu mai sinagoga e della sinagoga trasformata in chiesa”, ovvero San Filippo e San Giovannello alla Giudecca, quest’ultima vero punctum dolens qualora non si accettino la “severa sottomissione al senso storico e unico delle carte polverose e dei documenti consunti degli archivi” e il riscontro dei rinvenimenti materiali.

Da lunedì 17 a venerdì 21 dicembre, dalle 9.00 alle 20.00, presso il Palazzo del Governo di via Roma, sarà possibile conoscere il mondo poetico e non solo di Johannes: è previsto infatti per quei giorni l’evento “Non solo poesie”.

Mentre i cristiani si apprestano a celebrare Santa Lucia, simbolo della Luce di Cristo che viene ad illuminare il mondo il 25 dicembre (data legata alla celebrazione del Sol invictus, il sole che sembra sconfitto ma trionfa sulle tenebre, collegato quindi al solstizio d’inverno: la rete dei rimandi e delle allegorie è fittissima e annoda culti antichissimi, precristiani, alla liturgia della Chiesa), per l’ebraismo questo è il periodo di feste come Chanukkà (in ebraico חנוכה o חֲנֻכָּה, ḥănukkāh), conosciuta anche con il nome di Festa delle luci o Festa dei lumi, mentre martedì 18 dicembre 2018 ricorre il digiuno del 10 Tevet per l’anno 5779, giorno di Kaddish generale per tutte le vittime della Shoah la cui data di morte e luogo di sepoltura sono sconosciute.

L’evento di via Roma potrà essere l’occasione non solo per fruire dell’arte di un poeta e pittore ortigiano, ma anche per approfondire il variegato sostrato culturale e religioso della nostra Siracusa.

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La trama de “Il vendicatore oscuro” si tinge di giallo per la presenza di un misterioso assassino che segue le orme del pittore

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“1608. Siracusa, a nord del Porto Laccio. Il mare era calmo, solo qualche lieve increspatura”.

Questo l’incipit de “Il vendicatore oscuro”, uscito per Electa Storie per la penna di Annalisa Stancanelli, dirigente scolastica e autrice di articoli, saggi e romanzi incentrati soprattutto su personaggi aretusei, in primis Archimede, Elio Vittorini e in questo caso Caravaggio, che durante la sua fuga – per sfuggire ai Cavalieri di Malta, al papa, ai fantasmi di una vita violenta, a se stesso – e la sua breve troppo breve sosta a Siracusa dipinse “Il seppellimento di Santa Lucia”, tela che dopo varie vicissitudini adesso è collocata presso l’altare maggiore della Chiesa di Santa Lucia alla Badia – basti ricordare la permanenza al Museo Bellomo, il lungo restauro, la polemica sulla mancata ricollocazione presso la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro in Borgata, cui il quadro era originariamente destinato.

Il romanzo della Stancanelli si pone tra gli innumerevoli libri scritti su Caravaggio, la sua arte e la sua tormentata biografia – ricordiamo almeno “La fuga, la sosta” di Pino Di Silvestro (Rizzoli, La Scala), dal linguaggio prezioso, diremmo consoliano, e dall’impianto sciasciano nel rapporto con le fonti.

Ne “Il vendicatore oscuro”, dal montaggio rapido, dalle pennellate veloci – la scrittura della Stancanelli risente della lezione del giornalismo e predilige sobrie descrizioni e dialoghi brevi, serrati – l’ultimo Caravaggio emerge come figura vivida e oscura insieme; la trama del romanzo si tinge di giallo per la presenza di un misterioso assassino che, tra reminiscenze dantesche e madrigali del Mirabella, risse con Cardarelli e amori teneri e sensuali, sembra seguire le orme del pittore. Continui flashback ricordano al lettore il passato di Michelangelo Merisi, diviso tra pittura, colleghi amici rivali amori e la frequentazione di uomini tanto potenti quanto pericolosi.

Il contesto storico-geografico e culturale fa da sottofondo alla vicenda di Caravaggio, alle sue paure, ai suoi deliri, al genio che lo spinge a lavorare ossessivamente, a trasfigurare i propri incubi nella luce superiore dell’arte: ritroviamo così Mario Minniti, Vincenzo Mirabella e tutto il potentame siracusano dell’epoca, frati, monache, popolani, schiavi, uomini di mare, le chiese di San Giovanni e Santa Lucia extra moenia e un’intera città, dimora accogliente e ostile insieme.

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La troupe di “Paesi che vai…” (Rai 1) di nuovo a Siracusa

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:23

Per documentare con immagini la vita e il martirio di Santa Lucia.La realizzazione del programma coincide con l’elevazione a Santuario diocesano della Basilica

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“La Civetta di Minerva”, com’è ormai solita, ha seguito per voi i sopralluoghi e le riprese di una nuova, speciale puntata di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, fortunata trasmissione della rete ammiraglia della Rai.

Speciale perché non è la prima volta che il format condotto da Livio Leonardi si occupa della Sicilia e di Siracusa in particolare: la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, l’Etna – per i siciliani ‘a Muntagna, la Grande Madre di fuoco e neve che ha improntato di sé ambiente, paesaggio e cultura della nostra isola -, Noto (ricordiamo la puntata della scorsa stagione, con Eleonora Nicolaci a fare da guida d’eccezione tra i gioielli del Barocco netino), Agrigento, Modica e il suo cioccolato, Marzamemi e i prodotti di tonnara, il Castello federiciano di Siracusa e la sua splendida Cattedrale, il Caravaggio di Santa Lucia alla Badia, la Neapolis e le fortificazioni di Epipoli…

Stavolta la troupe di “Paesi che vai…” (tra le trasmissioni di Leonardi ricordiamo almeno “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”; autore dei testi è Antonio Costa e la regia è curata da Daniele Biggiero), con un drone che a volo d’uccello – si direbbe di quaglia, dall’antico nome di Ortigia – riprenderà le bellezze della città aretusea, si occuperà di una figlia speciale di Siracusa: una giovane siracusana del III secolo che ebbe la forza di testimoniare la propria fede durante la terribile (l’ultima) persecuzione di Diocleziano, affrontando coraggiosamente la morte nel 304. Santa Lucia, dunque, ‘a Santuzza dei Siracusani, la patrona che la città si appresta a festeggiare il 13 dicembre, suo dies natalis (ovvero il giorno del martirio, il momento della nascita al Cielo e a nuova vita in Cristo).

Sarà nostra cura avvertire i lettori della messa in onda del programma su Rai1, girato in pochi giorni di miracolosa luce nei luoghi della vita e del martirio di Lucia: tra Ortigia, San Giovanni alle Catacombe, Santa Lucia al Sepolcro, Santa Lucia alla Badia, nella miracolosa luce decembrina che fa da scolta alla luce del Natale – millenari i simbolismi legati alla figura della Santa siracusana, che fonde cristianesimo e persistenze pagane, oggetto e protagonista di opere letterarie e artistiche – si snoderà il racconto di Livio Leonardi, tra narrazione e rievocazione; significativo anche il fatto che la realizzazione del programma coincida con l’elevazione della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro – il tempietto di Giovanni Vermexio inscritto e insieme circoscritto alle Catacombe, che custodisce al suo interno la statua di Gregorio Tedeschi, sarà anch’esso scenario del programma – a Santuario diocesano nel 400esimo anniversario della custodia del Sepolcro da parte dei frati minori di Sicilia.

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Magnifico presepe a Sortino dell’artista Roberto Sequenzia

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:15
Con case rurali, locande, pozzi, fondachi e putìe del territorio. Abbiamo visitato per voi la Galleria “Il Tempio dell’arte” di via Giambattista Vico

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Viaggiare per la provincia di Siracusa offre sorprese interessanti e permette di valorizzare realtà spesso misconosciute. Esempio ne è Sortino, ai più nota per la sagra del miele, per il pizzolo o per lo “spirito dei fasciddari”, tutte eccellenze enogastronomiche da gustare e che sono fortemente radicate nel territorio, impregnate come sono della nostra millenaria tradizione agropastorale.

Ma Sortino offre al visitatore anche la bellezza delle sue chiese e conventi – in primis quello dei Cappuccini, con una preziosa biblioteca che conserva tesori librari inestimabili -, di palazzi e cortili tutti da scoprire.

Sortino è anche terra di ingegni e di artisti: non possiamo non nominare Salvo Zappulla, animatore culturale, scrittore e ideatore del Premio Pentèlite (notevoli anche i contributi di studiosi, poeti e artisti che confluiscono nell’omonima associazione culturale e nella rivista che periodicamente vede la luce ad opera di Zappulla e dei collaboratori, dediti anche all’opera di divulgazione culturale) o Gioacchino Bruno, impegnato da anni nella riscoperta di Sortino diruta, l’antica Sortino distrutta dal terremoto del 1693, amorosamente indagata, misurata, disegnata, riportata alla luce in un museo (l’Antiquarium del Medioevo sortinese) che meriterebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni locali e nazionali.

“La Civetta di Minerva” ha visitato per voi la Galleria “Il Tempio dell’arte” di via Giambattista Vico, ovvero lo studio di Roberto Sequenzia, artista locale dagli interessi poliedrici – dipinge infatti con tecniche varie sia i soggetti che incontrano maggiormente il gusto dei committenti e dei visitatori che quelli scaturiti dalla ricerca e da uno studio personali e più intimi.

Vincitore di diversi premi, Sequenzia ha partecipato a mostre collettive in tutta Italia e il suo lavoro ha meritato l’attenzione e il plauso sia del pubblico che di diversi critici d’arte. Cultore del bello, collezionista a sua volta, fondatore tra l’altro del gruppo folkloristico “La zagara”, ha realizzato un magnifico presepe ambientato nella realtà della nostra Sicilia tradizionale e che sarebbe degno sia di una collocazione prestigiosa che di un flusso più consistente di visitatori: l’evento dell’Incarnazione del Cristo è collocato in ambienti e cornice che non possiamo non considerare familiari (case rurali, locande, pozzi, fondachi e putìe, il tutto immerso nel paesaggio siciliano e sortinese in particolare, con le piante, gli animali e gli strumenti del lavoro dei nostri avi).

Per chi volesse conoscere meglio Roberto Sequenzia e la sua arte, invitiamo i nostri lettori sia a visitare il suo studio che a compiere un viaggio virtuale nel sito www.robertosequenzia.it e sulla pagina Facebookhttps://www.facebook.com/groups/283962341712258/ (presepi e diorami del mondo).

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3453:il-complimento-della-maraini-ha-battezzato-la-mia-scrittura&catid=17&Itemid=143

“Il complimento della Maraini ha battezzato la mia scrittura”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 12 Dicembre 2018 15:22

Catena Fiorello, autrice di “Picciridda” e Premio Elsa Morante 2018: “Dacia mi ha detto: da Verga alla Morante la tua prosa mi ha ricordato molto il verismo”. “Una figura fondamentale è stata per me la professoressa Rosa Peluso”

Martedì 27 novembre alle ore 17.30, presso l’Urban Center di via Nino Bixio a Siracusa, si terrà una conversazione – promossa dall’Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Siracusa, dalla Demea Promozione eventi culturali e naturalmente dalla Biblioteca comunale di Siracusa – con Catena Fiorello, autrice di “Picciridda” e Premio Elsa Morante 2018. Ad introdurre l’incontro, che ci auguriamo sia foriero di sempre più frequenti iniziative culturali in questo spazio recuperato – pensiamo al recente Festival dell’Educazione –, i saluti dell’assessore alla Cultura e al Turismo Fabio Granata.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi Catena Fiorello, autrice e conduttrice televisiva e soprattutto scrittrice (ricordiamo “Casca il mondo, casca la terra” per i tipi di Rizzoli e “L’amore a due passi” pubblicato da Giunti), che ringraziamo per la gentilezza e la disponibilità.

L’evento all’Urban Center di Siracusa sarà una bella occasione per parlare non solo dei suoi ultimi libri, ma anche – se vuole – per anticiparci qualcosa del suo prossimo lavoro. Il suo è un percorso in cui riusciamo a intravedere un grande amore per la propria terra, l’attenzione e la sensibilità verso le figure femminili e l’infanzia in particolare e la propensione a narrare storie di rinascita. Si ritrova in queste parole? Cosa può dirci del suo libro in preparazione?

Riguardo al mio ultimo romanzo, ho deciso di dire ancora poco perché uscirà a febbraio e arriverà il momento giusto per parlarne, ma sicuramente posso anticipare che anche questa volta parlo della storia di una donna. Io sono molto affascinata dal mondo femminile. Da sempre la mia storia, i miei romanzi raccontano appunto di una “Catena” che è proprio attratta dalla forza femminile, dalle figure di donne che, anche quando sono apparentemente deboli, poi rivelano invece una forza interiore incredibile e questo aspetto credo che appartenga al 99,9 per cento delle donne. Siamo forti.

Il suo legame con Siracusa… ci racconta cosa la lega alla nostra città?

Il mio legame con Siracusa – è chiaro – nasce dal fatto che io ho abitato per tutta l’infanzia e la mia giovinezza fino a ventitré anni alle porte di Siracusa, ad Augusta. Per noi Siracusa era la grande città oltre a Catania, dove andare a fare le compere, a cercare le cose che non trovavamo nel nostro paese. Il mio legame con la città nasce anche da un altro elemento, quello della scuola. La mia insegnante di Greco, Rosa Peluso, che è di Siracusa, per me è stata un punto fondamentale nella vita e quindi una figura veramente importantissima perché ha lasciato dei segni ben precisi nella mia formazione: io associo sempre Siracusa alla professoressa Peluso, quindi quando vengo qui cerco sempre di incontrarla. E poi la bellezza, la storia di Siracusa… come fare a non innamorarsi di quella città?

La sua è una famiglia particolarmente talentuosa… evidentemente i suoi genitori hanno lasciato un’impronta fortissima sui figli che, pur in campi diversi, hanno mostrato tenacia e indubbie capacità. Come riflesso di tutto questo nella sua scrittura mi piace citare “Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Ricordi, sogni e ricette di una famiglia come tante. La mia” e “Un padre è un padre”, pubblicati entrambi da Rizzoli. Qual è il lascito della sua famiglia, l’impronta che di loro si è scavata in lei? Oggi i ragazzi hanno bisogno più che mai di modelli e radici, che in questa società liquida – direbbe Bauman – tendono a smarrirsi. Cosa si sentirebbe di dire a un giovane di talento per incoraggiarlo a intraprendere la strada della scrittura?

Mi fa molto piacere che lei citi Bauman, i concetti che questo sociologo ha lasciato. Tutto ciò che lui ha affermato riguardo alla nostra società senza punti di riferimento, appunto appellandola come “società liquida” ma anche riguardo al pensiero, al mercato del lavoro, alla politica, ci dice che la nostra è una società che mira a gratificare l’individuo solo attraverso il consumo, quindi cosa rimane di questo? Qualche decennio fa ogni individuo si sentiva rassicurato dal gruppo, dai vicini di casa, dalla famiglia, dallo Stato, dalla società che lo circondava.

Noi fratelli – ma credo tantissimi della nostra generazione – dobbiamo davvero ringraziare i nostri genitori perché ci hanno permesso, pur avendo pochissimo, di essere felici e di trascorrere un’infanzia e una giovinezza serena, perché sono stati in grado di darci gli strumenti per fare la differenza, per capire che in fondo (sembrano banalità, discorsi triti e ritriti, ma sono comunque la base di ogni individuo) tutto sta nel cercare la propria strada.

Assolutamente io non ho nulla da consigliare a un giovane che vuole intraprendere la mia strada: non mi sento nella condizione di poter dare dei consigli perché ogni strada è troppo personale; ogni individuo fa un percorso ben preciso e la ricetta per tutti non c’è: ogni strada è lastricata di fatica e di sudore e ognuno di noi con tutte le sue forze deve capire che cosa gli assomiglia di più. Io non mi sento talmente modello da poter dire agli altri cosa fare. E poi, cara Maria Lucia, aggiungo che io mi sono tenuta sempre tenuta alla larga da quelli che dispensano consigli, che sanno sempre tutto: mi inquietano moltissimo quelli che hanno tante certezze. Io vivo perennemente nel dubbio e qualche volta invece nella convinzione di aver fatto male; guardo come grandi misteri a queste persone che hanno sempre un consiglio da dispensare.

“Abitavo in un paese affacciato sul mare, e mi sentivo la figlia della gallina nera. E non una qualunque, ma la nera più nera che si potesse immaginare. Le bambine fortunate, invece, quelle a cui era capitato un destino diverso, erano figlie delle galline bianche. Ma questa è un’altra storia”. Con “Picciridda” lei ha vinto il Premio Elsa Morante 2018 (sezione ragazzi) narrando una storia ambientata negli anni Sessanta ma che apparenta l’emigrazione italiana in Germania alla migrazione interna di quegli stessi anni e alla nostra attualità magmatica e contraddittoria. Una grandissima soddisfazione, credo, quella di vedersi associate alla Morante, “cantrice” dell’infanzia e delle sue ferite…

Quando Dacia Maraini mi ha incontrato dietro le quinte mi ha detto: “Catena, il libro è stupendo e davvero questo premio calza a pennello perché per certi versi da Verga alla Morante la tua scrittura mi ha ricordato molto un verismo, la capacità di tradurre in realtà cruda con le parole ciò che circonda le persone e in particolare una bambina di undici anni”. Per me è stato davvero il vero battesimo della mia scrittura.

 

L'immagine può contenere: 10 persone, persone che sorridono, folla e spazio al chiuso

Come potete vedere, eccomi con la mia copia de LA CIVETTA DI MINERVA da donare a Catena Fiorello!
http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3428:aurora-miriam-scala-la-mia-e-una-testimonianza-dall-aldila&catid=17&Itemid=143

Aurora Miriam Scala: “La mia è una testimonianza dall’aldilà”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 04 Dicembre 2018 13:26

“La storia – dice l’attrice – rievoca il rapporto di una donna con l’uomo che l’ha poi uccisa. Lo spettacolo è la favola di una bambina diventata prostituta, salvata tra i miasmi e l’immondizia dalle cicogne”

La Civetta di Minerva, 24 novembre 2018

Presso la Chiesa evangelica battista di Siracusa in via Agatocle, per la regia di Giannella Loredana d’Izzia, è stato rappresentato lo spettacolo “Voce di Donna” – Dalla parte delle Cicogne – La Donna senza Nome(due monologhi di Lina Maria Ugolini e Clelia Lombardo). In scena (video e luci sono stati curati da Alessandro Sipione) Anna Passanisi e Aurora Miriam Scala, con la partecipazione di Giorgia Matarazzo e Cristiana Fontana.

Significativa coincidenza quella della messa in scena dei testi con la scomparsa di Bice Mortillaro Salatiello, anima storica del movimento femminista palermitano, anima della folle avventura di quelle che oggi sono ricordate come “Le donne del digiuno” (aveva militato lungamente nell’Udi, l’unione delle donne in Italia), accampate di fronte al teatro Politeama per più di un mese all’indomani delle stragi di mafia del ‘92.

Donne dunque: attrici, registe, danzatrici, scrittrici, donne che narrano di donne e danno voce alle donne che non hanno più la parola o è loro impedita.

“La Civetta di Minerva” (che si era occupata qualche anno fa dell’Andromaca di Clelia Lombardo, interpretata da una superba Carmelinda Gentile) ne ha parlato con l’attrice Aurora Miriam Scala, che il pubblico ha avuto recentemente modo di apprezzare ne “Le Rane” al Teatro greco di Siracusa, spettacolo replicato nell’ultima stagione INDA e trasmesso anche su Rai5:

“La mia è una testimonianza dall’aldilà: una donna rievoca il rapporto con l’uomo che l’ha poi uccisa. È un monologo molto lineare con dei movimenti di scena geometrici, asciutto nella forma e intenso nell’interpretazione, una presa di coscienza spesso anche aggressiva di quanto accaduto; il testo interpretato da Anna Passanisi, poetico e sognante, commovente in molti punti, è la favola di una bambina diventata prostituta, salvata tra i miasmi e l’immondizia dalle cicogne”.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3410:ohibo-nella-spedizione-dei-mille-c-era-anche-una-donna&catid=17&Itemid=143

Ohibò, nella spedizione dei Mille c’era anche una donna

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 21 Novembre 2018 08:39

La scrittrice Maria Attanasio, che ha rivangato in un libro la figura di Rosalia Montmasson: “L’ho scoperto per caso. Credevo fossero tutti maschi”

 

La Civetta di Minerva, novembre 2018

“La Civetta di Minerva” ha incontrato per voi Maria Attanasio, autrice per i tipi di Sellerio editore del romanzo “La ragazza di Marsiglia”. Il romanzo, vincitore del Premio Maria Messina, del Premio I Quattro Elementi, del Premio Manzoni per il romanzo storico, del Premio Internazionale Città di Como e del Premio Basilicata 2018, è imperniato sull’unica donna che prese parte alla spedizione dei Mille, Rosalia Montmasson.

Non è nuovo l’interesse della Attanasio per le microstorie, per le storie di personaggi rimasti nascosti nelle pieghe della Storia più grande che è come un grande arazzo di cui si notano però spesso solo i grandi nomi, quando invece uomini e più di sovente donne come la Montmasson restano in ombra: in “Correva l’anno 1698 e nella città avvenne il fatto memorabile” (1994), nelle “Piccole cronache di un secolo” (1997, con Domenico Amoroso), in “Di Concetta e le sue donne” (1999) e ne “Il falsario di Caltagirone” (2007), (per non parlare dell’attualissima distopia de “Il condominio di Via della Notte” (2013) – emergono volti e vicende di un passato più o meno remoto, di una Sicilia terra di contrasto fra truvature poetiche e ferocie.

La scrittura della Attanasio, mai compiaciuta ma sorvegliatissima, lucida nell’analisi di fatti e documenti, attenta alla ricostruzione degli avvenimenti nel rispetto assoluto del dato storico interpretato alla luce del presente e delle sue contraddizioni, ne “La ragazza di Marsiglia” dipana la vicenda di una donna che viene ricordata tutt’al più come di Francesco Crispi, figura cruciale del nostro Risorgimento e che in particolare giocò un ruolo importante per l’elevazione di Siracusa a capovalle nel 1865: in via XX settembre, il 21 ottobre del 1927, in piena età fascista quindi, venne posta una lapide che ricorda il “cospiratore profugo /incitatore apostolo” (per l’immagine rimandiamo al sito http://www.antoniorandazzo.it).

Il Risorgimento delle donne (pensiamo ad esempio al lavoro di Elena Doni) ci offre una visione in controluce della formazione dell’Italia, spesso in controtendenza rispetto alla memoria che ci restituiscono epigrafi, targhe, vie, piazze con date luoghi eventi e nomi che dimenticano l’apporto femminile alla storia contemporanea e non del nostro paese. Ma passiamo la parola a Maria Attanasio, che ha ridato voce a Rosalia Montmasson.

Come mai hai deciso di occuparti di questa figura?

L’ho incontrata per caso, in un pomeriggio di noia e depressi pensieri dell’autunno del 2010. Navigando in internet, mi ritrovai in un sito che riportava la notizia – vecchia di qualche anno – di una targa collocata sulla facciata di un palazzo fiorentino, dedicata a Rosalia Montmasson; l’unica donna presente tra i 1089 volontari della spedizione dei Mille, che in quel palazzo, al tempo di Firenze capitale, insieme al marito Francesco Crispi, era vissuta.

Sorpresa, stupore, incredulità. Ho studiato storia all’Università, l’ho insegnata al liceo, ma non avevo mai saputo di una donna tra i Mille partiti da Quarto: nessuna notizia né nei grossi tomi universitari, né nei libri di testo scelti per i miei alunni, né nell’aneddotica storica dei sussidiari delle elementari. Per me i Mille erano declinati solo al maschile. E non solo per me: nessuno a cui chiesi di Rosalie Montmasson ne sospettava l’esistenza. Un assurdo, inspiegabile, silenzio, su un fatto così singolare, che riguardava uno degli eventi fondativi dell’Unità d’Italia.

Da qui la mia ricerca – matta e disperatissima – tra archivi, biblioteche, internet, per infrangere quel silenzio, e restituire identità storica a questa donna coerente e libertaria; che, a differenza del marito – da repubblicano, per opportunismo politico, diventato monarchico – rimase fedele alle idee di Mazzini fino alla morte.

Un’identità, storica ed esistenziale, che però il potentissimo Crispi cercò totalmente di cancellare dopo l’annullamento del loro matrimonio – 25 anni di vita coniugale – ottenuto con la complicità di giudici e politici. Dopo il quale, di lei si perde ogni memoria.

Premio Manzoni è intitolato allo scrittore che seppe mescolare storia e invenzione donandoci, diciamo così, la ricetta del romanzo storico. Come “dosi” i due elementi nella tua scrittura? Quale futuro vedi oggi per questo genere letterario?

Più che mai necessario, oggi, il romanzo storico: per non dimenticare il nero, il buio, l’orrore che nel passato spesso è scritto… genocidi… campi di sterminio… xenofobia… E resistere alle serpeggianti tentazioni autoritarie di una storia contemporanea che alza muri contro esiliati e migranti, alimentando artatamente la paura dell’altro. Un bisogno espressivo, che, a mio parere, oggi molti scrittori fortemente sentono; non è un caso che quest’anno siano stati pubblicati tanti romanzi storici: quelli di Lia Levi, di Helena Janeczek, di Rosella Postorino, di Marco Balzano, e di tanti altri…

Ma chi, in Italia, scrive romanzi storici non può prescindere da Manzoni; a partire dalla rilettura della “Storia della colonna infame”: dal rapporto in essa tra documento e narrazione che Leonardo Sciascia con forza sottolineò, riportando all’attenzione di scrittori e lettori questo straordinario testo manzoniano; ma, per quanto mi riguarda, non si può prescindere nemmeno da Stendhal, Marguerite Yourcenar, e dalla variegata lezione del romanzo storico siciliano: da De Roberto, Sciascia, Consolo. Non c’è però una ricetta, un dosaggio espressivo unico tra storia e invenzione. Non solo tra i diversi scrittori, ma talvolta anche tra i diversi romanzi dello stesso scrittore: mi è accaduto, continua ad accadermi. Ne “La ragazza di Marsiglia” la presenza e la fedeltà al documento è fondamento ineludibile, struttura portante della finzione letteraria; assolutamente necessaria per restituire visibilità storica e voce a questa donna, nel cui vissuto storia ed esistenza, amore e utopia erano inscindibili.

La parola che narra convive in te con la parola poetica – ricordiamo ai nostri lettori le raccolte “Interni”, 1979; “Nero barocco nero”, 1985; “Eros e mente”, 1996; “Amnesia del movimento delle nuvole”, 2003. In che modo? Cosa hai in cantiere in questo momento?

Non convive, si alterna. Sono infatti una dissociata biscrittora: a volte poesia, a volte narrazione. Ma fondamentale, in tutta la mia produzione, è la lunga pratica di lettura e scrittura poetica, che mi porta a un’intransigente disciplina, a un forte controllo della parola. E a leggere la realtà dei fatti di una determinata epoca, di un determinato luogo, con una dimensione rappresentativa che – simultaneamente, liberamente – coniuga emozione e concetto, esistenza e mondo.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3389:il-coro-polifonico-giuseppe-de-cicco-si-esibisce-a-bologna&catid=17&Itemid=143

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” si esibisce a Bologna

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 06 Novembre 2018 11:18

Per il 150° dalla morte di Rossini e nel Festiva corale. Nella nuova stagione la compagine impegnata nell’attività concertistica e nell’animazione liturgica

La Civetta di Minerva, novembre 2018

È ricominciata a pieno ritmo la nuova stagione concertistica del coro polifonico europeo “Giuseppe De Cicco”, realtà musicale ormai consolidata della provincia di Siracusa diretta dal maestro Maria Carmela De Cicco.

In occasione del centocinquantesimo anniversario della morte di Gioachino Rossini, il coro eseguirà, presso il Tempio di San Giacomo di Piazza Rossini a Bologna, musiche di Monteverdi, F. Mendelssohn, M. Duruflé, E. Elgar, Lotti, De Victoria, Telemann, Schütz, Rheinberger, Bruckner, Reger, compositori di musica corale dal Barocco al Romanticismo, omaggiando Rossini con le pagine più belle dello “Stabat Mater” e della “Petite Messe Solennelle”, insieme al Coro Euridice di Bologna, diretto da Maurizio Guernieri e Pier Paolo Scattolin.

Oltre che per il concerto, il coro sarà impegnato nell’animazione della liturgia. Il Festival corale internazionale Città di Bologna, giunto all’undicesima edizione, nell’ambito deIla quale sono inserite le esibizioni del coro De Cicco, si deve anche alla collaborazione con il San Giacomo Festival.

Il coro polifonico De Cicco si conferma dunque come compagine impegnata sia nell’attività concertistica – il 9 febbraio 2019 la corale si esibirà al Teatro Don Bosco di Ragusa in un concerto inserito nel cartellone dell’associazione “Melodica” – che nell’animazione liturgica, oltre che nella formazione dei coristi e dei direttori di coro con maestri di chiara fama come Pierpaolo Scattolin, Angela Troilo e Giovanni Acciai: tra le iniziative recenti che hanno visto coinvolto il coro ricordiamo “1000 voci per ricominciare” per la raccolta fondi in favore del Teatro di Amatrice, il ventennale del coro festeggiato con l’esecuzione della “Petite Messe Solennelle” di Gioachino Rossini a Carlentini (SR), Ragusa e la Chiesa di Santa Lucia alla Badia di Siracusa, raduni corali come “O Nata Lux”, la celebrazione del Giorno della Memoria, il gemellaggio con il coro di Agira, il festival “Musica sotto le stelle”, il bicentenario di Baha’u’llah, il gemellaggio con la città di Würtzburg e il sesto festival nazionale di musica sacra mariana di Bagheria (PA).

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3367:fino-al-6-novembre-a-palermo-la-mostra-sulla-poetessa-mariannina-coffa&catid=17&Itemid=143

 

A Palermo la mostra sulla poetessa di Noto Mariannina Coffa

MARIA LUCIA RICCIOLI
Domenica, 04 Novembre 2018 08:02

L’evento nel 140° anniversario della sua morte. Sempre più artisti e letterati ne scrivono in saggi e ricerche

 

La Civetta di Minerva, novembre 2018

Il 6 gennaio 1878 moriva, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni, la poetessa e patriota netina Mariannina Coffa. Sono quindi trascorsi esattamente centoquarant’anni dalla scomparsa di una donna ed artista la cui fama volò oltre il Val di Noto che l’aveva vista fiorire e nel corso di questo lasso di tempo non sono mancati gli studiosi e gli estimatori della biografia e dell’opera della poetessa, soprannominata “Saffo netina” e “Capinera di Noto” per l’apparentarsi del suo destino a quello della poetessa di Mitilene e dell’eroina di Verga: tra i più recenti cultori di Mariannina Coffa non possiamo non citare Marinella Fiume e Biagio Iacono (“Sibilla arcana”, “Sguardi plurali”, “Voglio il mio cielo” i lavori principali, frutto di infaticabili studi sulle carte d’archivio e del lavorìo critico di appassionati indagatori delle carte coffiane), oltre ad Angelo Fortuna (ricordiamo il suo volume su “Anonimo 1905”) e a Stefano Vaccaro (ricordiamo il suo recente “Silfide, maga e sirena – L’ideale femminile nella letteratura italiana dell’Ottocento”), giovani appassionati di letteratura che versificano nel nome della Coffa come Giuseppe Puzzo, docenti universitari del calibro di Nicolò Mineo, Carlo Muratori (che ha musicato un sonetto della Coffa inserendo il brano nel CD “Sale” e portandolo in tournée in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia) e potremmo continuare.

A celebrare questo anniversario è stata però non la città di Noto o Ragusa (dove la poetessa netina visse dal 1860 al 1876), ma Palermo, capitale della cultura 2018, con il progetto “Mariannina Coffa 2.0 – Concorso internazionale di poesia, letteratura ed arti visive – Resurrectio, ideato e realizzato dall’Associazione culturale “Suggestioni mediterranee” (presieduta da M. Stella Pucci di Benisichi) in collaborazione con l’Associazione Culturale “PROGETTO Zyz – La Palermo Splendente”, con lo scopo di onorare la memoria della poetessa “maledetta”. Gianluca Pipitò è il responsabile del premio, articolato in area poetico-letteraria, arti visive e ricerca storica, che prevede anche la pubblicazione di un’antologia digitale.

Fino al 6 novembre sarà inoltre visitabile la mostra dedicata alla poetessa presso il Real Albergo dei Poveri: inaugurata il 6 ottobre 2018 (orari: dalle ore 10 alle 17, da martedì a domenica), vede coinvolti il Comando regionale della Guardia di Finanza, l’Associazione culturale storia e militaria di Palermo, l’Ente di formazione professionale CIRPE e i vincitori della sezione pittura e fotografia del concorso “Mariannina Coffa Caruso 2.0 resurrection”, che ha visto premiati presso la Sala Pitrè della Società siciliana di Storia patria anche i poeti e gli scrittori finalisti del concorso letterario.

Oltre ad iniziative come queste e ai convegni e conferenze dedicati alla poetessa, sarebbe auspicabile un’edizione critica delle opere di Mariannina Coffa, realizzata con la stessa acribia con cui si è lavorato all’epistolario Coffa-Mauceri (ricordiamo che Ascenzio Mauceri, drammaturgo e musicista, primo preside del Liceo classico di Noto, fu il primo sfortunato e romanticamente indagato amore della poetessa) e alle lettere della Nostra al precettore e ad altri corrispondenti come parenti ed amici. Altri campi d’indagine sulla Coffa sono naturalmente ancora aperti: il suo rapporto con la Massoneria e con la medicina omeopatica, le sue collaborazioni anche sotto pseudonimo con vari periodici, ma anche e diremmo soprattutto il mistero delle carte scomparse dopo la sua morte, che se risolto potrebbe gettare una luce nuova sull’ultima stagione poetica della poetessa e forse anche sulla rottura del fidanzamento con Mauceri, prodromo dell’infelice matrimonio di Mariannina Coffa con Giorgio Morana.

Il 2019 potrebbe essere l’occasione per ripensare alle vicende risorgimentali, che si sono intrecciate alla biografia e all’opera di una letterata che merita di essere conosciuta e apprezzata anche al di fuori dell’ambito celebrativo e locale o accademico.

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LA CIVETTA DI MINERVA dell’11 gennaio 2019

12 sabato Gen 2019

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica, scuola

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Visitatori nei luoghi del seppellimento di Santa Lucia

MARIA LUCIA RICCIOLI
Venerdì, 21 Dicembre 2018 14:03

Iniziativa del Rotaract. Il ricavato sarà devoluto all’acquisto di macchinari da donare al reparto di pediatria dell’Umberto I°

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Nella settimana in cui ricorre la festa della Santa patrona di Siracusa, i Rotaract Club Siracusa Ortigia e Noto terra di Eloro organizzano un’attività in cui verranno ripercorsi i luoghi storici e leggendari di Santa Lucia.

Prevista per domenica 16 dicembre infatti la visita dei luoghi del martirio e del seppellimento della giovane siracusana testimone della fede cristiana durante la persecuzione del 304; tra l’altro si ammireranno le edicolette votive più famose che testimoniano alcuni dei miracoli della Santa in favore della città di Siracusa – ricordiamo ad esempio quella di Piazza delle Poste che ci riporta al terremoto del 1908 –, infine sarà possibile vedere il simulacro argenteo realizzato da Pietro Rizzo ed il celebre dipinto del Caravaggio “Il Seppellimento di Santa Lucia”.

Il ricavato dell’attività sarà interamente devoluto al progetto di acquisto di macchinari medici e strumentazione complementare da donare al reparto di pediatria dell’Umberto I.

I Rotaract Club non sono nuovi a queste iniziative benefiche: quello di “Noto – Terra di Eloro” ha recentemente visitato i pazienti con disabilità mentale della comunità “Villa della Zagara” portando un ricco buffet e trascorrendo un pomeriggio in compagnia dei ricoverati, affetti da una patologia spesso purtroppo poco compresa, i quali, felici di questa sorpresa, hanno ringraziato i giovani rotaractiani donando un graditissimo pensiero fatto con le loro mani.

Momenti come questi, che si spera non restino isolati ma siano forieri di un contatto reale e duraturo con la realtà della sofferenza, sono stimolo a fare sempre più e meglio con spirito di servizio, o di “service” come i rotaractiani amano definirlo, cercando di essere sempre più fedeli e coerenti al motto di club di questo anno sociale 2018/2019 tratto dagli Atti degli Apostoli: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3476:i-pochi-ebrei-a-siracusa-festeggiano-la-chanukka-festa-delle-luci&catid=17&Itemid=143

I (pochi) ebrei a Siracusa festeggiano la Chanukkà, festa delle luci

MARIA LUCIA RICCIOLI
Venerdì, 21 Dicembre 2018 11:08

Dal 17 al 21 dicembre, nel Palazzo del Governo di via Roma, incontro col mondo poetico di “Johannes”

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Giovanni Ferdinando Giudice, conosciuto come Johannes, è uno dei personaggi più singolari di Ortigia, della quale è definito il poeta: versifica in lingua italiana e in dialetto siciliano, che ama trasmettere alle nuove generazioni, dipinge e organizza eventi culturali come recital di poesia o la Giornata europea della cultura ebraica – per inciso, ma rimandiamo ai precedenti articoli de “La Civetta di Minerva”, l’ultimo dei quali a firma di Marina De Michele; parlando in un caffè di Ortigia con Johannes abbiamo ricostruito le ultime, spiacevoli vicende sulla comunità ebraica siracusana. Sarebbe comunque auspicabile, da parte dell’amministrazione e soprattutto della curia siracusana, una maggiore comprensione nei confronti della piccola ma resiliente comunità ebraica locale, che a tutt’ora non dispone di un locale atto al culto. Rimandiamo agli studi recenti, ad esempio quello di Angela Scandaliato e Nuccio Mulè, sugli aspetti storico-culturali del “mistero della chiesa che non fu mai sinagoga e della sinagoga trasformata in chiesa”, ovvero San Filippo e San Giovannello alla Giudecca, quest’ultima vero punctum dolens qualora non si accettino la “severa sottomissione al senso storico e unico delle carte polverose e dei documenti consunti degli archivi” e il riscontro dei rinvenimenti materiali.

Da lunedì 17 a venerdì 21 dicembre, dalle 9.00 alle 20.00, presso il Palazzo del Governo di via Roma, sarà possibile conoscere il mondo poetico e non solo di Johannes: è previsto infatti per quei giorni l’evento “Non solo poesie”.

Mentre i cristiani si apprestano a celebrare Santa Lucia, simbolo della Luce di Cristo che viene ad illuminare il mondo il 25 dicembre (data legata alla celebrazione del Sol invictus, il sole che sembra sconfitto ma trionfa sulle tenebre, collegato quindi al solstizio d’inverno: la rete dei rimandi e delle allegorie è fittissima e annoda culti antichissimi, precristiani, alla liturgia della Chiesa), per l’ebraismo questo è il periodo di feste come Chanukkà (in ebraico חנוכה o חֲנֻכָּה, ḥănukkāh), conosciuta anche con il nome di Festa delle luci o Festa dei lumi, mentre martedì 18 dicembre 2018 ricorre il digiuno del 10 Tevet per l’anno 5779, giorno di Kaddish generale per tutte le vittime della Shoah la cui data di morte e luogo di sepoltura sono sconosciute.

L’evento di via Roma potrà essere l’occasione non solo per fruire dell’arte di un poeta e pittore ortigiano, ma anche per approfondire il variegato sostrato culturale e religioso della nostra Siracusa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3475:annalisa-stancanelli-il-caravaggio-e-la-siracusa-del-600&catid=17&Itemid=143

La trama de “Il vendicatore oscuro” si tinge di giallo per la presenza di un misterioso assassino che segue le orme del pittore

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“1608. Siracusa, a nord del Porto Laccio. Il mare era calmo, solo qualche lieve increspatura”.

Questo l’incipit de “Il vendicatore oscuro”, uscito per Electa Storie per la penna di Annalisa Stancanelli, dirigente scolastica e autrice di articoli, saggi e romanzi incentrati soprattutto su personaggi aretusei, in primis Archimede, Elio Vittorini e in questo caso Caravaggio, che durante la sua fuga – per sfuggire ai Cavalieri di Malta, al papa, ai fantasmi di una vita violenta, a se stesso – e la sua breve troppo breve sosta a Siracusa dipinse “Il seppellimento di Santa Lucia”, tela che dopo varie vicissitudini adesso è collocata presso l’altare maggiore della Chiesa di Santa Lucia alla Badia – basti ricordare la permanenza al Museo Bellomo, il lungo restauro, la polemica sulla mancata ricollocazione presso la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro in Borgata, cui il quadro era originariamente destinato.

Il romanzo della Stancanelli si pone tra gli innumerevoli libri scritti su Caravaggio, la sua arte e la sua tormentata biografia – ricordiamo almeno “La fuga, la sosta” di Pino Di Silvestro (Rizzoli, La Scala), dal linguaggio prezioso, diremmo consoliano, e dall’impianto sciasciano nel rapporto con le fonti.

Ne “Il vendicatore oscuro”, dal montaggio rapido, dalle pennellate veloci – la scrittura della Stancanelli risente della lezione del giornalismo e predilige sobrie descrizioni e dialoghi brevi, serrati – l’ultimo Caravaggio emerge come figura vivida e oscura insieme; la trama del romanzo si tinge di giallo per la presenza di un misterioso assassino che, tra reminiscenze dantesche e madrigali del Mirabella, risse con Cardarelli e amori teneri e sensuali, sembra seguire le orme del pittore. Continui flashback ricordano al lettore il passato di Michelangelo Merisi, diviso tra pittura, colleghi amici rivali amori e la frequentazione di uomini tanto potenti quanto pericolosi.

Il contesto storico-geografico e culturale fa da sottofondo alla vicenda di Caravaggio, alle sue paure, ai suoi deliri, al genio che lo spinge a lavorare ossessivamente, a trasfigurare i propri incubi nella luce superiore dell’arte: ritroviamo così Mario Minniti, Vincenzo Mirabella e tutto il potentame siracusano dell’epoca, frati, monache, popolani, schiavi, uomini di mare, le chiese di San Giovanni e Santa Lucia extra moenia e un’intera città, dimora accogliente e ostile insieme.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143
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La troupe di “Paesi che vai…” (Rai 1) di nuovo a Siracusa

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:23

Per documentare con immagini la vita e il martirio di Santa Lucia.La realizzazione del programma coincide con l’elevazione a Santuario diocesano della Basilica

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“La Civetta di Minerva”, com’è ormai solita, ha seguito per voi i sopralluoghi e le riprese di una nuova, speciale puntata di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, fortunata trasmissione della rete ammiraglia della Rai.

Speciale perché non è la prima volta che il format condotto da Livio Leonardi si occupa della Sicilia e di Siracusa in particolare: la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, l’Etna – per i siciliani ‘a Muntagna, la Grande Madre di fuoco e neve che ha improntato di sé ambiente, paesaggio e cultura della nostra isola -, Noto (ricordiamo la puntata della scorsa stagione, con Eleonora Nicolaci a fare da guida d’eccezione tra i gioielli del Barocco netino), Agrigento, Modica e il suo cioccolato, Marzamemi e i prodotti di tonnara, il Castello federiciano di Siracusa e la sua splendida Cattedrale, il Caravaggio di Santa Lucia alla Badia, la Neapolis e le fortificazioni di Epipoli…

Stavolta la troupe di “Paesi che vai…” (tra le trasmissioni di Leonardi ricordiamo almeno “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”; autore dei testi è Antonio Costa e la regia è curata da Daniele Biggiero), con un drone che a volo d’uccello – si direbbe di quaglia, dall’antico nome di Ortigia – riprenderà le bellezze della città aretusea, si occuperà di una figlia speciale di Siracusa: una giovane siracusana del III secolo che ebbe la forza di testimoniare la propria fede durante la terribile (l’ultima) persecuzione di Diocleziano, affrontando coraggiosamente la morte nel 304. Santa Lucia, dunque, ‘a Santuzza dei Siracusani, la patrona che la città si appresta a festeggiare il 13 dicembre, suo dies natalis (ovvero il giorno del martirio, il momento della nascita al Cielo e a nuova vita in Cristo).

Sarà nostra cura avvertire i lettori della messa in onda del programma su Rai1, girato in pochi giorni di miracolosa luce nei luoghi della vita e del martirio di Lucia: tra Ortigia, San Giovanni alle Catacombe, Santa Lucia al Sepolcro, Santa Lucia alla Badia, nella miracolosa luce decembrina che fa da scolta alla luce del Natale – millenari i simbolismi legati alla figura della Santa siracusana, che fonde cristianesimo e persistenze pagane, oggetto e protagonista di opere letterarie e artistiche – si snoderà il racconto di Livio Leonardi, tra narrazione e rievocazione; significativo anche il fatto che la realizzazione del programma coincida con l’elevazione della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro – il tempietto di Giovanni Vermexio inscritto e insieme circoscritto alle Catacombe, che custodisce al suo interno la statua di Gregorio Tedeschi, sarà anch’esso scenario del programma – a Santuario diocesano nel 400esimo anniversario della custodia del Sepolcro da parte dei frati minori di Sicilia.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3471:magnifico-presepe-a-sortino-dell-artista-roberto-sequenzia&catid=17&Itemid=143

Magnifico presepe a Sortino dell’artista Roberto Sequenzia

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:15
Con case rurali, locande, pozzi, fondachi e putìe del territorio. Abbiamo visitato per voi la Galleria “Il Tempio dell’arte” di via Giambattista Vico

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Viaggiare per la provincia di Siracusa offre sorprese interessanti e permette di valorizzare realtà spesso misconosciute. Esempio ne è Sortino, ai più nota per la sagra del miele, per il pizzolo o per lo “spirito dei fasciddari”, tutte eccellenze enogastronomiche da gustare e che sono fortemente radicate nel territorio, impregnate come sono della nostra millenaria tradizione agropastorale.

Ma Sortino offre al visitatore anche la bellezza delle sue chiese e conventi – in primis quello dei Cappuccini, con una preziosa biblioteca che conserva tesori librari inestimabili -, di palazzi e cortili tutti da scoprire.

Sortino è anche terra di ingegni e di artisti: non possiamo non nominare Salvo Zappulla, animatore culturale, scrittore e ideatore del Premio Pentèlite (notevoli anche i contributi di studiosi, poeti e artisti che confluiscono nell’omonima associazione culturale e nella rivista che periodicamente vede la luce ad opera di Zappulla e dei collaboratori, dediti anche all’opera di divulgazione culturale) o Gioacchino Bruno, impegnato da anni nella riscoperta di Sortino diruta, l’antica Sortino distrutta dal terremoto del 1693, amorosamente indagata, misurata, disegnata, riportata alla luce in un museo (l’Antiquarium del Medioevo sortinese) che meriterebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni locali e nazionali.

“La Civetta di Minerva” ha visitato per voi la Galleria “Il Tempio dell’arte” di via Giambattista Vico, ovvero lo studio di Roberto Sequenzia, artista locale dagli interessi poliedrici – dipinge infatti con tecniche varie sia i soggetti che incontrano maggiormente il gusto dei committenti e dei visitatori che quelli scaturiti dalla ricerca e da uno studio personali e più intimi.

Vincitore di diversi premi, Sequenzia ha partecipato a mostre collettive in tutta Italia e il suo lavoro ha meritato l’attenzione e il plauso sia del pubblico che di diversi critici d’arte. Cultore del bello, collezionista a sua volta, fondatore tra l’altro del gruppo folkloristico “La zagara”, ha realizzato un magnifico presepe ambientato nella realtà della nostra Sicilia tradizionale e che sarebbe degno sia di una collocazione prestigiosa che di un flusso più consistente di visitatori: l’evento dell’Incarnazione del Cristo è collocato in ambienti e cornice che non possiamo non considerare familiari (case rurali, locande, pozzi, fondachi e putìe, il tutto immerso nel paesaggio siciliano e sortinese in particolare, con le piante, gli animali e gli strumenti del lavoro dei nostri avi).

Per chi volesse conoscere meglio Roberto Sequenzia e la sua arte, invitiamo i nostri lettori sia a visitare il suo studio che a compiere un viaggio virtuale nel sito www.robertosequenzia.it e sulla pagina Facebookhttps://www.facebook.com/groups/283962341712258/ (presepi e diorami del mondo).

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3453:il-complimento-della-maraini-ha-battezzato-la-mia-scrittura&catid=17&Itemid=143

“Il complimento della Maraini ha battezzato la mia scrittura”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 12 Dicembre 2018 15:22

Catena Fiorello, autrice di “Picciridda” e Premio Elsa Morante 2018: “Dacia mi ha detto: da Verga alla Morante la tua prosa mi ha ricordato molto il verismo”. “Una figura fondamentale è stata per me la professoressa Rosa Peluso”

Martedì 27 novembre alle ore 17.30, presso l’Urban Center di via Nino Bixio a Siracusa, si terrà una conversazione – promossa dall’Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Siracusa, dalla Demea Promozione eventi culturali e naturalmente dalla Biblioteca comunale di Siracusa – con Catena Fiorello, autrice di “Picciridda” e Premio Elsa Morante 2018. Ad introdurre l’incontro, che ci auguriamo sia foriero di sempre più frequenti iniziative culturali in questo spazio recuperato – pensiamo al recente Festival dell’Educazione –, i saluti dell’assessore alla Cultura e al Turismo Fabio Granata.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi Catena Fiorello, autrice e conduttrice televisiva e soprattutto scrittrice (ricordiamo “Casca il mondo, casca la terra” per i tipi di Rizzoli e “L’amore a due passi” pubblicato da Giunti), che ringraziamo per la gentilezza e la disponibilità.

L’evento all’Urban Center di Siracusa sarà una bella occasione per parlare non solo dei suoi ultimi libri, ma anche – se vuole – per anticiparci qualcosa del suo prossimo lavoro. Il suo è un percorso in cui riusciamo a intravedere un grande amore per la propria terra, l’attenzione e la sensibilità verso le figure femminili e l’infanzia in particolare e la propensione a narrare storie di rinascita. Si ritrova in queste parole? Cosa può dirci del suo libro in preparazione?

Riguardo al mio ultimo romanzo, ho deciso di dire ancora poco perché uscirà a febbraio e arriverà il momento giusto per parlarne, ma sicuramente posso anticipare che anche questa volta parlo della storia di una donna. Io sono molto affascinata dal mondo femminile. Da sempre la mia storia, i miei romanzi raccontano appunto di una “Catena” che è proprio attratta dalla forza femminile, dalle figure di donne che, anche quando sono apparentemente deboli, poi rivelano invece una forza interiore incredibile e questo aspetto credo che appartenga al 99,9 per cento delle donne. Siamo forti.

Il suo legame con Siracusa… ci racconta cosa la lega alla nostra città?

Il mio legame con Siracusa – è chiaro – nasce dal fatto che io ho abitato per tutta l’infanzia e la mia giovinezza fino a ventitré anni alle porte di Siracusa, ad Augusta. Per noi Siracusa era la grande città oltre a Catania, dove andare a fare le compere, a cercare le cose che non trovavamo nel nostro paese. Il mio legame con la città nasce anche da un altro elemento, quello della scuola. La mia insegnante di Greco, Rosa Peluso, che è di Siracusa, per me è stata un punto fondamentale nella vita e quindi una figura veramente importantissima perché ha lasciato dei segni ben precisi nella mia formazione: io associo sempre Siracusa alla professoressa Peluso, quindi quando vengo qui cerco sempre di incontrarla. E poi la bellezza, la storia di Siracusa… come fare a non innamorarsi di quella città?

La sua è una famiglia particolarmente talentuosa… evidentemente i suoi genitori hanno lasciato un’impronta fortissima sui figli che, pur in campi diversi, hanno mostrato tenacia e indubbie capacità. Come riflesso di tutto questo nella sua scrittura mi piace citare “Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Ricordi, sogni e ricette di una famiglia come tante. La mia” e “Un padre è un padre”, pubblicati entrambi da Rizzoli. Qual è il lascito della sua famiglia, l’impronta che di loro si è scavata in lei? Oggi i ragazzi hanno bisogno più che mai di modelli e radici, che in questa società liquida – direbbe Bauman – tendono a smarrirsi. Cosa si sentirebbe di dire a un giovane di talento per incoraggiarlo a intraprendere la strada della scrittura?

Mi fa molto piacere che lei citi Bauman, i concetti che questo sociologo ha lasciato. Tutto ciò che lui ha affermato riguardo alla nostra società senza punti di riferimento, appunto appellandola come “società liquida” ma anche riguardo al pensiero, al mercato del lavoro, alla politica, ci dice che la nostra è una società che mira a gratificare l’individuo solo attraverso il consumo, quindi cosa rimane di questo? Qualche decennio fa ogni individuo si sentiva rassicurato dal gruppo, dai vicini di casa, dalla famiglia, dallo Stato, dalla società che lo circondava.

Noi fratelli – ma credo tantissimi della nostra generazione – dobbiamo davvero ringraziare i nostri genitori perché ci hanno permesso, pur avendo pochissimo, di essere felici e di trascorrere un’infanzia e una giovinezza serena, perché sono stati in grado di darci gli strumenti per fare la differenza, per capire che in fondo (sembrano banalità, discorsi triti e ritriti, ma sono comunque la base di ogni individuo) tutto sta nel cercare la propria strada.

Assolutamente io non ho nulla da consigliare a un giovane che vuole intraprendere la mia strada: non mi sento nella condizione di poter dare dei consigli perché ogni strada è troppo personale; ogni individuo fa un percorso ben preciso e la ricetta per tutti non c’è: ogni strada è lastricata di fatica e di sudore e ognuno di noi con tutte le sue forze deve capire che cosa gli assomiglia di più. Io non mi sento talmente modello da poter dire agli altri cosa fare. E poi, cara Maria Lucia, aggiungo che io mi sono tenuta sempre tenuta alla larga da quelli che dispensano consigli, che sanno sempre tutto: mi inquietano moltissimo quelli che hanno tante certezze. Io vivo perennemente nel dubbio e qualche volta invece nella convinzione di aver fatto male; guardo come grandi misteri a queste persone che hanno sempre un consiglio da dispensare.

“Abitavo in un paese affacciato sul mare, e mi sentivo la figlia della gallina nera. E non una qualunque, ma la nera più nera che si potesse immaginare. Le bambine fortunate, invece, quelle a cui era capitato un destino diverso, erano figlie delle galline bianche. Ma questa è un’altra storia”. Con “Picciridda” lei ha vinto il Premio Elsa Morante 2018 (sezione ragazzi) narrando una storia ambientata negli anni Sessanta ma che apparenta l’emigrazione italiana in Germania alla migrazione interna di quegli stessi anni e alla nostra attualità magmatica e contraddittoria. Una grandissima soddisfazione, credo, quella di vedersi associate alla Morante, “cantrice” dell’infanzia e delle sue ferite…

Quando Dacia Maraini mi ha incontrato dietro le quinte mi ha detto: “Catena, il libro è stupendo e davvero questo premio calza a pennello perché per certi versi da Verga alla Morante la tua scrittura mi ha ricordato molto un verismo, la capacità di tradurre in realtà cruda con le parole ciò che circonda le persone e in particolare una bambina di undici anni”. Per me è stato davvero il vero battesimo della mia scrittura.

 

 

 

 

 

L'immagine può contenere: 10 persone, persone che sorridono, folla e spazio al chiuso
Come potete vedere, eccomi con la mia copia de LA CIVETTA DI MINERVA da donare a Catena Fiorello!
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Aurora Miriam Scala: “La mia è una testimonianza dall’aldilà”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 04 Dicembre 2018 13:26

“La storia – dice l’attrice – rievoca il rapporto di una donna con l’uomo che l’ha poi uccisa. Lo spettacolo è la favola di una bambina diventata prostituta, salvata tra i miasmi e l’immondizia dalle cicogne”

La Civetta di Minerva, 24 novembre 2018

Presso la Chiesa evangelica battista di Siracusa in via Agatocle, per la regia di Giannella Loredana d’Izzia, è stato rappresentato lo spettacolo “Voce di Donna” – Dalla parte delle Cicogne – La Donna senza Nome(due monologhi di Lina Maria Ugolini e Clelia Lombardo). In scena (video e luci sono stati curati da Alessandro Sipione) Anna Passanisi e Aurora Miriam Scala, con la partecipazione di Giorgia Matarazzo e Cristiana Fontana.

Significativa coincidenza quella della messa in scena dei testi con la scomparsa di Bice Mortillaro Salatiello, anima storica del movimento femminista palermitano, anima della folle avventura di quelle che oggi sono ricordate come “Le donne del digiuno” (aveva militato lungamente nell’Udi, l’unione delle donne in Italia), accampate di fronte al teatro Politeama per più di un mese all’indomani delle stragi di mafia del ‘92.

Donne dunque: attrici, registe, danzatrici, scrittrici, donne che narrano di donne e danno voce alle donne che non hanno più la parola o è loro impedita.

“La Civetta di Minerva” (che si era occupata qualche anno fa dell’Andromaca di Clelia Lombardo, interpretata da una superba Carmelinda Gentile) ne ha parlato con l’attrice Aurora Miriam Scala, che il pubblico ha avuto recentemente modo di apprezzare ne “Le Rane” al Teatro greco di Siracusa, spettacolo replicato nell’ultima stagione INDA e trasmesso anche su Rai5:

“La mia è una testimonianza dall’aldilà: una donna rievoca il rapporto con l’uomo che l’ha poi uccisa. È un monologo molto lineare con dei movimenti di scena geometrici, asciutto nella forma e intenso nell’interpretazione, una presa di coscienza spesso anche aggressiva di quanto accaduto; il testo interpretato da Anna Passanisi, poetico e sognante, commovente in molti punti, è la favola di una bambina diventata prostituta, salvata tra i miasmi e l’immondizia dalle cicogne”.

 

 

 

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3410:ohibo-nella-spedizione-dei-mille-c-era-anche-una-donna&catid=17&Itemid=143

Ohibò, nella spedizione dei Mille c’era anche una donna

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 21 Novembre 2018 08:39

La scrittrice Maria Attanasio, che ha rivangato in un libro la figura di Rosalia Montmasson: “L’ho scoperto per caso. Credevo fossero tutti maschi”

 

La Civetta di Minerva, novembre 2018

“La Civetta di Minerva” ha incontrato per voi Maria Attanasio, autrice per i tipi di Sellerio editore del romanzo “La ragazza di Marsiglia”. Il romanzo, vincitore del Premio Maria Messina, del Premio I Quattro Elementi, del Premio Manzoni per il romanzo storico, del Premio Internazionale Città di Como e del Premio Basilicata 2018, è imperniato sull’unica donna che prese parte alla spedizione dei Mille, Rosalia Montmasson.

Non è nuovo l’interesse della Attanasio per le microstorie, per le storie di personaggi rimasti nascosti nelle pieghe della Storia più grande che è come un grande arazzo di cui si notano però spesso solo i grandi nomi, quando invece uomini e più di sovente donne come la Montmasson restano in ombra: in “Correva l’anno 1698 e nella città avvenne il fatto memorabile” (1994), nelle “Piccole cronache di un secolo” (1997, con Domenico Amoroso), in “Di Concetta e le sue donne” (1999) e ne “Il falsario di Caltagirone” (2007), (per non parlare dell’attualissima distopia de “Il condominio di Via della Notte” (2013) – emergono volti e vicende di un passato più o meno remoto, di una Sicilia terra di contrasto fra truvature poetiche e ferocie.

La scrittura della Attanasio, mai compiaciuta ma sorvegliatissima, lucida nell’analisi di fatti e documenti, attenta alla ricostruzione degli avvenimenti nel rispetto assoluto del dato storico interpretato alla luce del presente e delle sue contraddizioni, ne “La ragazza di Marsiglia” dipana la vicenda di una donna che viene ricordata tutt’al più come di Francesco Crispi, figura cruciale del nostro Risorgimento e che in particolare giocò un ruolo importante per l’elevazione di Siracusa a capovalle nel 1865: in via XX settembre, il 21 ottobre del 1927, in piena età fascista quindi, venne posta una lapide che ricorda il “cospiratore profugo /incitatore apostolo” (per l’immagine rimandiamo al sito http://www.antoniorandazzo.it).

Il Risorgimento delle donne (pensiamo ad esempio al lavoro di Elena Doni) ci offre una visione in controluce della formazione dell’Italia, spesso in controtendenza rispetto alla memoria che ci restituiscono epigrafi, targhe, vie, piazze con date luoghi eventi e nomi che dimenticano l’apporto femminile alla storia contemporanea e non del nostro paese. Ma passiamo la parola a Maria Attanasio, che ha ridato voce a Rosalia Montmasson.

Come mai hai deciso di occuparti di questa figura?

L’ho incontrata per caso, in un pomeriggio di noia e depressi pensieri dell’autunno del 2010. Navigando in internet, mi ritrovai in un sito che riportava la notizia – vecchia di qualche anno – di una targa collocata sulla facciata di un palazzo fiorentino, dedicata a Rosalia Montmasson; l’unica donna presente tra i 1089 volontari della spedizione dei Mille, che in quel palazzo, al tempo di Firenze capitale, insieme al marito Francesco Crispi, era vissuta.

Sorpresa, stupore, incredulità. Ho studiato storia all’Università, l’ho insegnata al liceo, ma non avevo mai saputo di una donna tra i Mille partiti da Quarto: nessuna notizia né nei grossi tomi universitari, né nei libri di testo scelti per i miei alunni, né nell’aneddotica storica dei sussidiari delle elementari. Per me i Mille erano declinati solo al maschile. E non solo per me: nessuno a cui chiesi di Rosalie Montmasson ne sospettava l’esistenza. Un assurdo, inspiegabile, silenzio, su un fatto così singolare, che riguardava uno degli eventi fondativi dell’Unità d’Italia.

Da qui la mia ricerca – matta e disperatissima – tra archivi, biblioteche, internet, per infrangere quel silenzio, e restituire identità storica a questa donna coerente e libertaria; che, a differenza del marito – da repubblicano, per opportunismo politico, diventato monarchico – rimase fedele alle idee di Mazzini fino alla morte.

Un’identità, storica ed esistenziale, che però il potentissimo Crispi cercò totalmente di cancellare dopo l’annullamento del loro matrimonio – 25 anni di vita coniugale – ottenuto con la complicità di giudici e politici. Dopo il quale, di lei si perde ogni memoria.

Premio Manzoni è intitolato allo scrittore che seppe mescolare storia e invenzione donandoci, diciamo così, la ricetta del romanzo storico. Come “dosi” i due elementi nella tua scrittura? Quale futuro vedi oggi per questo genere letterario?

Più che mai necessario, oggi, il romanzo storico: per non dimenticare il nero, il buio, l’orrore che nel passato spesso è scritto… genocidi… campi di sterminio… xenofobia… E resistere alle serpeggianti tentazioni autoritarie di una storia contemporanea che alza muri contro esiliati e migranti, alimentando artatamente la paura dell’altro. Un bisogno espressivo, che, a mio parere, oggi molti scrittori fortemente sentono; non è un caso che quest’anno siano stati pubblicati tanti romanzi storici: quelli di Lia Levi, di Helena Janeczek, di Rosella Postorino, di Marco Balzano, e di tanti altri…

Ma chi, in Italia, scrive romanzi storici non può prescindere da Manzoni; a partire dalla rilettura della “Storia della colonna infame”: dal rapporto in essa tra documento e narrazione che Leonardo Sciascia con forza sottolineò, riportando all’attenzione di scrittori e lettori questo straordinario testo manzoniano; ma, per quanto mi riguarda, non si può prescindere nemmeno da Stendhal, Marguerite Yourcenar, e dalla variegata lezione del romanzo storico siciliano: da De Roberto, Sciascia, Consolo. Non c’è però una ricetta, un dosaggio espressivo unico tra storia e invenzione. Non solo tra i diversi scrittori, ma talvolta anche tra i diversi romanzi dello stesso scrittore: mi è accaduto, continua ad accadermi. Ne “La ragazza di Marsiglia” la presenza e la fedeltà al documento è fondamento ineludibile, struttura portante della finzione letteraria; assolutamente necessaria per restituire visibilità storica e voce a questa donna, nel cui vissuto storia ed esistenza, amore e utopia erano inscindibili.

La parola che narra convive in te con la parola poetica – ricordiamo ai nostri lettori le raccolte “Interni”, 1979; “Nero barocco nero”, 1985; “Eros e mente”, 1996; “Amnesia del movimento delle nuvole”, 2003. In che modo? Cosa hai in cantiere in questo momento?

Non convive, si alterna. Sono infatti una dissociata biscrittora: a volte poesia, a volte narrazione. Ma fondamentale, in tutta la mia produzione, è la lunga pratica di lettura e scrittura poetica, che mi porta a un’intransigente disciplina, a un forte controllo della parola. E a leggere la realtà dei fatti di una determinata epoca, di un determinato luogo, con una dimensione rappresentativa che – simultaneamente, liberamente – coniuga emozione e concetto, esistenza e mondo.

 

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3476:i-pochi-ebrei-a-siracusa-festeggiano-la-chanukka-festa-delle-luci&catid=17&Itemid=143

I (pochi) ebrei a Siracusa festeggiano la Chanukkà, festa delle luci

MARIA LUCIA RICCIOLI
Venerdì, 21 Dicembre 2018 11:08

Dal 17 al 21 dicembre, nel Palazzo del Governo di via Roma, incontro col mondo poetico di “Johannes”

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Giovanni Ferdinando Giudice, conosciuto come Johannes, è uno dei personaggi più singolari di Ortigia, della quale è definito il poeta: versifica in lingua italiana e in dialetto siciliano, che ama trasmettere alle nuove generazioni, dipinge e organizza eventi culturali come recital di poesia o la Giornata europea della cultura ebraica – per inciso, ma rimandiamo ai precedenti articoli de “La Civetta di Minerva”, l’ultimo dei quali a firma di Marina De Michele; parlando in un caffè di Ortigia con Johannes abbiamo ricostruito le ultime, spiacevoli vicende sulla comunità ebraica siracusana. Sarebbe comunque auspicabile, da parte dell’amministrazione e soprattutto della curia siracusana, una maggiore comprensione nei confronti della piccola ma resiliente comunità ebraica locale, che a tutt’ora non dispone di un locale atto al culto. Rimandiamo agli studi recenti, ad esempio quello di Angela Scandaliato e Nuccio Mulè, sugli aspetti storico-culturali del “mistero della chiesa che non fu mai sinagoga e della sinagoga trasformata in chiesa”, ovvero San Filippo e San Giovannello alla Giudecca, quest’ultima vero punctum dolens qualora non si accettino la “severa sottomissione al senso storico e unico delle carte polverose e dei documenti consunti degli archivi” e il riscontro dei rinvenimenti materiali.

Da lunedì 17 a venerdì 21 dicembre, dalle 9.00 alle 20.00, presso il Palazzo del Governo di via Roma, sarà possibile conoscere il mondo poetico e non solo di Johannes: è previsto infatti per quei giorni l’evento “Non solo poesie”.

Mentre i cristiani si apprestano a celebrare Santa Lucia, simbolo della Luce di Cristo che viene ad illuminare il mondo il 25 dicembre (data legata alla celebrazione del Sol invictus, il sole che sembra sconfitto ma trionfa sulle tenebre, collegato quindi al solstizio d’inverno: la rete dei rimandi e delle allegorie è fittissima e annoda culti antichissimi, precristiani, alla liturgia della Chiesa), per l’ebraismo questo è il periodo di feste come Chanukkà (in ebraico חנוכה o חֲנֻכָּה, ḥănukkāh), conosciuta anche con il nome di Festa delle luci o Festa dei lumi, mentre martedì 18 dicembre 2018 ricorre il digiuno del 10 Tevet per l’anno 5779, giorno di Kaddish generale per tutte le vittime della Shoah la cui data di morte e luogo di sepoltura sono sconosciute.

L’evento di via Roma potrà essere l’occasione non solo per fruire dell’arte di un poeta e pittore ortigiano, ma anche per approfondire il variegato sostrato culturale e religioso della nostra Siracusa.

 

Visitatori nei luoghi del seppellimento di Santa Lucia

MARIA LUCIA RICCIOLI
Venerdì, 21 Dicembre 2018 14:03

Iniziativa del Rotaract. Il ricavato sarà devoluto all’acquisto di macchinari da donare al reparto di pediatria dell’Umberto I°

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Nella settimana in cui ricorre la festa della Santa patrona di Siracusa, i Rotaract Club Siracusa Ortigia e Noto terra di Eloro organizzano un’attività in cui verranno ripercorsi i luoghi storici e leggendari di Santa Lucia.

Prevista per domenica 16 dicembre infatti la visita dei luoghi del martirio e del seppellimento della giovane siracusana testimone della fede cristiana durante la persecuzione del 304; tra l’altro si ammireranno le edicolette votive più famose che testimoniano alcuni dei miracoli della Santa in favore della città di Siracusa – ricordiamo ad esempio quella di Piazza delle Poste che ci riporta al terremoto del 1908 –, infine sarà possibile vedere il simulacro argenteo realizzato da Pietro Rizzo ed il celebre dipinto del Caravaggio “Il Seppellimento di Santa Lucia”.

Il ricavato dell’attività sarà interamente devoluto al progetto di acquisto di macchinari medici e strumentazione complementare da donare al reparto di pediatria dell’Umberto I.

I Rotaract Club non sono nuovi a queste iniziative benefiche: quello di “Noto – Terra di Eloro” ha recentemente visitato i pazienti con disabilità mentale della comunità “Villa della Zagara” portando un ricco buffet e trascorrendo un pomeriggio in compagnia dei ricoverati, affetti da una patologia spesso purtroppo poco compresa, i quali, felici di questa sorpresa, hanno ringraziato i giovani rotaractiani donando un graditissimo pensiero fatto con le loro mani.

Momenti come questi, che si spera non restino isolati ma siano forieri di un contatto reale e duraturo con la realtà della sofferenza, sono stimolo a fare sempre più e meglio con spirito di servizio, o di “service” come i rotaractiani amano definirlo, cercando di essere sempre più fedeli e coerenti al motto di club di questo anno sociale 2018/2019 tratto dagli Atti degli Apostoli: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

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http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3475:annalisa-stancanelli-il-caravaggio-e-la-siracusa-del-600&catid=17&Itemid=143

Annalisa Stancanelli, il Caravaggio e la Siracusa del ‘600

MARIA LUCIA RICCIOLI
Venerdì, 21 Dicembre 2018 10:56

La trama de “Il vendicatore oscuro” si tinge di giallo per la presenza di un misterioso assassino che segue le orme del pittore

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“1608. Siracusa, a nord del Porto Laccio. Il mare era calmo, solo qualche lieve increspatura”.

Questo l’incipit de “Il vendicatore oscuro”, uscito per Electa Storie per la penna di Annalisa Stancanelli, dirigente scolastica e autrice di articoli, saggi e romanzi incentrati soprattutto su personaggi aretusei, in primis Archimede, Elio Vittorini e in questo caso Caravaggio, che durante la sua fuga – per sfuggire ai Cavalieri di Malta, al papa, ai fantasmi di una vita violenta, a se stesso – e la sua breve troppo breve sosta a Siracusa dipinse “Il seppellimento di Santa Lucia”, tela che dopo varie vicissitudini adesso è collocata presso l’altare maggiore della Chiesa di Santa Lucia alla Badia – basti ricordare la permanenza al Museo Bellomo, il lungo restauro, la polemica sulla mancata ricollocazione presso la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro in Borgata, cui il quadro era originariamente destinato.

Il romanzo della Stancanelli si pone tra gli innumerevoli libri scritti su Caravaggio, la sua arte e la sua tormentata biografia – ricordiamo almeno “La fuga, la sosta” di Pino Di Silvestro (Rizzoli, La Scala), dal linguaggio prezioso, diremmo consoliano, e dall’impianto sciasciano nel rapporto con le fonti.

Ne “Il vendicatore oscuro”, dal montaggio rapido, dalle pennellate veloci – la scrittura della Stancanelli risente della lezione del giornalismo e predilige sobrie descrizioni e dialoghi brevi, serrati – l’ultimo Caravaggio emerge come figura vivida e oscura insieme; la trama del romanzo si tinge di giallo per la presenza di un misterioso assassino che, tra reminiscenze dantesche e madrigali del Mirabella, risse con Cardarelli e amori teneri e sensuali, sembra seguire le orme del pittore. Continui flashback ricordano al lettore il passato di Michelangelo Merisi, diviso tra pittura, colleghi amici rivali amori e la frequentazione di uomini tanto potenti quanto pericolosi.

Il contesto storico-geografico e culturale fa da sottofondo alla vicenda di Caravaggio, alle sue paure, ai suoi deliri, al genio che lo spinge a lavorare ossessivamente, a trasfigurare i propri incubi nella luce superiore dell’arte: ritroviamo così Mario Minniti, Vincenzo Mirabella e tutto il potentame siracusano dell’epoca, frati, monache, popolani, schiavi, uomini di mare, le chiese di San Giovanni e Santa Lucia extra moenia e un’intera città, dimora accogliente e ostile insieme.

 

 

 

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3389:il-coro-polifonico-giuseppe-de-cicco-si-esibisce-a-bologna&catid=17&Itemid=143

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” si esibisce a Bologna

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 06 Novembre 2018 11:18

Per il 150° dalla morte di Rossini e nel Festiva corale. Nella nuova stagione la compagine impegnata nell’attività concertistica e nell’animazione liturgica

La Civetta di Minerva, novembre 2018

È ricominciata a pieno ritmo la nuova stagione concertistica del coro polifonico europeo “Giuseppe De Cicco”, realtà musicale ormai consolidata della provincia di Siracusa diretta dal maestro Maria Carmela De Cicco.

In occasione del centocinquantesimo anniversario della morte di Gioachino Rossini, il coro eseguirà, presso il Tempio di San Giacomo di Piazza Rossini a Bologna, musiche di Monteverdi, F. Mendelssohn, M. Duruflé, E. Elgar, Lotti, De Victoria, Telemann, Schütz, Rheinberger, Bruckner, Reger, compositori di musica corale dal Barocco al Romanticismo, omaggiando Rossini con le pagine più belle dello “Stabat Mater” e della “Petite Messe Solennelle”, insieme al Coro Euridice di Bologna, diretto da Maurizio Guernieri e Pier Paolo Scattolin.

Oltre che per il concerto, il coro sarà impegnato nell’animazione della liturgia. Il Festival corale internazionale Città di Bologna, giunto all’undicesima edizione, nell’ambito deIla quale sono inserite le esibizioni del coro De Cicco, si deve anche alla collaborazione con il San Giacomo Festival.

Il coro polifonico De Cicco si conferma dunque come compagine impegnata sia nell’attività concertistica – il 9 febbraio 2019 la corale si esibirà al Teatro Don Bosco di Ragusa in un concerto inserito nel cartellone dell’associazione “Melodica” – che nell’animazione liturgica, oltre che nella formazione dei coristi e dei direttori di coro con maestri di chiara fama come Pierpaolo Scattolin, Angela Troilo e Giovanni Acciai: tra le iniziative recenti che hanno visto coinvolto il coro ricordiamo “1000 voci per ricominciare” per la raccolta fondi in favore del Teatro di Amatrice, il ventennale del coro festeggiato con l’esecuzione della “Petite Messe Solennelle” di Gioachino Rossini a Carlentini (SR), Ragusa e la Chiesa di Santa Lucia alla Badia di Siracusa, raduni corali come “O Nata Lux”, la celebrazione del Giorno della Memoria, il gemellaggio con il coro di Agira, il festival “Musica sotto le stelle”, il bicentenario di Baha’u’llah, il gemellaggio con la città di Würtzburg e il sesto festival nazionale di musica sacra mariana di Bagheria (PA).

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3367:fino-al-6-novembre-a-palermo-la-mostra-sulla-poetessa-mariannina-coffa&catid=17&Itemid=143

 

A Palermo la mostra sulla poetessa di Noto Mariannina Coffa

MARIA LUCIA RICCIOLI
Domenica, 04 Novembre 2018 08:02

L’evento nel 140° anniversario della sua morte. Sempre più artisti e letterati ne scrivono in saggi e ricerche

 

La Civetta di Minerva, novembre 2018

Il 6 gennaio 1878 moriva, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni, la poetessa e patriota netina Mariannina Coffa. Sono quindi trascorsi esattamente centoquarant’anni dalla scomparsa di una donna ed artista la cui fama volò oltre il Val di Noto che l’aveva vista fiorire e nel corso di questo lasso di tempo non sono mancati gli studiosi e gli estimatori della biografia e dell’opera della poetessa, soprannominata “Saffo netina” e “Capinera di Noto” per l’apparentarsi del suo destino a quello della poetessa di Mitilene e dell’eroina di Verga: tra i più recenti cultori di Mariannina Coffa non possiamo non citare Marinella Fiume e Biagio Iacono (“Sibilla arcana”, “Sguardi plurali”, “Voglio il mio cielo” i lavori principali, frutto di infaticabili studi sulle carte d’archivio e del lavorìo critico di appassionati indagatori delle carte coffiane), oltre ad Angelo Fortuna (ricordiamo il suo volume su “Anonimo 1905”) e a Stefano Vaccaro (ricordiamo il suo recente “Silfide, maga e sirena – L’ideale femminile nella letteratura italiana dell’Ottocento”), giovani appassionati di letteratura che versificano nel nome della Coffa come Giuseppe Puzzo, docenti universitari del calibro di Nicolò Mineo, Carlo Muratori (che ha musicato un sonetto della Coffa inserendo il brano nel CD “Sale” e portandolo in tournée in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia) e potremmo continuare.

A celebrare questo anniversario è stata però non la città di Noto o Ragusa (dove la poetessa netina visse dal 1860 al 1876), ma Palermo, capitale della cultura 2018, con il progetto “Mariannina Coffa 2.0 – Concorso internazionale di poesia, letteratura ed arti visive – Resurrectio, ideato e realizzato dall’Associazione culturale “Suggestioni mediterranee” (presieduta da M. Stella Pucci di Benisichi) in collaborazione con l’Associazione Culturale “PROGETTO Zyz – La Palermo Splendente”, con lo scopo di onorare la memoria della poetessa “maledetta”. Gianluca Pipitò è il responsabile del premio, articolato in area poetico-letteraria, arti visive e ricerca storica, che prevede anche la pubblicazione di un’antologia digitale.

Fino al 6 novembre sarà inoltre visitabile la mostra dedicata alla poetessa presso il Real Albergo dei Poveri: inaugurata il 6 ottobre 2018 (orari: dalle ore 10 alle 17, da martedì a domenica), vede coinvolti il Comando regionale della Guardia di Finanza, l’Associazione culturale storia e militaria di Palermo, l’Ente di formazione professionale CIRPE e i vincitori della sezione pittura e fotografia del concorso “Mariannina Coffa Caruso 2.0 resurrection”, che ha visto premiati presso la Sala Pitrè della Società siciliana di Storia patria anche i poeti e gli scrittori finalisti del concorso letterario.

Oltre ad iniziative come queste e ai convegni e conferenze dedicati alla poetessa, sarebbe auspicabile un’edizione critica delle opere di Mariannina Coffa, realizzata con la stessa acribia con cui si è lavorato all’epistolario Coffa-Mauceri (ricordiamo che Ascenzio Mauceri, drammaturgo e musicista, primo preside del Liceo classico di Noto, fu il primo sfortunato e romanticamente indagato amore della poetessa) e alle lettere della Nostra al precettore e ad altri corrispondenti come parenti ed amici. Altri campi d’indagine sulla Coffa sono naturalmente ancora aperti: il suo rapporto con la Massoneria e con la medicina omeopatica, le sue collaborazioni anche sotto pseudonimo con vari periodici, ma anche e diremmo soprattutto il mistero delle carte scomparse dopo la sua morte, che se risolto potrebbe gettare una luce nuova sull’ultima stagione poetica della poetessa e forse anche sulla rottura del fidanzamento con Mauceri, prodromo dell’infelice matrimonio di Mariannina Coffa con Giorgio Morana.

Il 2019 potrebbe essere l’occasione per ripensare alle vicende risorgimentali, che si sono intrecciate alla biografia e all’opera di una letterata che merita di essere conosciuta e apprezzata anche al di fuori dell’ambito celebrativo e locale o accademico.

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LA CIVETTA DI MINERVA dell’8 dicembre 2018

12 mercoledì Dic 2018

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica, scuola

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La troupe di “Paesi che vai…” (Rai 1) di nuovo a Siracusa

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:23

Per documentare con immagini la vita e il martirio di Santa Lucia.La realizzazione del programma coincide con l’elevazione a Santuario diocesano della Basilica

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“La Civetta di Minerva”, com’è ormai solita, ha seguito per voi i sopralluoghi e le riprese di una nuova, speciale puntata di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, fortunata trasmissione della rete ammiraglia della Rai.

Speciale perché non è la prima volta che il format condotto da Livio Leonardi si occupa della Sicilia e di Siracusa in particolare: la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, l’Etna – per i siciliani ‘a Muntagna, la Grande Madre di fuoco e neve che ha improntato di sé ambiente, paesaggio e cultura della nostra isola -, Noto (ricordiamo la puntata della scorsa stagione, con Eleonora Nicolaci a fare da guida d’eccezione tra i gioielli del Barocco netino), Agrigento, Modica e il suo cioccolato, Marzamemi e i prodotti di tonnara, il Castello federiciano di Siracusa e la sua splendida Cattedrale, il Caravaggio di Santa Lucia alla Badia, la Neapolis e le fortificazioni di Epipoli…

Stavolta la troupe di “Paesi che vai…” (tra le trasmissioni di Leonardi ricordiamo almeno “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”; autore dei testi è Antonio Costa e la regia è curata da Daniele Biggiero), con un drone che a volo d’uccello – si direbbe di quaglia, dall’antico nome di Ortigia – riprenderà le bellezze della città aretusea, si occuperà di una figlia speciale di Siracusa: una giovane siracusana del III secolo che ebbe la forza di testimoniare la propria fede durante la terribile (l’ultima) persecuzione di Diocleziano, affrontando coraggiosamente la morte nel 304. Santa Lucia, dunque, ‘a Santuzza dei Siracusani, la patrona che la città si appresta a festeggiare il 13 dicembre, suo dies natalis (ovvero il giorno del martirio, il momento della nascita al Cielo e a nuova vita in Cristo).

Sarà nostra cura avvertire i lettori della messa in onda del programma su Rai1, girato in pochi giorni di miracolosa luce nei luoghi della vita e del martirio di Lucia: tra Ortigia, San Giovanni alle Catacombe, Santa Lucia al Sepolcro, Santa Lucia alla Badia, nella miracolosa luce decembrina che fa da scolta alla luce del Natale – millenari i simbolismi legati alla figura della Santa siracusana, che fonde cristianesimo e persistenze pagane, oggetto e protagonista di opere letterarie e artistiche – si snoderà il racconto di Livio Leonardi, tra narrazione e rievocazione; significativo anche il fatto che la realizzazione del programma coincida con l’elevazione della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro – il tempietto di Giovanni Vermexio inscritto e insieme circoscritto alle Catacombe, che custodisce al suo interno la statua di Gregorio Tedeschi, sarà anch’esso scenario del programma – a Santuario diocesano nel 400esimo anniversario della custodia del Sepolcro da parte dei frati minori di Sicilia.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3471:magnifico-presepe-a-sortino-dell-artista-roberto-sequenzia&catid=17&Itemid=143

Magnifico presepe a Sortino dell’artista Roberto Sequenzia

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:15
Con case rurali, locande, pozzi, fondachi e putìe del territorio. Abbiamo visitato per voi la Galleria “Il Tempio dell’arte” di via Giambattista Vico

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Viaggiare per la provincia di Siracusa offre sorprese interessanti e permette di valorizzare realtà spesso misconosciute. Esempio ne è Sortino, ai più nota per la sagra del miele, per il pizzolo o per lo “spirito dei fasciddari”, tutte eccellenze enogastronomiche da gustare e che sono fortemente radicate nel territorio, impregnate come sono della nostra millenaria tradizione agropastorale.

Ma Sortino offre al visitatore anche la bellezza delle sue chiese e conventi – in primis quello dei Cappuccini, con una preziosa biblioteca che conserva tesori librari inestimabili -, di palazzi e cortili tutti da scoprire.

Sortino è anche terra di ingegni e di artisti: non possiamo non nominare Salvo Zappulla, animatore culturale, scrittore e ideatore del Premio Pentèlite (notevoli anche i contributi di studiosi, poeti e artisti che confluiscono nell’omonima associazione culturale e nella rivista che periodicamente vede la luce ad opera di Zappulla e dei collaboratori, dediti anche all’opera di divulgazione culturale) o Gioacchino Bruno, impegnato da anni nella riscoperta di Sortino diruta, l’antica Sortino distrutta dal terremoto del 1693, amorosamente indagata, misurata, disegnata, riportata alla luce in un museo (l’Antiquarium del Medioevo sortinese) che meriterebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni locali e nazionali.

“La Civetta di Minerva” ha visitato per voi la Galleria “Il Tempio dell’arte” di via Giambattista Vico, ovvero lo studio di Roberto Sequenzia, artista locale dagli interessi poliedrici – dipinge infatti con tecniche varie sia i soggetti che incontrano maggiormente il gusto dei committenti e dei visitatori che quelli scaturiti dalla ricerca e da uno studio personali e più intimi.

Vincitore di diversi premi, Sequenzia ha partecipato a mostre collettive in tutta Italia e il suo lavoro ha meritato l’attenzione e il plauso sia del pubblico che di diversi critici d’arte. Cultore del bello, collezionista a sua volta, fondatore tra l’altro del gruppo folkloristico “La zagara”, ha realizzato un magnifico presepe ambientato nella realtà della nostra Sicilia tradizionale e che sarebbe degno sia di una collocazione prestigiosa che di un flusso più consistente di visitatori: l’evento dell’Incarnazione del Cristo è collocato in ambienti e cornice che non possiamo non considerare familiari (case rurali, locande, pozzi, fondachi e putìe, il tutto immerso nel paesaggio siciliano e sortinese in particolare, con le piante, gli animali e gli strumenti del lavoro dei nostri avi).

Per chi volesse conoscere meglio Roberto Sequenzia e la sua arte, invitiamo i nostri lettori sia a visitare il suo studio che a compiere un viaggio virtuale nel sito www.robertosequenzia.it e sulla pagina Facebookhttps://www.facebook.com/groups/283962341712258/ (presepi e diorami del mondo).

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“Il complimento della Maraini ha battezzato la mia scrittura”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 12 Dicembre 2018 15:22

Catena Fiorello, autrice di “Picciridda” e Premio Elsa Morante 2018: “Dacia mi ha detto: da Verga alla Morante la tua prosa mi ha ricordato molto il verismo”. “Una figura fondamentale è stata per me la professoressa Rosa Peluso”

Martedì 27 novembre alle ore 17.30, presso l’Urban Center di via Nino Bixio a Siracusa, si terrà una conversazione – promossa dall’Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Siracusa, dalla Demea Promozione eventi culturali e naturalmente dalla Biblioteca comunale di Siracusa – con Catena Fiorello, autrice di “Picciridda” e Premio Elsa Morante 2018. Ad introdurre l’incontro, che ci auguriamo sia foriero di sempre più frequenti iniziative culturali in questo spazio recuperato – pensiamo al recente Festival dell’Educazione –, i saluti dell’assessore alla Cultura e al Turismo Fabio Granata.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi Catena Fiorello, autrice e conduttrice televisiva e soprattutto scrittrice (ricordiamo “Casca il mondo, casca la terra” per i tipi di Rizzoli e “L’amore a due passi” pubblicato da Giunti), che ringraziamo per la gentilezza e la disponibilità.

L’evento all’Urban Center di Siracusa sarà una bella occasione per parlare non solo dei suoi ultimi libri, ma anche – se vuole – per anticiparci qualcosa del suo prossimo lavoro. Il suo è un percorso in cui riusciamo a intravedere un grande amore per la propria terra, l’attenzione e la sensibilità verso le figure femminili e l’infanzia in particolare e la propensione a narrare storie di rinascita. Si ritrova in queste parole? Cosa può dirci del suo libro in preparazione?

Riguardo al mio ultimo romanzo, ho deciso di dire ancora poco perché uscirà a febbraio e arriverà il momento giusto per parlarne, ma sicuramente posso anticipare che anche questa volta parlo della storia di una donna. Io sono molto affascinata dal mondo femminile. Da sempre la mia storia, i miei romanzi raccontano appunto di una “Catena” che è proprio attratta dalla forza femminile, dalle figure di donne che, anche quando sono apparentemente deboli, poi rivelano invece una forza interiore incredibile e questo aspetto credo che appartenga al 99,9 per cento delle donne. Siamo forti.

Il suo legame con Siracusa… ci racconta cosa la lega alla nostra città?

Il mio legame con Siracusa – è chiaro – nasce dal fatto che io ho abitato per tutta l’infanzia e la mia giovinezza fino a ventitré anni alle porte di Siracusa, ad Augusta. Per noi Siracusa era la grande città oltre a Catania, dove andare a fare le compere, a cercare le cose che non trovavamo nel nostro paese. Il mio legame con la città nasce anche da un altro elemento, quello della scuola. La mia insegnante di Greco, Rosa Peluso, che è di Siracusa, per me è stata un punto fondamentale nella vita e quindi una figura veramente importantissima perché ha lasciato dei segni ben precisi nella mia formazione: io associo sempre Siracusa alla professoressa Peluso, quindi quando vengo qui cerco sempre di incontrarla. E poi la bellezza, la storia di Siracusa… come fare a non innamorarsi di quella città?

La sua è una famiglia particolarmente talentuosa… evidentemente i suoi genitori hanno lasciato un’impronta fortissima sui figli che, pur in campi diversi, hanno mostrato tenacia e indubbie capacità. Come riflesso di tutto questo nella sua scrittura mi piace citare “Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Ricordi, sogni e ricette di una famiglia come tante. La mia” e “Un padre è un padre”, pubblicati entrambi da Rizzoli. Qual è il lascito della sua famiglia, l’impronta che di loro si è scavata in lei? Oggi i ragazzi hanno bisogno più che mai di modelli e radici, che in questa società liquida – direbbe Bauman – tendono a smarrirsi. Cosa si sentirebbe di dire a un giovane di talento per incoraggiarlo a intraprendere la strada della scrittura?

Mi fa molto piacere che lei citi Bauman, i concetti che questo sociologo ha lasciato. Tutto ciò che lui ha affermato riguardo alla nostra società senza punti di riferimento, appunto appellandola come “società liquida” ma anche riguardo al pensiero, al mercato del lavoro, alla politica, ci dice che la nostra è una società che mira a gratificare l’individuo solo attraverso il consumo, quindi cosa rimane di questo? Qualche decennio fa ogni individuo si sentiva rassicurato dal gruppo, dai vicini di casa, dalla famiglia, dallo Stato, dalla società che lo circondava.

Noi fratelli – ma credo tantissimi della nostra generazione – dobbiamo davvero ringraziare i nostri genitori perché ci hanno permesso, pur avendo pochissimo, di essere felici e di trascorrere un’infanzia e una giovinezza serena, perché sono stati in grado di darci gli strumenti per fare la differenza, per capire che in fondo (sembrano banalità, discorsi triti e ritriti, ma sono comunque la base di ogni individuo) tutto sta nel cercare la propria strada.

Assolutamente io non ho nulla da consigliare a un giovane che vuole intraprendere la mia strada: non mi sento nella condizione di poter dare dei consigli perché ogni strada è troppo personale; ogni individuo fa un percorso ben preciso e la ricetta per tutti non c’è: ogni strada è lastricata di fatica e di sudore e ognuno di noi con tutte le sue forze deve capire che cosa gli assomiglia di più. Io non mi sento talmente modello da poter dire agli altri cosa fare. E poi, cara Maria Lucia, aggiungo che io mi sono tenuta sempre tenuta alla larga da quelli che dispensano consigli, che sanno sempre tutto: mi inquietano moltissimo quelli che hanno tante certezze. Io vivo perennemente nel dubbio e qualche volta invece nella convinzione di aver fatto male; guardo come grandi misteri a queste persone che hanno sempre un consiglio da dispensare.

“Abitavo in un paese affacciato sul mare, e mi sentivo la figlia della gallina nera. E non una qualunque, ma la nera più nera che si potesse immaginare. Le bambine fortunate, invece, quelle a cui era capitato un destino diverso, erano figlie delle galline bianche. Ma questa è un’altra storia”. Con “Picciridda” lei ha vinto il Premio Elsa Morante 2018 (sezione ragazzi) narrando una storia ambientata negli anni Sessanta ma che apparenta l’emigrazione italiana in Germania alla migrazione interna di quegli stessi anni e alla nostra attualità magmatica e contraddittoria. Una grandissima soddisfazione, credo, quella di vedersi associate alla Morante, “cantrice” dell’infanzia e delle sue ferite…

Quando Dacia Maraini mi ha incontrato dietro le quinte mi ha detto: “Catena, il libro è stupendo e davvero questo premio calza a pennello perché per certi versi da Verga alla Morante la tua scrittura mi ha ricordato molto un verismo, la capacità di tradurre in realtà cruda con le parole ciò che circonda le persone e in particolare una bambina di undici anni”. Per me è stato davvero il vero battesimo della mia scrittura.

 

 

 

 

 

L'immagine può contenere: 10 persone, persone che sorridono, folla e spazio al chiuso
Come potete vedere, eccomi con la mia copia de LA CIVETTA DI MINERVA da donare a Catena Fiorello!
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Aurora Miriam Scala: “La mia è una testimonianza dall’aldilà”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 04 Dicembre 2018 13:26

“La storia – dice l’attrice – rievoca il rapporto di una donna con l’uomo che l’ha poi uccisa. Lo spettacolo è la favola di una bambina diventata prostituta, salvata tra i miasmi e l’immondizia dalle cicogne”

La Civetta di Minerva, 24 novembre 2018

Presso la Chiesa evangelica battista di Siracusa in via Agatocle, per la regia di Giannella Loredana d’Izzia, è stato rappresentato lo spettacolo “Voce di Donna” – Dalla parte delle Cicogne – La Donna senza Nome(due monologhi di Lina Maria Ugolini e Clelia Lombardo). In scena (video e luci sono stati curati da Alessandro Sipione) Anna Passanisi e Aurora Miriam Scala, con la partecipazione di Giorgia Matarazzo e Cristiana Fontana.

Significativa coincidenza quella della messa in scena dei testi con la scomparsa di Bice Mortillaro Salatiello, anima storica del movimento femminista palermitano, anima della folle avventura di quelle che oggi sono ricordate come “Le donne del digiuno” (aveva militato lungamente nell’Udi, l’unione delle donne in Italia), accampate di fronte al teatro Politeama per più di un mese all’indomani delle stragi di mafia del ‘92.

Donne dunque: attrici, registe, danzatrici, scrittrici, donne che narrano di donne e danno voce alle donne che non hanno più la parola o è loro impedita.

“La Civetta di Minerva” (che si era occupata qualche anno fa dell’Andromaca di Clelia Lombardo, interpretata da una superba Carmelinda Gentile) ne ha parlato con l’attrice Aurora Miriam Scala, che il pubblico ha avuto recentemente modo di apprezzare ne “Le Rane” al Teatro greco di Siracusa, spettacolo replicato nell’ultima stagione INDA e trasmesso anche su Rai5:

“La mia è una testimonianza dall’aldilà: una donna rievoca il rapporto con l’uomo che l’ha poi uccisa. È un monologo molto lineare con dei movimenti di scena geometrici, asciutto nella forma e intenso nell’interpretazione, una presa di coscienza spesso anche aggressiva di quanto accaduto; il testo interpretato da Anna Passanisi, poetico e sognante, commovente in molti punti, è la favola di una bambina diventata prostituta, salvata tra i miasmi e l’immondizia dalle cicogne”.

 

 

 

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Ohibò, nella spedizione dei Mille c’era anche una donna

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 21 Novembre 2018 08:39

La scrittrice Maria Attanasio, che ha rivangato in un libro la figura di Rosalia Montmasson: “L’ho scoperto per caso. Credevo fossero tutti maschi”

 

La Civetta di Minerva, novembre 2018

“La Civetta di Minerva” ha incontrato per voi Maria Attanasio, autrice per i tipi di Sellerio editore del romanzo “La ragazza di Marsiglia”. Il romanzo, vincitore del Premio Maria Messina, del Premio I Quattro Elementi, del Premio Manzoni per il romanzo storico, del Premio Internazionale Città di Como e del Premio Basilicata 2018, è imperniato sull’unica donna che prese parte alla spedizione dei Mille, Rosalia Montmasson.

Non è nuovo l’interesse della Attanasio per le microstorie, per le storie di personaggi rimasti nascosti nelle pieghe della Storia più grande che è come un grande arazzo di cui si notano però spesso solo i grandi nomi, quando invece uomini e più di sovente donne come la Montmasson restano in ombra: in “Correva l’anno 1698 e nella città avvenne il fatto memorabile” (1994), nelle “Piccole cronache di un secolo” (1997, con Domenico Amoroso), in “Di Concetta e le sue donne” (1999) e ne “Il falsario di Caltagirone” (2007), (per non parlare dell’attualissima distopia de “Il condominio di Via della Notte” (2013) – emergono volti e vicende di un passato più o meno remoto, di una Sicilia terra di contrasto fra truvature poetiche e ferocie.

La scrittura della Attanasio, mai compiaciuta ma sorvegliatissima, lucida nell’analisi di fatti e documenti, attenta alla ricostruzione degli avvenimenti nel rispetto assoluto del dato storico interpretato alla luce del presente e delle sue contraddizioni, ne “La ragazza di Marsiglia” dipana la vicenda di una donna che viene ricordata tutt’al più come di Francesco Crispi, figura cruciale del nostro Risorgimento e che in particolare giocò un ruolo importante per l’elevazione di Siracusa a capovalle nel 1865: in via XX settembre, il 21 ottobre del 1927, in piena età fascista quindi, venne posta una lapide che ricorda il “cospiratore profugo /incitatore apostolo” (per l’immagine rimandiamo al sito http://www.antoniorandazzo.it).

Il Risorgimento delle donne (pensiamo ad esempio al lavoro di Elena Doni) ci offre una visione in controluce della formazione dell’Italia, spesso in controtendenza rispetto alla memoria che ci restituiscono epigrafi, targhe, vie, piazze con date luoghi eventi e nomi che dimenticano l’apporto femminile alla storia contemporanea e non del nostro paese. Ma passiamo la parola a Maria Attanasio, che ha ridato voce a Rosalia Montmasson.

Come mai hai deciso di occuparti di questa figura?

L’ho incontrata per caso, in un pomeriggio di noia e depressi pensieri dell’autunno del 2010. Navigando in internet, mi ritrovai in un sito che riportava la notizia – vecchia di qualche anno – di una targa collocata sulla facciata di un palazzo fiorentino, dedicata a Rosalia Montmasson; l’unica donna presente tra i 1089 volontari della spedizione dei Mille, che in quel palazzo, al tempo di Firenze capitale, insieme al marito Francesco Crispi, era vissuta.

Sorpresa, stupore, incredulità. Ho studiato storia all’Università, l’ho insegnata al liceo, ma non avevo mai saputo di una donna tra i Mille partiti da Quarto: nessuna notizia né nei grossi tomi universitari, né nei libri di testo scelti per i miei alunni, né nell’aneddotica storica dei sussidiari delle elementari. Per me i Mille erano declinati solo al maschile. E non solo per me: nessuno a cui chiesi di Rosalie Montmasson ne sospettava l’esistenza. Un assurdo, inspiegabile, silenzio, su un fatto così singolare, che riguardava uno degli eventi fondativi dell’Unità d’Italia.

Da qui la mia ricerca – matta e disperatissima – tra archivi, biblioteche, internet, per infrangere quel silenzio, e restituire identità storica a questa donna coerente e libertaria; che, a differenza del marito – da repubblicano, per opportunismo politico, diventato monarchico – rimase fedele alle idee di Mazzini fino alla morte.

Un’identità, storica ed esistenziale, che però il potentissimo Crispi cercò totalmente di cancellare dopo l’annullamento del loro matrimonio – 25 anni di vita coniugale – ottenuto con la complicità di giudici e politici. Dopo il quale, di lei si perde ogni memoria.

Premio Manzoni è intitolato allo scrittore che seppe mescolare storia e invenzione donandoci, diciamo così, la ricetta del romanzo storico. Come “dosi” i due elementi nella tua scrittura? Quale futuro vedi oggi per questo genere letterario?

Più che mai necessario, oggi, il romanzo storico: per non dimenticare il nero, il buio, l’orrore che nel passato spesso è scritto… genocidi… campi di sterminio… xenofobia… E resistere alle serpeggianti tentazioni autoritarie di una storia contemporanea che alza muri contro esiliati e migranti, alimentando artatamente la paura dell’altro. Un bisogno espressivo, che, a mio parere, oggi molti scrittori fortemente sentono; non è un caso che quest’anno siano stati pubblicati tanti romanzi storici: quelli di Lia Levi, di Helena Janeczek, di Rosella Postorino, di Marco Balzano, e di tanti altri…

Ma chi, in Italia, scrive romanzi storici non può prescindere da Manzoni; a partire dalla rilettura della “Storia della colonna infame”: dal rapporto in essa tra documento e narrazione che Leonardo Sciascia con forza sottolineò, riportando all’attenzione di scrittori e lettori questo straordinario testo manzoniano; ma, per quanto mi riguarda, non si può prescindere nemmeno da Stendhal, Marguerite Yourcenar, e dalla variegata lezione del romanzo storico siciliano: da De Roberto, Sciascia, Consolo. Non c’è però una ricetta, un dosaggio espressivo unico tra storia e invenzione. Non solo tra i diversi scrittori, ma talvolta anche tra i diversi romanzi dello stesso scrittore: mi è accaduto, continua ad accadermi. Ne “La ragazza di Marsiglia” la presenza e la fedeltà al documento è fondamento ineludibile, struttura portante della finzione letteraria; assolutamente necessaria per restituire visibilità storica e voce a questa donna, nel cui vissuto storia ed esistenza, amore e utopia erano inscindibili.

La parola che narra convive in te con la parola poetica – ricordiamo ai nostri lettori le raccolte “Interni”, 1979; “Nero barocco nero”, 1985; “Eros e mente”, 1996; “Amnesia del movimento delle nuvole”, 2003. In che modo? Cosa hai in cantiere in questo momento?

Non convive, si alterna. Sono infatti una dissociata biscrittora: a volte poesia, a volte narrazione. Ma fondamentale, in tutta la mia produzione, è la lunga pratica di lettura e scrittura poetica, che mi porta a un’intransigente disciplina, a un forte controllo della parola. E a leggere la realtà dei fatti di una determinata epoca, di un determinato luogo, con una dimensione rappresentativa che – simultaneamente, liberamente – coniuga emozione e concetto, esistenza e mondo.

 

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I (pochi) ebrei a Siracusa festeggiano la Chanukkà, festa delle luci

MARIA LUCIA RICCIOLI

 

Venerdì, 21 Dicembre 2018 11:08

Dal 17 al 21 dicembre, nel Palazzo del Governo di via Roma, incontro col mondo poetico di “Johannes”

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Giovanni Ferdinando Giudice, conosciuto come Johannes, è uno dei personaggi più singolari di Ortigia, della quale è definito il poeta: versifica in lingua italiana e in dialetto siciliano, che ama trasmettere alle nuove generazioni, dipinge e organizza eventi culturali come recital di poesia o la Giornata europea della cultura ebraica – per inciso, ma rimandiamo ai precedenti articoli de “La Civetta di Minerva”, l’ultimo dei quali a firma di Marina De Michele; parlando in un caffè di Ortigia con Johannes abbiamo ricostruito le ultime, spiacevoli vicende sulla comunità ebraica siracusana. Sarebbe comunque auspicabile, da parte dell’amministrazione e soprattutto della curia siracusana, una maggiore comprensione nei confronti della piccola ma resiliente comunità ebraica locale, che a tutt’ora non dispone di un locale atto al culto. Rimandiamo agli studi recenti, ad esempio quello di Angela Scandaliato e Nuccio Mulè, sugli aspetti storico-culturali del “mistero della chiesa che non fu mai sinagoga e della sinagoga trasformata in chiesa”, ovvero San Filippo e San Giovannello alla Giudecca, quest’ultima vero punctum dolens qualora non si accettino la “severa sottomissione al senso storico e unico delle carte polverose e dei documenti consunti degli archivi” e il riscontro dei rinvenimenti materiali.

Da lunedì 17 a venerdì 21 dicembre, dalle 9.00 alle 20.00, presso il Palazzo del Governo di via Roma, sarà possibile conoscere il mondo poetico e non solo di Johannes: è previsto infatti per quei giorni l’evento “Non solo poesie”.

Mentre i cristiani si apprestano a celebrare Santa Lucia, simbolo della Luce di Cristo che viene ad illuminare il mondo il 25 dicembre (data legata alla celebrazione del Sol invictus, il sole che sembra sconfitto ma trionfa sulle tenebre, collegato quindi al solstizio d’inverno: la rete dei rimandi e delle allegorie è fittissima e annoda culti antichissimi, precristiani, alla liturgia della Chiesa), per l’ebraismo questo è il periodo di feste come Chanukkà (in ebraico חנוכה o חֲנֻכָּה, ḥănukkāh), conosciuta anche con il nome di Festa delle luci o Festa dei lumi, mentre martedì 18 dicembre 2018 ricorre il digiuno del 10 Tevet per l’anno 5779, giorno di Kaddish generale per tutte le vittime della Shoah la cui data di morte e luogo di sepoltura sono sconosciute.

L’evento di via Roma potrà essere l’occasione non solo per fruire dell’arte di un poeta e pittore ortigiano, ma anche per approfondire il variegato sostrato culturale e religioso della nostra Siracusa.

 

Visitatori nei luoghi del seppellimento di Santa Lucia

MARIA LUCIA RICCIOLI

 

Venerdì, 21 Dicembre 2018 14:03

Iniziativa del Rotaract. Il ricavato sarà devoluto all’acquisto di macchinari da donare al reparto di pediatria dell’Umberto I°

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

Nella settimana in cui ricorre la festa della Santa patrona di Siracusa, i Rotaract Club Siracusa Ortigia e Noto terra di Eloro organizzano un’attività in cui verranno ripercorsi i luoghi storici e leggendari di Santa Lucia.

Prevista per domenica 16 dicembre infatti la visita dei luoghi del martirio e del seppellimento della giovane siracusana testimone della fede cristiana durante la persecuzione del 304; tra l’altro si ammireranno le edicolette votive più famose che testimoniano alcuni dei miracoli della Santa in favore della città di Siracusa – ricordiamo ad esempio quella di Piazza delle Poste che ci riporta al terremoto del 1908 –, infine sarà possibile vedere il simulacro argenteo realizzato da Pietro Rizzo ed il celebre dipinto del Caravaggio “Il Seppellimento di Santa Lucia”.

Il ricavato dell’attività sarà interamente devoluto al progetto di acquisto di macchinari medici e strumentazione complementare da donare al reparto di pediatria dell’Umberto I.

I Rotaract Club non sono nuovi a queste iniziative benefiche: quello di “Noto – Terra di Eloro” ha recentemente visitato i pazienti con disabilità mentale della comunità “Villa della Zagara” portando un ricco buffet e trascorrendo un pomeriggio in compagnia dei ricoverati, affetti da una patologia spesso purtroppo poco compresa, i quali, felici di questa sorpresa, hanno ringraziato i giovani rotaractiani donando un graditissimo pensiero fatto con le loro mani.

Momenti come questi, che si spera non restino isolati ma siano forieri di un contatto reale e duraturo con la realtà della sofferenza, sono stimolo a fare sempre più e meglio con spirito di servizio, o di “service” come i rotaractiani amano definirlo, cercando di essere sempre più fedeli e coerenti al motto di club di questo anno sociale 2018/2019 tratto dagli Atti degli Apostoli: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

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Annalisa Stancanelli, il Caravaggio e la Siracusa del ‘600

MARIA LUCIA RICCIOLI

 

Venerdì, 21 Dicembre 2018 10:56

La trama de “Il vendicatore oscuro” si tinge di giallo per la presenza di un misterioso assassino che segue le orme del pittore

 

La Civetta di Minerva, 8 dicembre 2018

“1608. Siracusa, a nord del Porto Laccio. Il mare era calmo, solo qualche lieve increspatura”.

Questo l’incipit de “Il vendicatore oscuro”, uscito per Electa Storie per la penna di Annalisa Stancanelli, dirigente scolastica e autrice di articoli, saggi e romanzi incentrati soprattutto su personaggi aretusei, in primis Archimede, Elio Vittorini e in questo caso Caravaggio, che durante la sua fuga – per sfuggire ai Cavalieri di Malta, al papa, ai fantasmi di una vita violenta, a se stesso – e la sua breve troppo breve sosta a Siracusa dipinse “Il seppellimento di Santa Lucia”, tela che dopo varie vicissitudini adesso è collocata presso l’altare maggiore della Chiesa di Santa Lucia alla Badia – basti ricordare la permanenza al Museo Bellomo, il lungo restauro, la polemica sulla mancata ricollocazione presso la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro in Borgata, cui il quadro era originariamente destinato.

Il romanzo della Stancanelli si pone tra gli innumerevoli libri scritti su Caravaggio, la sua arte e la sua tormentata biografia – ricordiamo almeno “La fuga, la sosta” di Pino Di Silvestro (Rizzoli, La Scala), dal linguaggio prezioso, diremmo consoliano, e dall’impianto sciasciano nel rapporto con le fonti.

Ne “Il vendicatore oscuro”, dal montaggio rapido, dalle pennellate veloci – la scrittura della Stancanelli risente della lezione del giornalismo e predilige sobrie descrizioni e dialoghi brevi, serrati – l’ultimo Caravaggio emerge come figura vivida e oscura insieme; la trama del romanzo si tinge di giallo per la presenza di un misterioso assassino che, tra reminiscenze dantesche e madrigali del Mirabella, risse con Cardarelli e amori teneri e sensuali, sembra seguire le orme del pittore. Continui flashback ricordano al lettore il passato di Michelangelo Merisi, diviso tra pittura, colleghi amici rivali amori e la frequentazione di uomini tanto potenti quanto pericolosi.

Il contesto storico-geografico e culturale fa da sottofondo alla vicenda di Caravaggio, alle sue paure, ai suoi deliri, al genio che lo spinge a lavorare ossessivamente, a trasfigurare i propri incubi nella luce superiore dell’arte: ritroviamo così Mario Minniti, Vincenzo Mirabella e tutto il potentame siracusano dell’epoca, frati, monache, popolani, schiavi, uomini di mare, le chiese di San Giovanni e Santa Lucia extra moenia e un’intera città, dimora accogliente e ostile insieme.

 

 

 

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Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” si esibisce a Bologna

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 06 Novembre 2018 11:18

Per il 150° dalla morte di Rossini e nel Festiva corale. Nella nuova stagione la compagine impegnata nell’attività concertistica e nell’animazione liturgica

La Civetta di Minerva, novembre 2018

È ricominciata a pieno ritmo la nuova stagione concertistica del coro polifonico europeo “Giuseppe De Cicco”, realtà musicale ormai consolidata della provincia di Siracusa diretta dal maestro Maria Carmela De Cicco.

In occasione del centocinquantesimo anniversario della morte di Gioachino Rossini, il coro eseguirà, presso il Tempio di San Giacomo di Piazza Rossini a Bologna, musiche di Monteverdi, F. Mendelssohn, M. Duruflé, E. Elgar, Lotti, De Victoria, Telemann, Schütz, Rheinberger, Bruckner, Reger, compositori di musica corale dal Barocco al Romanticismo, omaggiando Rossini con le pagine più belle dello “Stabat Mater” e della “Petite Messe Solennelle”, insieme al Coro Euridice di Bologna, diretto da Maurizio Guernieri e Pier Paolo Scattolin.

Oltre che per il concerto, il coro sarà impegnato nell’animazione della liturgia. Il Festival corale internazionale Città di Bologna, giunto all’undicesima edizione, nell’ambito deIla quale sono inserite le esibizioni del coro De Cicco, si deve anche alla collaborazione con il San Giacomo Festival.

Il coro polifonico De Cicco si conferma dunque come compagine impegnata sia nell’attività concertistica – il 9 febbraio 2019 la corale si esibirà al Teatro Don Bosco di Ragusa in un concerto inserito nel cartellone dell’associazione “Melodica” – che nell’animazione liturgica, oltre che nella formazione dei coristi e dei direttori di coro con maestri di chiara fama come Pierpaolo Scattolin, Angela Troilo e Giovanni Acciai: tra le iniziative recenti che hanno visto coinvolto il coro ricordiamo “1000 voci per ricominciare” per la raccolta fondi in favore del Teatro di Amatrice, il ventennale del coro festeggiato con l’esecuzione della “Petite Messe Solennelle” di Gioachino Rossini a Carlentini (SR), Ragusa e la Chiesa di Santa Lucia alla Badia di Siracusa, raduni corali come “O Nata Lux”, la celebrazione del Giorno della Memoria, il gemellaggio con il coro di Agira, il festival “Musica sotto le stelle”, il bicentenario di Baha’u’llah, il gemellaggio con la città di Würtzburg e il sesto festival nazionale di musica sacra mariana di Bagheria (PA).

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A Palermo la mostra sulla poetessa di Noto Mariannina Coffa

MARIA LUCIA RICCIOLI
Domenica, 04 Novembre 2018 08:02

L’evento nel 140° anniversario della sua morte. Sempre più artisti e letterati ne scrivono in saggi e ricerche

 

La Civetta di Minerva, novembre 2018

Il 6 gennaio 1878 moriva, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni, la poetessa e patriota netina Mariannina Coffa. Sono quindi trascorsi esattamente centoquarant’anni dalla scomparsa di una donna ed artista la cui fama volò oltre il Val di Noto che l’aveva vista fiorire e nel corso di questo lasso di tempo non sono mancati gli studiosi e gli estimatori della biografia e dell’opera della poetessa, soprannominata “Saffo netina” e “Capinera di Noto” per l’apparentarsi del suo destino a quello della poetessa di Mitilene e dell’eroina di Verga: tra i più recenti cultori di Mariannina Coffa non possiamo non citare Marinella Fiume e Biagio Iacono (“Sibilla arcana”, “Sguardi plurali”, “Voglio il mio cielo” i lavori principali, frutto di infaticabili studi sulle carte d’archivio e del lavorìo critico di appassionati indagatori delle carte coffiane), oltre ad Angelo Fortuna (ricordiamo il suo volume su “Anonimo 1905”) e a Stefano Vaccaro (ricordiamo il suo recente “Silfide, maga e sirena – L’ideale femminile nella letteratura italiana dell’Ottocento”), giovani appassionati di letteratura che versificano nel nome della Coffa come Giuseppe Puzzo, docenti universitari del calibro di Nicolò Mineo, Carlo Muratori (che ha musicato un sonetto della Coffa inserendo il brano nel CD “Sale” e portandolo in tournée in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia) e potremmo continuare.

A celebrare questo anniversario è stata però non la città di Noto o Ragusa (dove la poetessa netina visse dal 1860 al 1876), ma Palermo, capitale della cultura 2018, con il progetto “Mariannina Coffa 2.0 – Concorso internazionale di poesia, letteratura ed arti visive – Resurrectio, ideato e realizzato dall’Associazione culturale “Suggestioni mediterranee” (presieduta da M. Stella Pucci di Benisichi) in collaborazione con l’Associazione Culturale “PROGETTO Zyz – La Palermo Splendente”, con lo scopo di onorare la memoria della poetessa “maledetta”. Gianluca Pipitò è il responsabile del premio, articolato in area poetico-letteraria, arti visive e ricerca storica, che prevede anche la pubblicazione di un’antologia digitale.

Fino al 6 novembre sarà inoltre visitabile la mostra dedicata alla poetessa presso il Real Albergo dei Poveri: inaugurata il 6 ottobre 2018 (orari: dalle ore 10 alle 17, da martedì a domenica), vede coinvolti il Comando regionale della Guardia di Finanza, l’Associazione culturale storia e militaria di Palermo, l’Ente di formazione professionale CIRPE e i vincitori della sezione pittura e fotografia del concorso “Mariannina Coffa Caruso 2.0 resurrection”, che ha visto premiati presso la Sala Pitrè della Società siciliana di Storia patria anche i poeti e gli scrittori finalisti del concorso letterario.

Oltre ad iniziative come queste e ai convegni e conferenze dedicati alla poetessa, sarebbe auspicabile un’edizione critica delle opere di Mariannina Coffa, realizzata con la stessa acribia con cui si è lavorato all’epistolario Coffa-Mauceri (ricordiamo che Ascenzio Mauceri, drammaturgo e musicista, primo preside del Liceo classico di Noto, fu il primo sfortunato e romanticamente indagato amore della poetessa) e alle lettere della Nostra al precettore e ad altri corrispondenti come parenti ed amici. Altri campi d’indagine sulla Coffa sono naturalmente ancora aperti: il suo rapporto con la Massoneria e con la medicina omeopatica, le sue collaborazioni anche sotto pseudonimo con vari periodici, ma anche e diremmo soprattutto il mistero delle carte scomparse dopo la sua morte, che se risolto potrebbe gettare una luce nuova sull’ultima stagione poetica della poetessa e forse anche sulla rottura del fidanzamento con Mauceri, prodromo dell’infelice matrimonio di Mariannina Coffa con Giorgio Morana.

Il 2019 potrebbe essere l’occasione per ripensare alle vicende risorgimentali, che si sono intrecciate alla biografia e all’opera di una letterata che merita di essere conosciuta e apprezzata anche al di fuori dell’ambito celebrativo e locale o accademico.

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LA CIVETTA DI MINERVA del 24 marzo 2017

24 venerdì Mar 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Ecco il link ad uno dei miei ultimi articoli usciti per LA CIVETTA DI MINERVA…

Nell’ultimo libro del sacerdote i quesiti assoluti e perenni che s’incarnano nel nostro quotidiano. Scrittura colta, narrativa, poetica e pregna di pensiero; le meditazioni hanno un piglio di racconto

La Civetta di Minerva, 24 febbraio 2017

Contaminando le parole di papa Francesco e Milan Kundera, Lec, Kierkegaard e Kant, interrogando il Vangelo, padre Luca Saraceno – parroco e docente di Ermeneutica filosofica e Storia della filosofia moderna e contemporanea presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania, docente invitato di Filosofia sistematica all’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Metodio di Siracusa –, che si era occupato in un precedente volume – La saggezza delle lacrime. Papa Francesco e il significato del pianto (EDB, Bologna 2015) – del senso del piangere umano e divino, in Tempo di domande. La passione di Gesù si racconta (EDB, Bologna 2016) chiede ai testi sacri, a se stesso e ai lettori il senso delle domande di Gesù, disquisisce sull’arte della domanda e pone Cristo, la vita di ognuno di noi e del mondo come domanda assoluta e perenne, che si incarna nel quotidiano, con le sue scelte e i suoi dubbi, i rovelli e le illuminazioni.

Scegliamo questo momento per presentare ai lettori de La Civetta di Minerva questo volumetto, insieme a Con gli occhi di Maria. La preghiera del Rosario (uscito sempre per i tipi delle Edizioni Dehoniane di Bologna nel 2016), proprio perché dopo gli effimeri fasti del Carnevale inizia un tempo forte e significativo: “La Quaresima, tempo di preparazione al passaggio della grazia, è il frammento che raccoglie domande umane e divine; la Pasqua, spazio di contemplazione amorosa e operosa, è il frattempo che racchiude racconti fraterni e filiali” (p. 7).

La scrittura di Padre Luca è colta, narrativa, poetica e pregna di pensiero insieme; le meditazioni, pensate per ogni stazione della Via Crucis o per le poste del Rosario nel caso del volume sulla Madonna, hanno un piglio di racconto e di pausa contemplativa insieme, con il gusto della parola scelta e preziosa. Con gli occhi di Maria. La preghiera del Rosario rappresenta infatti una meditazione su Maria, un invito a ripensare la preghiera del Rosario e la vita stessa (di cui l’antica e sempre nuova preghiera è figura, simbolo, allegoria, col suo percorso vocale, mentale e spirituale sulla trama della ripetizione di Ave, Pater e Gloria), attraverso i misteri della compassione, della misericordia (leitmotiv dell’anno giubilare appena trascorso), attraverso la vita di Maria e Gesù e la nostra.

LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2209:la-civetta-di-minerva-in-edicola-il-nuovo-numero-del-24-marzo-2017&catid=15:attualita&Itemid=139

Sostieni il nostro impegno: chiedilo in edicola. Per te è solo un euro, per noi un grande aiuto, per la realtà sociale un mezzo di informazione libero, unico e originale. Non fermiamo le poche voci che sono svincolate da chi decide cosa e quando bisogna sapere. L’informazione è potere. Riappropriamoci della capacità di avere un nostro strumento d’informazione. Ti aspettiamo!

Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

Alcuni dei miei ultimi articoli…

Mostra a Floridia di Tranchino, il maestro di cui scrisse Sciascia

“Di Siracusa rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

“I libri sono per me imprescindibili e la mia pittura si nutre di letteratura”: così ebbe a dirci qualche anno fa il maestro Gaetano Tranchino nel corso di una preziosa intervista in occasione di una mostra siracusana delle sue opere.

Classe 1938, carattere schivo, pochi viaggi e ancor meno presenzialismo da artista “fashion” o engagé, forti legami con il teatro e le radici della nostra cultura, questo artista così imbevuto di cultura classica, di sicilianità nel suo senso più alto, di tecnica sperimentata ogni giorno da più di sessant’anni, espone le sue opere in una personale organizzata dalla “ProLoco Floridia” in occasione delle festività natalizie: “Immagini della memoria” è il titolo della mostra presso la Galleria Civica d’Arte Moderna del Palazzo Raeli di Floridia. Inaugurata mercoledì scorso, sarà possibile visitarla fino al 7 gennaio.  Il testo critico verrà affidato all’architetto Salvatore Rapisarda.

“Seguo il lavoro di Tranchino da più di vent’ anni: da quando, non so più su quale giornale e per quale mostra, ho visto la riproduzione di un suo quadro e, capitando a Siracusa, in compagnia di Dominique Fernandez, che allora passava le estati in una casetta sul mare di Pachino, sono andato nel suo studio. Lavoro, dico, per improprio – in questo caso – modo di dire: Tranchino, stendhalianamente e savinianamente, non lavora […], si diletta: dipinge cioè con diletto, con piacere, come in una prolungata vacanza — tanto prolungata –, continua ed intensa da assorbire interamente la sua vita. E forse appunto da ciò nasce l’attenzione, il sodalizio, l’amicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti proprio nel senso di cui discorreva Savinio per Clerici. E non che il dilettarsi escluda i «latinucci», la ricerca, I’inquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera, sempre, di «divertimento», di gioco esistenziale. Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola ad avvertimento del presente; del destino, anche: e così trascorrendo le immagini, le metafore, gli emblemi da Omero a Conrad, con alquante postille borgesiane.

Otto Weininger diceva che a Siracusa si può nascere o morire, non vivere. Pensava, forse, a Platen che è andato a morirvi. Ma Tranchino non solo serenamente ci vive, ma ne rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

Queste le parole di Leonardo Sciascia su Tranchino e migliore biglietto da visita non potrebbe esistere per un artista, oltre a quanto scritto da critici, sodali e amici come Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo o Claude Ambroise.

Il titolo della mostra ci rimanda a uno dei temi, dei leitmotiv dell’arte di Tranchino: “balconate, muri del giardino, palme nane, colonne mozze, uomo tormentato intorno a un libro, chiazze interstiziali di colori, la casa, approdi…” e gli altri soggetti delle sue opere sono quello che sono e molto di più, cioè la doppia immagine di un oggetto e del suo ricordo, della sua traccia mnestica e del suo essere mithos, racconto di un passato reale e favoloso insieme, la cosa e il suo eternarsi letterario e artistico. Memoria.

Questo vale a maggior ragione per la Sicilia di Tranchino, terra impastata di memorie stratificate e materiche come la texture delle sue opere, terra mai abbandonata, sempre presente sia fisicamente che nel ricordo, imago essa stessa, reale e atemporale insieme come i sogni, come uno stream of consciousness di forme e colori, di racconto e rimembranze.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2052:il-teatro-comunale-ha-aperto-il-2017-come-meglio-non-si-poteva&catid=17&Itemid=143

Il Teatro Comunale ha aperto il 2017 come meglio non si poteva

Maria Lucia Riccioli
Martedì, 07 Febbraio 2017 09:11

Straordinario il concerto pianistico del compositore Orazio Sciortino; coi suoi valzer ha fatto viaggiare gli spettatori tra epoche e stili vibranti ed entusiasmanti

La Civetta di Minerva, 13 gennaio 2017

Il Teatro comunale di Siracusa finalmente restituito e aperto alla città tra una natalizia ghirlanda di polemiche e commenti (su agibilità, serata inaugurale più o meno aperta ai notabiles a vario titolo con un programma accompagnato da un pianoforte digitale, su programmazione, artisti invitati, costi, temperatura e perfino sul nome Massimo), ha aperto il 2017 come meglio non si sarebbe potuto: il pianista, compositore e direttore d’orchestra Orazio Sciortino, siracusano doc, con il suo “Invito al valzer” ha inaugurato il 2017 con uno straordinario concerto pianistico.

Non solo Sciortino è un musicista di eccezionale caratura, ma può essere considerato un eccellente divulgatore: ha spiegato ogni brano eseguito inquadrandolo nella rispettiva temperie storico-culturale.

Come sappiamo, il valzer è l’evoluzione di una danza popolare, il Ländler, in Austria e nel sud della Germania, ma il tempo ternario che scandisce i passi del ballo non è soltanto musica d’intrattenimento: sulle partiture dei compositori l’un-ta-ta della danza è divenuto descrizione di paesaggi geografici e dell’anima: pensiamo al nord introspettivo di Grieg e Sibelius, ai colori impressionisti di Debussy, al lirismo di Chopin, all’inquietudine di Ravel, al virtuosismo di Lizst che riscrive e “remixa” le pagine operistiche più celebri del belcanto (Parisina, Lucia di Lammermoor…) facendone capolavori di agilità pianistica che trasformano lo strumento in un’intera compagine orchestrale. C’è stato spazio per Schubert – con i suoi valzer che ci riportano alle Schubertiadi, le riunioni conviviali per le quali il musicista scriveva e suonava le sue composizioni -, Prokofiev, e un Poulenc amoroso.

Indiscutibile il talento di Sciortino, che riesce ad essere energico e preciso, virtuoso e lirico insieme, facendo viaggiare l’ascoltatore tra epoche stili pianismi diversi ma godibili, vibranti ed entusiasmanti sempre.

Ci auguriamo che il nostro teatro finalmente restaurato e riaperto non ricada più nell’oblio e nella trascuratezza e che la programmazione artistica sia sempre all’altezza della bellezza e del valore culturale di quello che non dev’essere solo un bel monumento o un bel salotto della città, ma un elemento importante della crescita culturale, sociale e turistica di Siracusa.

Si è parlato della possibilità di riportare al Teatro comunale la prosa – in tal senso benaugurante la pièce pirandelliana recitata da Enrico Lo Verso -, il balletto, l’opera ed anche la grande convegnistica, che potrebbe essere un volano importante per la ripresa economica della città e per il suo inserimento in più vasti circuiti.

Chissà cosa aveva in mente l’architetto Giuseppe Damiani D’Almeyda. Chissà quali silenzi hanno custodito questo splendido edificio chiuso dal 1957.

Riassumiamo in breve le vicende della costruzione, rimandando i lettori agli autori che se ne sono occupati per saperne di più sulla genesi sofferta di questo teatro, inaugurato nel 1897 ma vagheggiato molto prima: fu Tommaso Gargallo a suggerire che un nuovo teatro a Siracusa sorgesse sul terreno di quelli che erano il Palazzo Bonanno Filangieri dei Principi di Cattolica e la Chiesa e Monastero dell’Annunziata (ricordiamo le cosiddette leggi eversive del 7 luglio 1866 sulle proprietà ecclesiastiche); è il sindaco Alessandro Statella a commissionarne la costruzione all’ingegnere militare Antonino Breda e la prima pietra viene posta il 14 marzo 1872.

Problemi strutturali, un nuovo ingegnere (Giambattista Basile), modifiche al progetto, demolizioni, rifacimenti: tre anni di lavori e viene nominato il D’Almeyda, contenziosi, ulteriori lavori e finalmente l’inaugurazione nel 1897.

Ma non è finita qui: nel 1957 la chiusura per lavori, la riedificazione di Palazzo Pupillo a fianco del teatro e nuovi problemi alla statica dell’edificio. Notevoli i lavori di restauro dei dipinti di Mancinelli sul soffitto del teatro e delle altre decorazioni che lo adornano.

Sipario dunque? Ai Siracusani per decenni è parso di sì. La riapertura invocata agognata attesa è finalmente avvenuta: un ringraziamento a chi si è speso perché ciò avvenisse e i migliori auspici per una direzione artistica e una gestione oculate.

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Eseguita, al SS. Salvatore, dal coro polifonico De Cicco. Nella serata anche la presentazione e lettura di brani del libro “La giubba a strisce” di Franco Ferrante, sul lager nazista

La Civetta di Minerva, 27 gennaio 2017

Oggi pomeriggio alle ore 19,45 presso la Chiesa del Santissimo Salvatore, sita in Via Necropoli Grotticelle,l’Associazione culturale italo-tedesca (ACIT) di Siracusa, presieduta dall’avvocato Giuseppe Moscatt, in collaborazione con l’Associazione musicale Vittorio Guardo, celebrerà la giornata della memoria in ricordo delle vittime dell’Olocausto secondo il seguente programma: presentazione e lettura del libro La giubba a strisce di Franco Ferrante, a cura della professoressa Francesca Morale. La lettura sarà accompagnata dalla Dachau-Messe di Gregor Schwake, eseguita dal Coro Polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto dal M° Maria Carmela De Cicco e con il M° Cunegonda De Cicco all’organo.

Dachau fu il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler, e con l’espressione “spirito di Dachau” si intende il terrore spietato che venne poi esportato come orrifico paradigma negli altri campi. “Arbeit macht frei” (“il lavoro rende liberi”) fu lo slogan di Dachau, divenuto il simbolo stesso della crudeltà cinica perpetrata ai danni di ebrei, rom, sinti, omosessuali, disabili, prigionieri politici, religiosi, tra cui il domenicano Padre Giuseppe Girotti, morto martire il 1° aprile del 1945 in quel campo, chiamato anche “il campo dei preti” per il gran numero di sacerdoti che vi erano internati e che comunque continuavano anche in quelle terribili condizioni la loro opera di evangelizzazione e testimonianza.

Thomas Saintourens, nel volume “Il maestro” (Piemme Voci), offre alla nostra attenzione la figura delbenedettino Gregor Schwake, un religioso per il quale la musica è il leitmotiv: viene arrestato proprio durante una lezione di musica e il 2 gennaio 1944 arriva a Dachau, preceduto dalla sua fama di musicista. Suona la chitarra, il violoncello, il violino, il pianoforte, il trombone e l’organo e da internato compone una Melodia per l’Epifania e soprattutto la Dachau-Messe, la Messa di Dachau, eseguita per la prima volta il 24 settembre del 1944 per la Madonna della Mercede e con un “ardore tale da far tremare i muri del blocco 26”.

Quando il campo verrà liberato, padre Gregor tornerà alla sua comunità e al suo organo, che non lascerà fino alla sua morte, avvenuta il 13 giugno del 1967.

Fortunosamente vengono recuperati gli spartiti della Messa, poi eseguita in prima assoluta e registrata a Roma nella Basilica di Sant’Anselmo all’Aventino il 22 gennaio 2011 insieme ad altre composizioni del sacerdote, che sognava proprio quella chiesa per far risuonare le proprie melodie.

Musica come espressione di fede, come testimonianza, come strumento di evangelizzazione, come luce e conforto nelle tenebre dell’odio cieco e fanatico, come faro di memoria e segno di unità, speranza e pace.

E ancora…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2103:un-libro-che-ci-porta-nel-cuore-piu-segreto-di-parigi&catid=17&Itemid=143

Un libro che ci porta nel cuore più segreto di Parigi

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 16 Febbraio 2017 16:41

Presentato nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia. La Rosa conduce “lì dove hanno origine le storie”, tra intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione

La Civetta di Minerva, 10 febbraio 2017

“Ed eccoci a un appuntamento che mi sta davvero molto a cuore. Amici miei, prendete nota. Domenica 12 febbraio, alle 18.30, nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia, il mio piccolo avrà due relatori d’eccezione. I cari Simona Lo Iacono e il Prof. Paolo Giansiracusa.

Sarà con noi Marilia Di Giovanni. Ci saranno Raymond Radiguet, Jean Cocteau, Renée Vivien, Natalie Clifford Barney, Carlos Casagemas, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Simone Thiroux, Djuna Barnes, Thelma Wood, e l’adorato Frédéric Bazille. Sarà una festa (mobile). Non mancate”.

Queste le parole dello stesso autore per invitare i lettori siracusani alla presentazione del libro “Quel nome è amore – Itinerari d’artista a Parigi”, uscito per i tipi di “Ad est dell’Equatore”.

La Parigi che era stata protagonista del precedente “Solo a Parigi e non altrove” è la città che sembra non esaurire mai le storie che ospita e quelle cui ha fatto da palcoscenico, nido sfondo contrappunto, scenografia sempre nuova e uguale a se stessa, città-personaggio con i suoi cieli, l’acqua della Senna, il brulicare delle sue vite tra boulevard arrondissement e palazzi.

La Rosa ci porta nel suo cuore più segreto, “dove hanno origine le storie”, e ci conduce con il suo passo non da turista – spesso irretito dallo strato più banale e commerciale del volto di Parigi – e neppure da viaggiatore seppure esperto, ma da autentico flaneur, passeggiatore per vocazione, camminatore per spirito di contemplazione, indagatore apparentemente svagato ma pronto all’incanto, alla scoperta, alla rivelazione: “Mi piace che sia il caso a tracciare le mie rotte”, fa confessare al suo protagonista e alter ego.

Non sorprende la collana di storie che perla dopo perla l’autore annoda con il filo della sua scrittura fluida e poetica: intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione.

I secoli si intrecciano, i piani temporali si mescolano e sembra quasi naturale vedere per strada Cocteau e sentire richiami da ere perdute, pettegolezzi dall’Ottocento, l’eco di stivali della Gestapo dal secolo breve: Radiguet e Picasso, Modigliani e la Vivien…

Il protagonista e l’autore li seguono e si fanno inseguire dai loro spettri, dalle tracce luminose come bave di lucciola sui cieli, sulle facciate, sulle lapidi dei cimiteri, nei letti di palazzi e camere d’albergo, sotto i lampioni, sulle panchine e i ponti, in una sorta di pilgrimage letterario, seguendo una devozione alla bellezza che ha nome Amore.

Ad illustrare – ma no, è molto di più – il volume, le mappe disegnate dall’artista catanese Alessio Grillo, interprete dei percorsi sentimentali del protagonista: sotto i nostri occhi si squaderna la geografia del cuore di Luigi La Rosa, la Parigi che diventa una calviniana città invisibile dei suoi eroi poetici, il suo pantheon di artisti come lui innamorati della Ville Lumière, festa mobile d’Europa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

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The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

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LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

LA CIVETTA DI MINERVA del 10 marzo 2017

15 mercoledì Mar 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Ecco il link ad uno dei miei ultimi articoli usciti per LA CIVETTA DI MINERVA…

Nell’ultimo libro del sacerdote i quesiti assoluti e perenni che s’incarnano nel nostro quotidiano. Scrittura colta, narrativa, poetica e pregna di pensiero; le meditazioni hanno un piglio di racconto

La Civetta di Minerva, 24 febbraio 2017

Contaminando le parole di papa Francesco e Milan Kundera, Lec, Kierkegaard e Kant, interrogando il Vangelo, padre Luca Saraceno – parroco e docente di Ermeneutica filosofica e Storia della filosofia moderna e contemporanea presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania, docente invitato di Filosofia sistematica all’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Metodio di Siracusa –, che si era occupato in un precedente volume – La saggezza delle lacrime. Papa Francesco e il significato del pianto (EDB, Bologna 2015) – del senso del piangere umano e divino, in Tempo di domande. La passione di Gesù si racconta (EDB, Bologna 2016) chiede ai testi sacri, a se stesso e ai lettori il senso delle domande di Gesù, disquisisce sull’arte della domanda e pone Cristo, la vita di ognuno di noi e del mondo come domanda assoluta e perenne, che si incarna nel quotidiano, con le sue scelte e i suoi dubbi, i rovelli e le illuminazioni.

Scegliamo questo momento per presentare ai lettori de La Civetta di Minerva questo volumetto, insieme a Con gli occhi di Maria. La preghiera del Rosario (uscito sempre per i tipi delle Edizioni Dehoniane di Bologna nel 2016), proprio perché dopo gli effimeri fasti del Carnevale inizia un tempo forte e significativo: “La Quaresima, tempo di preparazione al passaggio della grazia, è il frammento che raccoglie domande umane e divine; la Pasqua, spazio di contemplazione amorosa e operosa, è il frattempo che racchiude racconti fraterni e filiali” (p. 7).

La scrittura di Padre Luca è colta, narrativa, poetica e pregna di pensiero insieme; le meditazioni, pensate per ogni stazione della Via Crucis o per le poste del Rosario nel caso del volume sulla Madonna, hanno un piglio di racconto e di pausa contemplativa insieme, con il gusto della parola scelta e preziosa. Con gli occhi di Maria. La preghiera del Rosario rappresenta infatti una meditazione su Maria, un invito a ripensare la preghiera del Rosario e la vita stessa (di cui l’antica e sempre nuova preghiera è figura, simbolo, allegoria, col suo percorso vocale, mentale e spirituale sulla trama della ripetizione di Ave, Pater e Gloria), attraverso i misteri della compassione, della misericordia (leitmotiv dell’anno giubilare appena trascorso), attraverso la vita di Maria e Gesù e la nostra.

LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2163:la-civetta-di-minerva-in-edicola-il-nuovo-numero-del-10-marzo-2017&catid=15:attualita&Itemid=139

Sostieni il nostro impegno: chiedilo in edicola. Per te è solo un euro, per noi un grande aiuto, per la realtà sociale un mezzo di informazione libero, unico e originale. Non fermiamo le poche voci che sono svincolate da chi decide cosa e quando bisogna sapere. L’informazione è potere. Riappropriamoci della capacità di avere un nostro strumento d’informazione. Ti aspettiamo!

Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

Alcuni dei miei ultimi articoli…

 

 

Mostra a Floridia di Tranchino, il maestro di cui scrisse Sciascia

“Di Siracusa rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

“I libri sono per me imprescindibili e la mia pittura si nutre di letteratura”: così ebbe a dirci qualche anno fa il maestro Gaetano Tranchino nel corso di una preziosa intervista in occasione di una mostra siracusana delle sue opere.

Classe 1938, carattere schivo, pochi viaggi e ancor meno presenzialismo da artista “fashion” o engagé, forti legami con il teatro e le radici della nostra cultura, questo artista così imbevuto di cultura classica, di sicilianità nel suo senso più alto, di tecnica sperimentata ogni giorno da più di sessant’anni, espone le sue opere in una personale organizzata dalla “ProLoco Floridia” in occasione delle festività natalizie: “Immagini della memoria” è il titolo della mostra presso la Galleria Civica d’Arte Moderna del Palazzo Raeli di Floridia. Inaugurata mercoledì scorso, sarà possibile visitarla fino al 7 gennaio.  Il testo critico verrà affidato all’architetto Salvatore Rapisarda.

“Seguo il lavoro di Tranchino da più di vent’ anni: da quando, non so più su quale giornale e per quale mostra, ho visto la riproduzione di un suo quadro e, capitando a Siracusa, in compagnia di Dominique Fernandez, che allora passava le estati in una casetta sul mare di Pachino, sono andato nel suo studio. Lavoro, dico, per improprio – in questo caso – modo di dire: Tranchino, stendhalianamente e savinianamente, non lavora […], si diletta: dipinge cioè con diletto, con piacere, come in una prolungata vacanza — tanto prolungata –, continua ed intensa da assorbire interamente la sua vita. E forse appunto da ciò nasce l’attenzione, il sodalizio, l’amicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti proprio nel senso di cui discorreva Savinio per Clerici. E non che il dilettarsi escluda i «latinucci», la ricerca, I’inquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera, sempre, di «divertimento», di gioco esistenziale. Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola ad avvertimento del presente; del destino, anche: e così trascorrendo le immagini, le metafore, gli emblemi da Omero a Conrad, con alquante postille borgesiane.

Otto Weininger diceva che a Siracusa si può nascere o morire, non vivere. Pensava, forse, a Platen che è andato a morirvi. Ma Tranchino non solo serenamente ci vive, ma ne rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

Queste le parole di Leonardo Sciascia su Tranchino e migliore biglietto da visita non potrebbe esistere per un artista, oltre a quanto scritto da critici, sodali e amici come Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo o Claude Ambroise.

Il titolo della mostra ci rimanda a uno dei temi, dei leitmotiv dell’arte di Tranchino: “balconate, muri del giardino, palme nane, colonne mozze, uomo tormentato intorno a un libro, chiazze interstiziali di colori, la casa, approdi…” e gli altri soggetti delle sue opere sono quello che sono e molto di più, cioè la doppia immagine di un oggetto e del suo ricordo, della sua traccia mnestica e del suo essere mithos, racconto di un passato reale e favoloso insieme, la cosa e il suo eternarsi letterario e artistico. Memoria.

Questo vale a maggior ragione per la Sicilia di Tranchino, terra impastata di memorie stratificate e materiche come la texture delle sue opere, terra mai abbandonata, sempre presente sia fisicamente che nel ricordo, imago essa stessa, reale e atemporale insieme come i sogni, come uno stream of consciousness di forme e colori, di racconto e rimembranze.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2052:il-teatro-comunale-ha-aperto-il-2017-come-meglio-non-si-poteva&catid=17&Itemid=143

Il Teatro Comunale ha aperto il 2017 come meglio non si poteva

Maria Lucia Riccioli
Martedì, 07 Febbraio 2017 09:11

Straordinario il concerto pianistico del compositore Orazio Sciortino; coi suoi valzer ha fatto viaggiare gli spettatori tra epoche e stili vibranti ed entusiasmanti

La Civetta di Minerva, 13 gennaio 2017

Il Teatro comunale di Siracusa finalmente restituito e aperto alla città tra una natalizia ghirlanda di polemiche e commenti (su agibilità, serata inaugurale più o meno aperta ai notabiles a vario titolo con un programma accompagnato da un pianoforte digitale, su programmazione, artisti invitati, costi, temperatura e perfino sul nome Massimo), ha aperto il 2017 come meglio non si sarebbe potuto: il pianista, compositore e direttore d’orchestra Orazio Sciortino, siracusano doc, con il suo “Invito al valzer” ha inaugurato il 2017 con uno straordinario concerto pianistico.

Non solo Sciortino è un musicista di eccezionale caratura, ma può essere considerato un eccellente divulgatore: ha spiegato ogni brano eseguito inquadrandolo nella rispettiva temperie storico-culturale.

Come sappiamo, il valzer è l’evoluzione di una danza popolare, il Ländler, in Austria e nel sud della Germania, ma il tempo ternario che scandisce i passi del ballo non è soltanto musica d’intrattenimento: sulle partiture dei compositori l’un-ta-ta della danza è divenuto descrizione di paesaggi geografici e dell’anima: pensiamo al nord introspettivo di Grieg e Sibelius, ai colori impressionisti di Debussy, al lirismo di Chopin, all’inquietudine di Ravel, al virtuosismo di Lizst che riscrive e “remixa” le pagine operistiche più celebri del belcanto (Parisina, Lucia di Lammermoor…) facendone capolavori di agilità pianistica che trasformano lo strumento in un’intera compagine orchestrale. C’è stato spazio per Schubert – con i suoi valzer che ci riportano alle Schubertiadi, le riunioni conviviali per le quali il musicista scriveva e suonava le sue composizioni -, Prokofiev, e un Poulenc amoroso.

Indiscutibile il talento di Sciortino, che riesce ad essere energico e preciso, virtuoso e lirico insieme, facendo viaggiare l’ascoltatore tra epoche stili pianismi diversi ma godibili, vibranti ed entusiasmanti sempre.

Ci auguriamo che il nostro teatro finalmente restaurato e riaperto non ricada più nell’oblio e nella trascuratezza e che la programmazione artistica sia sempre all’altezza della bellezza e del valore culturale di quello che non dev’essere solo un bel monumento o un bel salotto della città, ma un elemento importante della crescita culturale, sociale e turistica di Siracusa.

Si è parlato della possibilità di riportare al Teatro comunale la prosa – in tal senso benaugurante la pièce pirandelliana recitata da Enrico Lo Verso -, il balletto, l’opera ed anche la grande convegnistica, che potrebbe essere un volano importante per la ripresa economica della città e per il suo inserimento in più vasti circuiti.

Chissà cosa aveva in mente l’architetto Giuseppe Damiani D’Almeyda. Chissà quali silenzi hanno custodito questo splendido edificio chiuso dal 1957.

Riassumiamo in breve le vicende della costruzione, rimandando i lettori agli autori che se ne sono occupati per saperne di più sulla genesi sofferta di questo teatro, inaugurato nel 1897 ma vagheggiato molto prima: fu Tommaso Gargallo a suggerire che un nuovo teatro a Siracusa sorgesse sul terreno di quelli che erano il Palazzo Bonanno Filangieri dei Principi di Cattolica e la Chiesa e Monastero dell’Annunziata (ricordiamo le cosiddette leggi eversive del 7 luglio 1866 sulle proprietà ecclesiastiche); è il sindaco Alessandro Statella a commissionarne la costruzione all’ingegnere militare Antonino Breda e la prima pietra viene posta il 14 marzo 1872.

Problemi strutturali, un nuovo ingegnere (Giambattista Basile), modifiche al progetto, demolizioni, rifacimenti: tre anni di lavori e viene nominato il D’Almeyda, contenziosi, ulteriori lavori e finalmente l’inaugurazione nel 1897.

Ma non è finita qui: nel 1957 la chiusura per lavori, la riedificazione di Palazzo Pupillo a fianco del teatro e nuovi problemi alla statica dell’edificio. Notevoli i lavori di restauro dei dipinti di Mancinelli sul soffitto del teatro e delle altre decorazioni che lo adornano.

Sipario dunque? Ai Siracusani per decenni è parso di sì. La riapertura invocata agognata attesa è finalmente avvenuta: un ringraziamento a chi si è speso perché ciò avvenisse e i migliori auspici per una direzione artistica e una gestione oculate.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2067:memoria-dell-olocausto-in-chiesa-la-dachau-messe-di-schwake&catid=17&Itemid=143

Eseguita, al SS. Salvatore, dal coro polifonico De Cicco. Nella serata anche la presentazione e lettura di brani del libro “La giubba a strisce” di Franco Ferrante, sul lager nazista

La Civetta di Minerva, 27 gennaio 2017

Oggi pomeriggio alle ore 19,45 presso la Chiesa del Santissimo Salvatore, sita in Via Necropoli Grotticelle,l’Associazione culturale italo-tedesca (ACIT) di Siracusa, presieduta dall’avvocato Giuseppe Moscatt, in collaborazione con l’Associazione musicale Vittorio Guardo, celebrerà la giornata della memoria in ricordo delle vittime dell’Olocausto secondo il seguente programma: presentazione e lettura del libro La giubba a strisce di Franco Ferrante, a cura della professoressa Francesca Morale. La lettura sarà accompagnata dalla Dachau-Messe di Gregor Schwake, eseguita dal Coro Polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto dal M° Maria Carmela De Cicco e con il M° Cunegonda De Cicco all’organo.

Dachau fu il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler, e con l’espressione “spirito di Dachau” si intende il terrore spietato che venne poi esportato come orrifico paradigma negli altri campi. “Arbeit macht frei” (“il lavoro rende liberi”) fu lo slogan di Dachau, divenuto il simbolo stesso della crudeltà cinica perpetrata ai danni di ebrei, rom, sinti, omosessuali, disabili, prigionieri politici, religiosi, tra cui il domenicano Padre Giuseppe Girotti, morto martire il 1° aprile del 1945 in quel campo, chiamato anche “il campo dei preti” per il gran numero di sacerdoti che vi erano internati e che comunque continuavano anche in quelle terribili condizioni la loro opera di evangelizzazione e testimonianza.

Thomas Saintourens, nel volume “Il maestro” (Piemme Voci), offre alla nostra attenzione la figura delbenedettino Gregor Schwake, un religioso per il quale la musica è il leitmotiv: viene arrestato proprio durante una lezione di musica e il 2 gennaio 1944 arriva a Dachau, preceduto dalla sua fama di musicista. Suona la chitarra, il violoncello, il violino, il pianoforte, il trombone e l’organo e da internato compone una Melodia per l’Epifania e soprattutto la Dachau-Messe, la Messa di Dachau, eseguita per la prima volta il 24 settembre del 1944 per la Madonna della Mercede e con un “ardore tale da far tremare i muri del blocco 26”.

Quando il campo verrà liberato, padre Gregor tornerà alla sua comunità e al suo organo, che non lascerà fino alla sua morte, avvenuta il 13 giugno del 1967.

Fortunosamente vengono recuperati gli spartiti della Messa, poi eseguita in prima assoluta e registrata a Roma nella Basilica di Sant’Anselmo all’Aventino il 22 gennaio 2011 insieme ad altre composizioni del sacerdote, che sognava proprio quella chiesa per far risuonare le proprie melodie.

Musica come espressione di fede, come testimonianza, come strumento di evangelizzazione, come luce e conforto nelle tenebre dell’odio cieco e fanatico, come faro di memoria e segno di unità, speranza e pace.

E ancora…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2103:un-libro-che-ci-porta-nel-cuore-piu-segreto-di-parigi&catid=17&Itemid=143

Un libro che ci porta nel cuore più segreto di Parigi

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 16 Febbraio 2017 16:41

Presentato nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia. La Rosa conduce “lì dove hanno origine le storie”, tra intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione

La Civetta di Minerva, 10 febbraio 2017

“Ed eccoci a un appuntamento che mi sta davvero molto a cuore. Amici miei, prendete nota. Domenica 12 febbraio, alle 18.30, nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia, il mio piccolo avrà due relatori d’eccezione. I cari Simona Lo Iacono e il Prof. Paolo Giansiracusa.

Sarà con noi Marilia Di Giovanni. Ci saranno Raymond Radiguet, Jean Cocteau, Renée Vivien, Natalie Clifford Barney, Carlos Casagemas, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Simone Thiroux, Djuna Barnes, Thelma Wood, e l’adorato Frédéric Bazille. Sarà una festa (mobile). Non mancate”.

Queste le parole dello stesso autore per invitare i lettori siracusani alla presentazione del libro “Quel nome è amore – Itinerari d’artista a Parigi”, uscito per i tipi di “Ad est dell’Equatore”.

La Parigi che era stata protagonista del precedente “Solo a Parigi e non altrove” è la città che sembra non esaurire mai le storie che ospita e quelle cui ha fatto da palcoscenico, nido sfondo contrappunto, scenografia sempre nuova e uguale a se stessa, città-personaggio con i suoi cieli, l’acqua della Senna, il brulicare delle sue vite tra boulevard arrondissement e palazzi.

La Rosa ci porta nel suo cuore più segreto, “dove hanno origine le storie”, e ci conduce con il suo passo non da turista – spesso irretito dallo strato più banale e commerciale del volto di Parigi – e neppure da viaggiatore seppure esperto, ma da autentico flaneur, passeggiatore per vocazione, camminatore per spirito di contemplazione, indagatore apparentemente svagato ma pronto all’incanto, alla scoperta, alla rivelazione: “Mi piace che sia il caso a tracciare le mie rotte”, fa confessare al suo protagonista e alter ego.

Non sorprende la collana di storie che perla dopo perla l’autore annoda con il filo della sua scrittura fluida e poetica: intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione.

I secoli si intrecciano, i piani temporali si mescolano e sembra quasi naturale vedere per strada Cocteau e sentire richiami da ere perdute, pettegolezzi dall’Ottocento, l’eco di stivali della Gestapo dal secolo breve: Radiguet e Picasso, Modigliani e la Vivien…

Il protagonista e l’autore li seguono e si fanno inseguire dai loro spettri, dalle tracce luminose come bave di lucciola sui cieli, sulle facciate, sulle lapidi dei cimiteri, nei letti di palazzi e camere d’albergo, sotto i lampioni, sulle panchine e i ponti, in una sorta di pilgrimage letterario, seguendo una devozione alla bellezza che ha nome Amore.

Ad illustrare – ma no, è molto di più – il volume, le mappe disegnate dall’artista catanese Alessio Grillo, interprete dei percorsi sentimentali del protagonista: sotto i nostri occhi si squaderna la geografia del cuore di Luigi La Rosa, la Parigi che diventa una calviniana città invisibile dei suoi eroi poetici, il suo pantheon di artisti come lui innamorati della Ville Lumière, festa mobile d’Europa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

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The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

http://www.lacivettapress.it/it/

LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

LA CIVETTA DI MINERVA del 24 febbraio 2017

04 sabato Mar 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Ecco il nuovo numero in edicola dal 24 febbraio!

LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

Sostieni il nostro impegno: chiedilo in edicola. Per te è solo un euro, per noi un grande aiuto, per la realtà sociale un mezzo di informazione libero, unico e originale. Non fermiamo le poche voci che sono svincolate da chi decide cosa e quando bisogna sapere. L’informazione è potere. Riappropriamoci della capacità di avere un nostro strumento d’informazione. Ti aspettiamo!

Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

Troverete due pezzi firmati da me…

On line troverete sempre i nostri articoli confluiti dal cartaceo… ecco il link ad alcuni dei miei ultimi pezzi.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2007:con-mike-bongiorno-si-cimentarono-i-siracusani-casole-e-puzzo&catid=17&Itemid=143

“Con Mike Bongiorno si cimentarono i siracusani Casole e Puzzo”

Pino Frisoli, storico della televisione e dello sport, autore con Eddy Anselmi di “Rischiatutto – Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione”: “Giuseppe Puzzo ne fu campione dall’8 al 29 novembre 1973”

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

I lettori de “La Civetta di Minerva” ricorderanno che la scorsa primavera alla “Prova pulsante – Quasi quasi Rischiatutto”, andata in onda su RaiTre e condotta da Fabio Fazio, il professor Osvaldo Terranova, docente di Lettere presso il Liceo polivalente “Marco Fabio Quintiliano” di Siracusa, ha risposto a una batteria di domande su Gianni Morandi e Ugo Foscolo.

Ma il professore siracusano non è il primo siciliano né il primo aretuseo a tentare la partecipazione alla mitica trasmissione Rai “Rischiatutto”, vero fenomeno televisivo in un’epoca in cui i social erano di là da venire.

“La Civetta di Minerva” ha chiesto lumi in tal senso a Pino Frisoli, storico della televisione e dello sport, che insieme a Eddy Anselmi ha pubblicato per i tipi Rai Eri “Rischiatutto – Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione”: una carrellata puntuale e nostalgica di nomi e volti – dalla “valletta” Sabina Ciuffini al “signor No” Ludovico Peregrini, ai concorrenti Inardi, Longari… – per un “Come eravamo” fatto di buste e “colpi di scena”.

“Mi chiedevi notizie dei concorrenti siciliani di Rischiatutto. Nella puntata del 2 luglio 1970 la Sicilia era una delle domande del tabellone. Nella puntata del 29 ottobre 1970 partecipò la 25enne studentessa di lettere palermitana Elettra Maniscalco, che si presentava su Giovanni Verga, eletta “Miss Rischiatutto” dai tecnici della trasmissione: impensierì il campione Giancarlo Rolfi prima di cedere alla distanza. Il 26 ottobre 1972, nella prima puntata dell’edizione 1972/’73, la nuova campionessa è Ines Giuffrè, 43enne insegnante di Naso, in provincia di Messina, che risponde a domande su vita e opere di Virgilio. È stata la più brava studentessa della Sicilia ed era stata riserva, senza prendere parte alla trasmissione, dell’ultima puntata di “Lascia o raddoppia?”. Rimarrà in carica una sola puntata. Nella puntata del 25 gennaio 1973 si presentano due concorrenti siciliani di nascita: Angelo Bausone, studente all’istituto magistrale di Vigevano, che si cimenta sulla storia della filosofia greca, ha appena compiuto 18 anni ed è il più giovane concorrente nella storia di Rischiatutto; il pubblico è dalla sua parte, ma Bausone termina sotto zero e non riesce nemmeno a partecipare al raddoppio in cabina, ma alla fine della trasmissione il campione, Domenico Giacomino Piovano, annuncia che gli cederà un milione per aiutarlo a proseguire gli studi; l’altra sfidante è una professoressa di Lettere di Narni nata a Catania, la signorina Santa Mirone, 33enne, che risponde a domande sul cinema italiano del dopoguerra. Nella puntata del 3 maggio 1973 partecipa Alberto Cusimano di Palermo, maestro elementare nel torinese, che si presenta sulla storia della Sicilia e di Roma: termina però sotto zero il gioco del tabellone e non accede alle domande del raddoppio. Nella puntata del 17 maggio 1973 è la volta di Emanuele Di Stefano, 39enne poliglotta di Palermo, funzionario dei servizi esteri di un istituto di credito, che si presenta per la geografia mondiale. È proprio Di Stefano a rispondere alla domanda di Mike Bongiorno sull’uccello lira inserita nel tabellone per l’ornitologia: questo episodio lo raccontiamo in dettaglio nel libro nel paragrafo “La misteriosa vicenda dell’ornitologia”. Nella puntata del 14 marzo 1974 concorre Vito Calogero, 48enne assicuratore milanese di origine siciliana che risponde a domande sulle tragedie di Shakespeare, ma non riesce ad assicurarsi le 200.000 lire del raddoppio minimo. Da ricordare poi, tra le parodie di Rischiatutto, quella del comico e cantante catanese Ciccio Pasticcio, al secolo Andrea Maugeri, formidabile imitatore di Franco Franchi. Tra gli anni ’70 e ’80 incise numerosi 45 giri Lp e musicassette vendutissimi in Sicilia e in uno di questi sketch “Ciccio Pasticcio a Rischiatutto”, viene ricostruita una puntata del quiz”.

E per quanto riguarda i siracusani?

“A proposito di Siracusa, nella puntata del 21 gennaio 1971 si presentò Augusto Casole, studente universitario di Augusta (Siracusa) iscritto al terzo anno di lettere che rispondeva su Giacomo Leopardi. Dall’8 al 29 novembre 1973 è campione di Rischiatutto Giuseppe Puzzo, siracusano di nascita, 39enne vice provveditore agli studi di Ascoli Piceno e per dieci anni sindaco di Moresco, piccolo paese delle Marche. Parteciperà anche alla semifinale delle edizioni dal 1972 al 1974. Finita l’esperienza a Rischiatutto, Puzzo scriverà due libri: “Le rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa” e “Lettere a un campione di Rischiatutto”.

Segnalo anche alla tua attenzione l’amico Cesare Borrometi, siracusano di nascita residente a Chivasso, uno dei più importanti esperti di storia della Tv in Italia, citato anche nei ringraziamenti nel libro e già campione di Sarabanda, quiz musicale di Italia Uno”.

Il volume è introdotto da Daniela Bongiorno, vedova di Mike, e parte dei proventi verranno devoluti alla omonima fondazione per iniziative benefiche.

Per inciso…

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Pino Frisoli ha scritto con Massimo De Luca, già direttore di Rai Sport, Sport Mediaset e conduttore della Domenica Sportiva e di Tutto il calcio minuto per minuto “Sport in Tv. Storia e storie dalle origini a oggi”. Una storia dello sport in Tv dalle origini a oggi con tanti episodi curiosi e divertenti dove si ricorda anche il siracusano Enzo Majorca in una diretta televisiva del 1974. Trovate il libro online su Ibs cliccando a questo indirizzo https://www.ibs.it/sport-in-tv-storia-storie-libro-massimo-de-luca-pino-frisoli/e/9788839715036
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Mostra a Floridia di Tranchino, il maestro di cui scrisse Sciascia

“Di Siracusa rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

“I libri sono per me imprescindibili e la mia pittura si nutre di letteratura”: così ebbe a dirci qualche anno fa il maestro Gaetano Tranchino nel corso di una preziosa intervista in occasione di una mostra siracusana delle sue opere.

Classe 1938, carattere schivo, pochi viaggi e ancor meno presenzialismo da artista “fashion” o engagé, forti legami con il teatro e le radici della nostra cultura, questo artista così imbevuto di cultura classica, di sicilianità nel suo senso più alto, di tecnica sperimentata ogni giorno da più di sessant’anni, espone le sue opere in una personale organizzata dalla “ProLoco Floridia” in occasione delle festività natalizie: “Immagini della memoria” è il titolo della mostra presso la Galleria Civica d’Arte Moderna del Palazzo Raeli di Floridia. Inaugurata mercoledì scorso, sarà possibile visitarla fino al 7 gennaio.  Il testo critico verrà affidato all’architetto Salvatore Rapisarda.

“Seguo il lavoro di Tranchino da più di vent’ anni: da quando, non so più su quale giornale e per quale mostra, ho visto la riproduzione di un suo quadro e, capitando a Siracusa, in compagnia di Dominique Fernandez, che allora passava le estati in una casetta sul mare di Pachino, sono andato nel suo studio. Lavoro, dico, per improprio – in questo caso – modo di dire: Tranchino, stendhalianamente e savinianamente, non lavora […], si diletta: dipinge cioè con diletto, con piacere, come in una prolungata vacanza — tanto prolungata –, continua ed intensa da assorbire interamente la sua vita. E forse appunto da ciò nasce l’attenzione, il sodalizio, l’amicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti proprio nel senso di cui discorreva Savinio per Clerici. E non che il dilettarsi escluda i «latinucci», la ricerca, I’inquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera, sempre, di «divertimento», di gioco esistenziale. Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola ad avvertimento del presente; del destino, anche: e così trascorrendo le immagini, le metafore, gli emblemi da Omero a Conrad, con alquante postille borgesiane.

Otto Weininger diceva che a Siracusa si può nascere o morire, non vivere. Pensava, forse, a Platen che è andato a morirvi. Ma Tranchino non solo serenamente ci vive, ma ne rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

Queste le parole di Leonardo Sciascia su Tranchino e migliore biglietto da visita non potrebbe esistere per un artista, oltre a quanto scritto da critici, sodali e amici come Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo o Claude Ambroise.

Il titolo della mostra ci rimanda a uno dei temi, dei leitmotiv dell’arte di Tranchino: “balconate, muri del giardino, palme nane, colonne mozze, uomo tormentato intorno a un libro, chiazze interstiziali di colori, la casa, approdi…” e gli altri soggetti delle sue opere sono quello che sono e molto di più, cioè la doppia immagine di un oggetto e del suo ricordo, della sua traccia mnestica e del suo essere mithos, racconto di un passato reale e favoloso insieme, la cosa e il suo eternarsi letterario e artistico. Memoria.

Questo vale a maggior ragione per la Sicilia di Tranchino, terra impastata di memorie stratificate e materiche come la texture delle sue opere, terra mai abbandonata, sempre presente sia fisicamente che nel ricordo, imago essa stessa, reale e atemporale insieme come i sogni, come uno stream of consciousness di forme e colori, di racconto e rimembranze.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2052:il-teatro-comunale-ha-aperto-il-2017-come-meglio-non-si-poteva&catid=17&Itemid=143

Il Teatro Comunale ha aperto il 2017 come meglio non si poteva

Maria Lucia Riccioli
Martedì, 07 Febbraio 2017 09:11

Straordinario il concerto pianistico del compositore Orazio Sciortino; coi suoi valzer ha fatto viaggiare gli spettatori tra epoche e stili vibranti ed entusiasmanti

La Civetta di Minerva, 13 gennaio 2017

Il Teatro comunale di Siracusa finalmente restituito e aperto alla città tra una natalizia ghirlanda di polemiche e commenti (su agibilità, serata inaugurale più o meno aperta ai notabiles a vario titolo con un programma accompagnato da un pianoforte digitale, su programmazione, artisti invitati, costi, temperatura e perfino sul nome Massimo), ha aperto il 2017 come meglio non si sarebbe potuto: il pianista, compositore e direttore d’orchestra Orazio Sciortino, siracusano doc, con il suo “Invito al valzer” ha inaugurato il 2017 con uno straordinario concerto pianistico.

Non solo Sciortino è un musicista di eccezionale caratura, ma può essere considerato un eccellente divulgatore: ha spiegato ogni brano eseguito inquadrandolo nella rispettiva temperie storico-culturale.

Come sappiamo, il valzer è l’evoluzione di una danza popolare, il Ländler, in Austria e nel sud della Germania, ma il tempo ternario che scandisce i passi del ballo non è soltanto musica d’intrattenimento: sulle partiture dei compositori l’un-ta-ta della danza è divenuto descrizione di paesaggi geografici e dell’anima: pensiamo al nord introspettivo di Grieg e Sibelius, ai colori impressionisti di Debussy, al lirismo di Chopin, all’inquietudine di Ravel, al virtuosismo di Lizst che riscrive e “remixa” le pagine operistiche più celebri del belcanto (Parisina, Lucia di Lammermoor…) facendone capolavori di agilità pianistica che trasformano lo strumento in un’intera compagine orchestrale. C’è stato spazio per Schubert – con i suoi valzer che ci riportano alle Schubertiadi, le riunioni conviviali per le quali il musicista scriveva e suonava le sue composizioni -, Prokofiev, e un Poulenc amoroso.

Indiscutibile il talento di Sciortino, che riesce ad essere energico e preciso, virtuoso e lirico insieme, facendo viaggiare l’ascoltatore tra epoche stili pianismi diversi ma godibili, vibranti ed entusiasmanti sempre.

Ci auguriamo che il nostro teatro finalmente restaurato e riaperto non ricada più nell’oblio e nella trascuratezza e che la programmazione artistica sia sempre all’altezza della bellezza e del valore culturale di quello che non dev’essere solo un bel monumento o un bel salotto della città, ma un elemento importante della crescita culturale, sociale e turistica di Siracusa.

Si è parlato della possibilità di riportare al Teatro comunale la prosa – in tal senso benaugurante la pièce pirandelliana recitata da Enrico Lo Verso -, il balletto, l’opera ed anche la grande convegnistica, che potrebbe essere un volano importante per la ripresa economica della città e per il suo inserimento in più vasti circuiti.

Chissà cosa aveva in mente l’architetto Giuseppe Damiani D’Almeyda. Chissà quali silenzi hanno custodito questo splendido edificio chiuso dal 1957.

Riassumiamo in breve le vicende della costruzione, rimandando i lettori agli autori che se ne sono occupati per saperne di più sulla genesi sofferta di questo teatro, inaugurato nel 1897 ma vagheggiato molto prima: fu Tommaso Gargallo a suggerire che un nuovo teatro a Siracusa sorgesse sul terreno di quelli che erano il Palazzo Bonanno Filangieri dei Principi di Cattolica e la Chiesa e Monastero dell’Annunziata (ricordiamo le cosiddette leggi eversive del 7 luglio 1866 sulle proprietà ecclesiastiche); è il sindaco Alessandro Statella a commissionarne la costruzione all’ingegnere militare Antonino Breda e la prima pietra viene posta il 14 marzo 1872.

Problemi strutturali, un nuovo ingegnere (Giambattista Basile), modifiche al progetto, demolizioni, rifacimenti: tre anni di lavori e viene nominato il D’Almeyda, contenziosi, ulteriori lavori e finalmente l’inaugurazione nel 1897.

Ma non è finita qui: nel 1957 la chiusura per lavori, la riedificazione di Palazzo Pupillo a fianco del teatro e nuovi problemi alla statica dell’edificio. Notevoli i lavori di restauro dei dipinti di Mancinelli sul soffitto del teatro e delle altre decorazioni che lo adornano.

Sipario dunque? Ai Siracusani per decenni è parso di sì. La riapertura invocata agognata attesa è finalmente avvenuta: un ringraziamento a chi si è speso perché ciò avvenisse e i migliori auspici per una direzione artistica e una gestione oculate.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2067:memoria-dell-olocausto-in-chiesa-la-dachau-messe-di-schwake&catid=17&Itemid=143

Eseguita, al SS. Salvatore, dal coro polifonico De Cicco. Nella serata anche la presentazione e lettura di brani del libro “La giubba a strisce” di Franco Ferrante, sul lager nazista

La Civetta di Minerva, 27 gennaio 2017

Oggi pomeriggio alle ore 19,45 presso la Chiesa del Santissimo Salvatore, sita in Via Necropoli Grotticelle,l’Associazione culturale italo-tedesca (ACIT) di Siracusa, presieduta dall’avvocato Giuseppe Moscatt, in collaborazione con l’Associazione musicale Vittorio Guardo, celebrerà la giornata della memoria in ricordo delle vittime dell’Olocausto secondo il seguente programma: presentazione e lettura del libro La giubba a strisce di Franco Ferrante, a cura della professoressa Francesca Morale. La lettura sarà accompagnata dalla Dachau-Messe di Gregor Schwake, eseguita dal Coro Polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto dal M° Maria Carmela De Cicco e con il M° Cunegonda De Cicco all’organo.

Dachau fu il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler, e con l’espressione “spirito di Dachau” si intende il terrore spietato che venne poi esportato come orrifico paradigma negli altri campi. “Arbeit macht frei” (“il lavoro rende liberi”) fu lo slogan di Dachau, divenuto il simbolo stesso della crudeltà cinica perpetrata ai danni di ebrei, rom, sinti, omosessuali, disabili, prigionieri politici, religiosi, tra cui il domenicano Padre Giuseppe Girotti, morto martire il 1° aprile del 1945 in quel campo, chiamato anche “il campo dei preti” per il gran numero di sacerdoti che vi erano internati e che comunque continuavano anche in quelle terribili condizioni la loro opera di evangelizzazione e testimonianza.

Thomas Saintourens, nel volume “Il maestro” (Piemme Voci), offre alla nostra attenzione la figura delbenedettino Gregor Schwake, un religioso per il quale la musica è il leitmotiv: viene arrestato proprio durante una lezione di musica e il 2 gennaio 1944 arriva a Dachau, preceduto dalla sua fama di musicista. Suona la chitarra, il violoncello, il violino, il pianoforte, il trombone e l’organo e da internato compone una Melodia per l’Epifania e soprattutto la Dachau-Messe, la Messa di Dachau, eseguita per la prima volta il 24 settembre del 1944 per la Madonna della Mercede e con un “ardore tale da far tremare i muri del blocco 26”.

Quando il campo verrà liberato, padre Gregor tornerà alla sua comunità e al suo organo, che non lascerà fino alla sua morte, avvenuta il 13 giugno del 1967.

Fortunosamente vengono recuperati gli spartiti della Messa, poi eseguita in prima assoluta e registrata a Roma nella Basilica di Sant’Anselmo all’Aventino il 22 gennaio 2011 insieme ad altre composizioni del sacerdote, che sognava proprio quella chiesa per far risuonare le proprie melodie.

Musica come espressione di fede, come testimonianza, come strumento di evangelizzazione, come luce e conforto nelle tenebre dell’odio cieco e fanatico, come faro di memoria e segno di unità, speranza e pace.

E ancora…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2103:un-libro-che-ci-porta-nel-cuore-piu-segreto-di-parigi&catid=17&Itemid=143

Un libro che ci porta nel cuore più segreto di Parigi

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 16 Febbraio 2017 16:41

Presentato nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia. La Rosa conduce “lì dove hanno origine le storie”, tra intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione

La Civetta di Minerva, 10 febbraio 2017

“Ed eccoci a un appuntamento che mi sta davvero molto a cuore. Amici miei, prendete nota. Domenica 12 febbraio, alle 18.30, nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia, il mio piccolo avrà due relatori d’eccezione. I cari Simona Lo Iacono e il Prof. Paolo Giansiracusa.

Sarà con noi Marilia Di Giovanni. Ci saranno Raymond Radiguet, Jean Cocteau, Renée Vivien, Natalie Clifford Barney, Carlos Casagemas, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Simone Thiroux, Djuna Barnes, Thelma Wood, e l’adorato Frédéric Bazille. Sarà una festa (mobile). Non mancate”.

Queste le parole dello stesso autore per invitare i lettori siracusani alla presentazione del libro “Quel nome è amore – Itinerari d’artista a Parigi”, uscito per i tipi di “Ad est dell’Equatore”.

La Parigi che era stata protagonista del precedente “Solo a Parigi e non altrove” è la città che sembra non esaurire mai le storie che ospita e quelle cui ha fatto da palcoscenico, nido sfondo contrappunto, scenografia sempre nuova e uguale a se stessa, città-personaggio con i suoi cieli, l’acqua della Senna, il brulicare delle sue vite tra boulevard arrondissement e palazzi.

La Rosa ci porta nel suo cuore più segreto, “dove hanno origine le storie”, e ci conduce con il suo passo non da turista – spesso irretito dallo strato più banale e commerciale del volto di Parigi – e neppure da viaggiatore seppure esperto, ma da autentico flaneur, passeggiatore per vocazione, camminatore per spirito di contemplazione, indagatore apparentemente svagato ma pronto all’incanto, alla scoperta, alla rivelazione: “Mi piace che sia il caso a tracciare le mie rotte”, fa confessare al suo protagonista e alter ego.

Non sorprende la collana di storie che perla dopo perla l’autore annoda con il filo della sua scrittura fluida e poetica: intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione.

I secoli si intrecciano, i piani temporali si mescolano e sembra quasi naturale vedere per strada Cocteau e sentire richiami da ere perdute, pettegolezzi dall’Ottocento, l’eco di stivali della Gestapo dal secolo breve: Radiguet e Picasso, Modigliani e la Vivien…

Il protagonista e l’autore li seguono e si fanno inseguire dai loro spettri, dalle tracce luminose come bave di lucciola sui cieli, sulle facciate, sulle lapidi dei cimiteri, nei letti di palazzi e camere d’albergo, sotto i lampioni, sulle panchine e i ponti, in una sorta di pilgrimage letterario, seguendo una devozione alla bellezza che ha nome Amore.

Ad illustrare – ma no, è molto di più – il volume, le mappe disegnate dall’artista catanese Alessio Grillo, interprete dei percorsi sentimentali del protagonista: sotto i nostri occhi si squaderna la geografia del cuore di Luigi La Rosa, la Parigi che diventa una calviniana città invisibile dei suoi eroi poetici, il suo pantheon di artisti come lui innamorati della Ville Lumière, festa mobile d’Europa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

———————————————————————–

The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

http://www.lacivettapress.it/it/

LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

Paesi che vai… oggi, 4 febbraio, da Siracusa!

04 sabato Feb 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Alberto Angela, Alberto Cusimano, Alfio Patti, Amuri amuri, Andrea Maugeri, Angelo Bausone, Angelo Fortuna, Anonimo 1905, Archimede, Armando Siciliano Editore, Augusto Casole, backstage, Bella Italia, Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa, Caravaggio, Castello Eurialo, Castello Maniace, Centro Studi di Tradizioni popolari Turiddu Bella, Cesare Borrometi, Ciao Italia, Ciccio Pasticcio, Claude Ambroise, Corrado Di Pietro, CSTB, Daniela Bongiorno, Dario Magini, De Chirico, Domenico Giacomino Piovano, Dominella Santoro, Dominique Fernandez, Eddy Anselmi, educazione sentimentale di un giovane, Elettra Maniscalco, Emanuele Di Stefano, Epipoli, Etna, Fabio Fazio, Ferdinando Scianna, Festival della canzone italiana, Floridia, Franco Franchi, Gaetano Tranchino, Galleria Civica d’Arte Moderna, Giancarlo Rolfi, Gianni Morandi, giornale, Giulio Reale, Giuseppe Puzzo, Il Cerchio, Il seppellimento di Santa Lucia, Immagini della memoria, Inardi, inchiesta, Inda, Ines Giuffrè, intervista, Italia Uno, La Civetta di Minerva, Lascia o raddoppia?, Le rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa, Le strade del sole, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione, Lele Scieri, Leonardo Sciascia, Lettere a un campione di Rischiatutto, Liceo polivalente “Marco Fabio Quintiliano”, Livio Leonardi, Longari, Ludovico Peregrini, Marcello, Marcello Cioè, Maria Bella, Maria Bella Raudino, Maria Lucia Riccioli, Mariannina Coffa, Mario Minniti, Mi votu e mi rivotu, Mike Bongiorno, Neapolis, Osvaldo Terranova, Otto Weininger, Paesi che vai..., Palazzo Raeli, Philippe Daverio, Piazza Duomo, Piero Angela, Pino Frisoli, ProLoco Floridia, Prova pulsante, Quasi quasi Rischiatutto, Rai 1, RaiTre, Rischiatutto – Storia, Rosa Balistreri, Sabina Ciuffini, Salvatore Di Pietro, Salvatore Rapisarda, Salvino Strano, Sanremo, Santa Lucia alla Badia, Santa Mirone, Santinella Fortuna, Sarabanda, Savinio, Sergio Leone, signor No, Silvia Scollo, Siracusa, Stefania Bove, televisione, Tommaso, Turiddu Bella, Ugo Foscolo, Una troupe racconta, Unesco, Vincenzo Consolo, Vincenzo Lombardo, Vito Calogero, World Heritage List

 

 

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

LA CIVETTA DI MINERVA del 27 gennaio 2017

29 domenica Gen 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Alberto Angela, Alberto Cusimano, Alfio Patti, Amuri amuri, Andrea Maugeri, Angelo Bausone, Angelo Fortuna, Anonimo 1905, Archimede, Armando Siciliano Editore, Augusto Casole, backstage, Bella Italia, Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa, Caravaggio, Castello Eurialo, Castello Maniace, Centro Studi di Tradizioni popolari Turiddu Bella, Cesare Borrometi, Ciao Italia, Ciccio Pasticcio, Claude Ambroise, Corrado Di Pietro, CSTB, Daniela Bongiorno, Dario Magini, De Chirico, Domenico Giacomino Piovano, Dominella Santoro, Dominique Fernandez, Eddy Anselmi, educazione sentimentale di un giovane, Elettra Maniscalco, Emanuele Di Stefano, Epipoli, Etna, Fabio Fazio, Ferdinando Scianna, Festival della canzone italiana, Floridia, Franco Franchi, Gaetano Tranchino, Galleria Civica d’Arte Moderna, Giancarlo Rolfi, Gianni Morandi, giornale, Giulio Reale, Giuseppe Puzzo, Il Cerchio, Il seppellimento di Santa Lucia, Immagini della memoria, Inardi, inchiesta, Inda, Ines Giuffrè, intervista, Italia Uno, La Civetta di Minerva, Lascia o raddoppia?, Le rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa, Le strade del sole, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione, Lele Scieri, Leonardo Sciascia, Lettere a un campione di Rischiatutto, Liceo polivalente “Marco Fabio Quintiliano”, Livio Leonardi, Longari, Ludovico Peregrini, Marcello, Marcello Cioè, Maria Bella, Maria Bella Raudino, Maria Lucia Riccioli, Mariannina Coffa, Mario Minniti, Mi votu e mi rivotu, Mike Bongiorno, Neapolis, Osvaldo Terranova, Otto Weininger, Paesi che vai..., Palazzo Raeli, Philippe Daverio, Piazza Duomo, Piero Angela, Pino Frisoli, ProLoco Floridia, Prova pulsante, Quasi quasi Rischiatutto, Rai 1, RaiTre, Rischiatutto – Storia, Rosa Balistreri, Sabina Ciuffini, Salvatore Di Pietro, Salvatore Rapisarda, Salvino Strano, Sanremo, Santa Lucia alla Badia, Santa Mirone, Santinella Fortuna, Sarabanda, Savinio, Sergio Leone, signor No, Silvia Scollo, Siracusa, Stefania Bove, televisione, Tommaso, Turiddu Bella, Ugo Foscolo, Una troupe racconta, Unesco, Vincenzo Consolo, Vincenzo Lombardo, Vito Calogero, World Heritage List

LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2043%3Ala-civetta-di-minerva-in-edicola-il-nuovo-numero-del-27-gennaio-2017&catid=15&Itemid=139

Sostieni il nostro impegno: chiedilo in edicola. Per te è solo un euro, per noi un grande aiuto, per la realtà sociale un mezzo di informazione libero, unico e originale. Non fermiamo le poche voci che sono svincolate da chi decide cosa e quando bisogna sapere. L’informazione è potere. Riappropriamoci della capacità di avere un nostro strumento d’informazione. Ti aspettiamo!

Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

 

Troverete un pezzo firmato da me…

On line troverete sempre i nostri articoli confluiti dal cartaceo… ecco il link ad alcuni dei miei ultimi pezzi.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2007:con-mike-bongiorno-si-cimentarono-i-siracusani-casole-e-puzzo&catid=17&Itemid=143

“Con Mike Bongiorno si cimentarono i siracusani Casole e Puzzo”

Pino Frisoli, storico della televisione e dello sport, autore con Eddy Anselmi di “Rischiatutto – Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione”: “Giuseppe Puzzo ne fu campione dall’8 al 29 novembre 1973”

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

I lettori de “La Civetta di Minerva” ricorderanno che la scorsa primavera alla “Prova pulsante – Quasi quasi Rischiatutto”, andata in onda su RaiTre e condotta da Fabio Fazio, il professor Osvaldo Terranova, docente di Lettere presso il Liceo polivalente “Marco Fabio Quintiliano” di Siracusa, ha risposto a una batteria di domande su Gianni Morandi e Ugo Foscolo.

Ma il professore siracusano non è il primo siciliano né il primo aretuseo a tentare la partecipazione alla mitica trasmissione Rai “Rischiatutto”, vero fenomeno televisivo in un’epoca in cui i social erano di là da venire.

“La Civetta di Minerva” ha chiesto lumi in tal senso a Pino Frisoli, storico della televisione e dello sport, che insieme a Eddy Anselmi ha pubblicato per i tipi Rai Eri “Rischiatutto – Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione”: una carrellata puntuale e nostalgica di nomi e volti – dalla “valletta” Sabina Ciuffini al “signor No” Ludovico Peregrini, ai concorrenti Inardi, Longari… – per un “Come eravamo” fatto di buste e “colpi di scena”.

“Mi chiedevi notizie dei concorrenti siciliani di Rischiatutto. Nella puntata del 2 luglio 1970 la Sicilia era una delle domande del tabellone. Nella puntata del 29 ottobre 1970 partecipò la 25enne studentessa di lettere palermitana Elettra Maniscalco, che si presentava su Giovanni Verga, eletta “Miss Rischiatutto” dai tecnici della trasmissione: impensierì il campione Giancarlo Rolfi prima di cedere alla distanza. Il 26 ottobre 1972, nella prima puntata dell’edizione 1972/’73, la nuova campionessa è Ines Giuffrè, 43enne insegnante di Naso, in provincia di Messina, che risponde a domande su vita e opere di Virgilio. È stata la più brava studentessa della Sicilia ed era stata riserva, senza prendere parte alla trasmissione, dell’ultima puntata di “Lascia o raddoppia?”. Rimarrà in carica una sola puntata. Nella puntata del 25 gennaio 1973 si presentano due concorrenti siciliani di nascita: Angelo Bausone, studente all’istituto magistrale di Vigevano, che si cimenta sulla storia della filosofia greca, ha appena compiuto 18 anni ed è il più giovane concorrente nella storia di Rischiatutto; il pubblico è dalla sua parte, ma Bausone termina sotto zero e non riesce nemmeno a partecipare al raddoppio in cabina, ma alla fine della trasmissione il campione, Domenico Giacomino Piovano, annuncia che gli cederà un milione per aiutarlo a proseguire gli studi; l’altra sfidante è una professoressa di Lettere di Narni nata a Catania, la signorina Santa Mirone, 33enne, che risponde a domande sul cinema italiano del dopoguerra. Nella puntata del 3 maggio 1973 partecipa Alberto Cusimano di Palermo, maestro elementare nel torinese, che si presenta sulla storia della Sicilia e di Roma: termina però sotto zero il gioco del tabellone e non accede alle domande del raddoppio. Nella puntata del 17 maggio 1973 è la volta di Emanuele Di Stefano, 39enne poliglotta di Palermo, funzionario dei servizi esteri di un istituto di credito, che si presenta per la geografia mondiale. È proprio Di Stefano a rispondere alla domanda di Mike Bongiorno sull’uccello lira inserita nel tabellone per l’ornitologia: questo episodio lo raccontiamo in dettaglio nel libro nel paragrafo “La misteriosa vicenda dell’ornitologia”. Nella puntata del 14 marzo 1974 concorre Vito Calogero, 48enne assicuratore milanese di origine siciliana che risponde a domande sulle tragedie di Shakespeare, ma non riesce ad assicurarsi le 200.000 lire del raddoppio minimo. Da ricordare poi, tra le parodie di Rischiatutto, quella del comico e cantante catanese Ciccio Pasticcio, al secolo Andrea Maugeri, formidabile imitatore di Franco Franchi. Tra gli anni ’70 e ’80 incise numerosi 45 giri Lp e musicassette vendutissimi in Sicilia e in uno di questi sketch “Ciccio Pasticcio a Rischiatutto”, viene ricostruita una puntata del quiz”.

E per quanto riguarda i siracusani?

“A proposito di Siracusa, nella puntata del 21 gennaio 1971 si presentò Augusto Casole, studente universitario di Augusta (Siracusa) iscritto al terzo anno di lettere che rispondeva su Giacomo Leopardi. Dall’8 al 29 novembre 1973 è campione di Rischiatutto Giuseppe Puzzo, siracusano di nascita, 39enne vice provveditore agli studi di Ascoli Piceno e per dieci anni sindaco di Moresco, piccolo paese delle Marche. Parteciperà anche alla semifinale delle edizioni dal 1972 al 1974. Finita l’esperienza a Rischiatutto, Puzzo scriverà due libri: “Le rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa” e “Lettere a un campione di Rischiatutto”.

Segnalo anche alla tua attenzione l’amico Cesare Borrometi, siracusano di nascita residente a Chivasso, uno dei più importanti esperti di storia della Tv in Italia, citato anche nei ringraziamenti nel libro e già campione di Sarabanda, quiz musicale di Italia Uno”.

Il volume è introdotto da Daniela Bongiorno, vedova di Mike, e parte dei proventi verranno devoluti alla omonima fondazione per iniziative benefiche.

Per inciso…

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Pino Frisoli ha scritto con Massimo De Luca, già direttore di Rai Sport, Sport Mediaset e conduttore della Domenica Sportiva e di Tutto il calcio minuto per minuto “Sport in Tv. Storia e storie dalle origini a oggi”. Una storia dello sport in Tv dalle origini a oggi con tanti episodi curiosi e divertenti dove si ricorda anche il siracusano Enzo Majorca in una diretta televisiva del 1974. Trovate il libro online su Ibs cliccando a questo indirizzo https://www.ibs.it/sport-in-tv-storia-storie-libro-massimo-de-luca-pino-frisoli/e/9788839715036
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Mostra a Floridia di Tranchino, il maestro di cui scrisse Sciascia

“Di Siracusa rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

“I libri sono per me imprescindibili e la mia pittura si nutre di letteratura”: così ebbe a dirci qualche anno fa il maestro Gaetano Tranchino nel corso di una preziosa intervista in occasione di una mostra siracusana delle sue opere.

Classe 1938, carattere schivo, pochi viaggi e ancor meno presenzialismo da artista “fashion” o engagé, forti legami con il teatro e le radici della nostra cultura, questo artista così imbevuto di cultura classica, di sicilianità nel suo senso più alto, di tecnica sperimentata ogni giorno da più di sessant’anni, espone le sue opere in una personale organizzata dalla “ProLoco Floridia” in occasione delle festività natalizie: “Immagini della memoria” è il titolo della mostra presso la Galleria Civica d’Arte Moderna del Palazzo Raeli di Floridia. Inaugurata mercoledì scorso, sarà possibile visitarla fino al 7 gennaio.  Il testo critico verrà affidato all’architetto Salvatore Rapisarda.

“Seguo il lavoro di Tranchino da più di vent’ anni: da quando, non so più su quale giornale e per quale mostra, ho visto la riproduzione di un suo quadro e, capitando a Siracusa, in compagnia di Dominique Fernandez, che allora passava le estati in una casetta sul mare di Pachino, sono andato nel suo studio. Lavoro, dico, per improprio – in questo caso – modo di dire: Tranchino, stendhalianamente e savinianamente, non lavora […], si diletta: dipinge cioè con diletto, con piacere, come in una prolungata vacanza — tanto prolungata –, continua ed intensa da assorbire interamente la sua vita. E forse appunto da ciò nasce l’attenzione, il sodalizio, l’amicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti proprio nel senso di cui discorreva Savinio per Clerici. E non che il dilettarsi escluda i «latinucci», la ricerca, I’inquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera, sempre, di «divertimento», di gioco esistenziale. Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola ad avvertimento del presente; del destino, anche: e così trascorrendo le immagini, le metafore, gli emblemi da Omero a Conrad, con alquante postille borgesiane.

Otto Weininger diceva che a Siracusa si può nascere o morire, non vivere. Pensava, forse, a Platen che è andato a morirvi. Ma Tranchino non solo serenamente ci vive, ma ne rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

Queste le parole di Leonardo Sciascia su Tranchino e migliore biglietto da visita non potrebbe esistere per un artista, oltre a quanto scritto da critici, sodali e amici come Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo o Claude Ambroise.

Il titolo della mostra ci rimanda a uno dei temi, dei leitmotiv dell’arte di Tranchino: “balconate, muri del giardino, palme nane, colonne mozze, uomo tormentato intorno a un libro, chiazze interstiziali di colori, la casa, approdi…” e gli altri soggetti delle sue opere sono quello che sono e molto di più, cioè la doppia immagine di un oggetto e del suo ricordo, della sua traccia mnestica e del suo essere mithos, racconto di un passato reale e favoloso insieme, la cosa e il suo eternarsi letterario e artistico. Memoria.

Questo vale a maggior ragione per la Sicilia di Tranchino, terra impastata di memorie stratificate e materiche come la texture delle sue opere, terra mai abbandonata, sempre presente sia fisicamente che nel ricordo, imago essa stessa, reale e atemporale insieme come i sogni, come uno stream of consciousness di forme e colori, di racconto e rimembranze.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

———————————————————————–

The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

http://www.lacivettapress.it/it/

LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

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