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Maria Lucia Riccioli

~ La Bellezza salverà il mondo (F. Dostoevskij).

Maria Lucia Riccioli

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LA CIVETTA DI MINERVA del 7 dicembre 2019

08 domenica Dic 2019

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Ecco la nuova prima pagina de LA CIVETTA DI MINERVA… in edicola!

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono

Ripubblico volentieri video e post che parlano del giornale. Sostenetelo, acquistatelo, abbonatevi…

https://www.facebook.com/ReportRai3/

Report questa sera 21.20 Rai3
La giustizia dovrebbe essere imparziale. Ma cosa succede se accusa, difesa e giudici si scambiano favori, soldi e informazioni segrete? Il sistema messo in piedi da Piero Amara, ex avvocato Eni, riesce a far aprire un’inchiesta presso la procura di Siracusa grazie ad una denuncia di Alessandro Ferraro, suo uomo di fiducia, che dichiara di essere stato sequestrato “da due neri ed un bianco”. Dietro la vicenda ci sarebbe un complotto contro il manager dell’Eni Claudio Descalzi. Peccato che sia il rapimento che il complotto risulteranno finti. L’inchiesta è di Luca Chianca.

#Report lunedì 21.20 Rai3
✓ Dove e chi fabbrica le divise dei militari italiani?
✓ Chi ha messo in piedi un sistema di potere per aggiustare sentenze e
aggiudicarsi appalti pubblici?

https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.raiplay.it%2Fvideo%2F2019%2F04%2FLuned236-15-aprile-0ae18f40-0a43-4ede-bd2c-9750a88c6603.html%3Ffbclid%3DIwAR3Ipk12pAvw9dI4lskqXacsl17KgpUlgIFVUXpERQFP1mKYQUPCXNgo0b8&h=AT2Sb4noRNuXFCbWweIrgjr8aSazGWja6Gqw1pTxJUFrai79uEc1wlINuzahJys78ccMJPKyotQMIuNHV-4T21buRbQx71UIoZ1qY3mfu89qN-zioR5GApKVW8HML6XEXA

Da non perdere questa puntata perché si parlerà del Sistema Siracusa, di cui si è occupato in prima linea il giornale LA CIVETTA DI MINERVA!

https://www.google.com/search?q=sistema+siracusa+%2B+la+civetta&rlz=1C1AVNA_enIT559IT562&oq=sistema+siracusa+%2B+la+civetta&aqs=chrome..69i57j0.10172j0j4&sourceid=chrome&ie=UTF-8

Report, stasera alle 21.20 su Rai 3, trasmette un’inchiesta sul sistema Amara, alias Sistema Siracusa, nell’ambito della quale anche noi della Civetta siamo stati intervistati nella sede della nostra redazione. E’ per noi – piccolo giornale di provincia – un grande onore avere questa ribalta nazionale ( F. Oddo)

La diretta con Stefano Lamorgese e Luca Chianca, che ha firmato l’inchiesta di giorno 15 sul sistema di potere messo in piedi dall’ex avvocato #Eni Piero Amara
#amaragiustizia #Report #fblive

Un grande grazie a Paolo Borrometi per le sue parole:

Magistrati, politici, imprenditori: così Siracusa mise in ginocchio l’Italia

In altre epoche saremmo già stati tutti quanti a indignarci per ciò che sta accadendo nella Magistratura del nostro Paese. Ben che vada, oggi siamo forse troppo distratti da altro per interessarci alla questione. Comunque incapaci di affrontarla nel suo insieme, ricomponendo i tanti tasselli di un puzzle giallo che sembriamo ostinarci a non voler vedere una volta per tutte montato, e incorniciato.

Il cuore di tutto si trova in provincia di Siracusa, ad Augusta. La città più ricca della provincia cela affari impressionanti (dal petrolchimico ai migranti, fino al neonato porto turistico, tra i più importanti di tutto il Sud). Ed è proprio da qui che due avvocati spregiudicati, Piero Amara e Giuseppe Calafiore, si sono spinti fino al cuore del nostro Paese. Come sta emergendo dalle più recenti indagini, a pilotare le decisioni della Magistratura sono stati proprio loro, i nostri due zelanti avvocati siciliani. Tornati d’attualità a più di un anno dal loro arresto sappiamo che, oltre ad aver intrattenuto un rapporto centrale e determinante con l’Eni, a quanto pare ne avevano intessuto uno particolare proprio con l’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati ed ex componente del Csm, quel Luca Palamara di cui non si fa altro che parlare in questi giorni.

Sono stati loro, Amara e Calafiore, facilitatori di grandi poteri, a pagare giornalisti per scrivere, di loro e contro i “nemici”. Loro, spesso, a decidere chi dovessero essere gli “eletti” in Parlamento, si pensi anche solo alla vicenda che ha coinvolto il pregiudicato Pippo Gennuso (in procinto di rientrarci, paradossi italiani), o dell’ex deputato Pippo Gianni (oggi sindaco di Priolo). Loro, Amara e Calafiore, persino a scegliere chi avrebbe dovuto essere il più adatto a ricoprire l’incarico di Procuratore a Gela – esattamente quello che avrebbe poi dovuto indagare (o non indagare), ad esempio, sul petrolchimico dell’Eni. Loro, insomma, ad aver influenzato negli anni molte questioni nevralgiche per il nostro Paese, loro ad aver “dato” le carte, vere o false. Loro in regia.

Partendo proprio da Augusta ho tentato di descrivere i loro affari nel mio “Un morto ogni tanto”, come in moltissime occasioni hanno fatto Mario Barresi per La Sicilia, o i colleghi de La Civetta e di Siracusa News nei loro racconti quotidiani, quando nessuno sembrava interessarsene. Adesso però sarebbe ora che tutti insieme si facesse e si chiedesse chiarezza fino in fondo. E senza sconti per nessuno. Che si precisassero ad esempio quali trame si siano potute intessere a partire da una provincia, quella di Siracusa, considerata “tranquilla” e senza mafia, quando invece vi hanno trovato riparo uomini del calibro di Simone Castello, già “postino” e uomo di fiducia di Bernardo Provenzano: proprio lui, l’uomo conosciuto per essere la mente della mafia imprenditoriale. Guadagni, intermediazioni, investimenti enormi, tutto a partire da Siracusa. Affari e soldi in un territorio che ha imparato molto presto e molto bene a farsi baricentro del Paese, trasformandosi in una delle più importanti culle della sua «mafia imprenditoriale»

Ma per comprendere bisogna ricostruire, bisogna legare frammento a frammento, tassello a tassello, isolare e poi accostare un fatto all’altro: per quanto persino da slegati questi possano apparirci drammaticamente complessi, o all’opposto di poco conto, se sovrapposti possono restituirci la complessità del fenomeno di cui stiamo parlando. Anche una tranquilla cena in barca d’estate, come quella di cui parlo nel mio libro, cui parteciparono alcuni fra i più importanti imprenditori del nostro Paese, deputati e non, o il caso di professionisti legati a società che partono da Castelvetrano, conosciuti per essere gli stessi “commercialisti delle società di Matteo Messina Denaro”. Allegre brigate che partendo dal nostro territorio sono state libere di fare il buono ed il cattivo tempo nel Paese. Un territorio, non dimentichiamocelo, che ha avuto diversi comuni sciolti per mafia, come Augusta – neanche a dirlo città di Amara -, Pachino (città del pomodorino più buono e insieme luogo di “riposo” per i boss più importanti di cosa nostra). Comuni come Avola, oggi con un accesso per valutarne le infiltrazioni mafiose. O Noto, capitale del Barocco e drammaticamente colpita dalla presenza di clan che hanno saputo legarsi alla politica in maniera particolarmente spregiudicata. E poi Lentini, culla del clan che unisce Catania a Siracusa, città degli affari di “munnizza” (leggasi spazzatura). O Priolo.

La vera questione è se c’è qualcuno che davvero ha voglia di riannodare tutti i fili e di ricostruire ciò che è stato. Molto di ciò che è accaduto ci suggerisce che proprio da qui si sia tentato di influenzare il più grande colosso industriale del nostro Paese: l’Eni. A Siracusa, indizi, o spiegazioni, se ne trovano. Bisogna cercarle, e volerle riconoscerle. Isolare e ricomporre ogni tassello. Mettendoli insieme il puzzle sarà completo. E una volta incorniciato, allora sì che ne vedremo delle belle.

(la mia analisi pubblicata questa mattina sulla prima pagina del lasicilia.it)

Paolo Borrometi

6 giugno 2019

Caro lettore,

Il quindicinale La Civetta di Minerva è impegnato nella difesa dell’ambiente e del territorio, dei diritti civili, della legalità, dello sviluppo economico ecosostenibile, di una società inclusiva e solidale.

Editore del giornale è l’Associazione Culturale Minerva autofinanziata dai giornalisti e da alcuni soci, tutti insieme impegnati a sostenere una sfida coraggiosa e difficilissima, soprattutto in una provincia come la nostra dove è difficile poter affermare le proprie idee senza alcun timore, a dare la parola a chi non ce l’ha e pubblicare inchieste e notizie che non si trovano sui giornali di maggiore diffusione.

Oggi il giornale si trova in grave crisi economica e l’autosostentamento tra soci e giornalisti non basta più. Ritorniamo in edicola, dopo la pausa estiva, ma non sappiamo garantire per quanto tempo ancora. Chiediamo, pertanto, a quanti apprezzano il nostro modo di fare informazione di aiutarci. L’appello è rivolto sia alle Associazioni ai Movimenti di impegno sociale e civile (ai quali ci offriamo come loro voce e sicuro alleato) sia alle singole individualità che apprezzano il nostro lavoro e ci trovano in edicola. A tutti chiediamo di sottoscrivere un abbonamento annuale (Sostenitore, di almeno 50 euro oppure Ordinario di 25 euro). In cambio promettiamo il nostro rinnovato impegno di cronisti scrupolosi e intellettualmente onesti e l’attenzione verso le loro istanze insieme al piccolo privilegio di poter ricevere il giornale per posta, direttamente a casa, invece di ritirarlo in edicola. Ci rivolgiamo inoltre agli operatori economici, a chi gestisce un’attività commerciale: siamo disponibili ad offrire spazi pubblicitari e redazionali a prezzi veramente contenuti.

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Grazie per l’attenzione. Con i più cordiali saluti.

Franco Oddo

Marina De Michele

Tutta la Redazione

Sono fiera, nel mio piccolo, di far parte dei collaboratori di questo giornale che dalla Sicilia, da Siracusa e dalla sua provincia, fa sentire la propria voce…
Un video di Rainews del giugno 2012…

 

 

 

Alcuni pezzi recenti…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3923:lo-scrittore-vito-catalano-e-l-impronta-genetica-di-sciascia&catid=17&Itemid=143

Lo scrittore Vito Catalano e l’impronta “genetica” di Sciascia

MARIA LUCIA RICCIOLI
Venerdì, 29 Novembre 2019 19:00

Il nuovo romanzo “La notte della colpa” apre a suggestioni inaspettate

 

Nel maggio 2019 abbiamo salutato l’uscita in tutte le librerie e i web store de “I romanzi della black list”, per i tipi di Lisciani libri: storie gialle noir thriller, anche mirate ad un pubblico più giovane da avvicinare alla lettura, come è accaduto per le prime uscite.

Grazie al giornalista e scrittore Mariano Sabatini – tra l’altro spesso opinionista oltre che autore per la Rai, Tmc e altri network nazionali di programmi televisivi come “Tappeto volante”, “Campionato di lingua italiana”, “Parola mia”, “Uno Mattina”), ideatore e conduttore di ATuXTv e Techetechemé su InBlu Radio, autore di noir quali “L’inganno dell’ippocastano”, premio Flaiano opera prima 2017, e “Primo venne Caino” – abbiamo conosciuto l’Agenzia letteraria Maieutica e i suoi lanci di diversi prodotti editoriali tra cui l’antologia “Moon” curata da Divier Nelli (che comprende anche un racconto di Giada Trebeschi, uno dei volti di Maieutica) e, appunto, “I romanzi della black list”.

A questa collana appartiene “La notte della colpa” di Vito Catalano, palermitano, autore inoltre di “L’orma del lupo” e “Il pugnale di Toledo” per Avagliano e de “La sciabola spezzata” per Rubbettino.

Il primo uomo. Il secondo uomo. Il terzo uomo. Confessione. Senza via di scampo.

Come in un dramma in cinque atti, “La notte della colpa” si divide in cinque sezioni dalle trame in apparenza slegate ma che si interconnetteranno svelando il mistero della notte eponima, senza finali consolatori e senza che si ristabilisca – apparentemente – un equilibrio di giustizia e verità: forse la notte vera è quella dell’animo umano, capace di passione e forse anche di amore ma dal fondale oscuro; forse è la notte della memoria, i cui fantasmi continuano a perseguitarci nonostante l’apparenza luminosa di vite che apparecchiamo a noi stessi e agli altri ma che hanno la consistenza del fumo.

Vincenzo Cardella, Marcello Guzzo, Daniele Torrisi, Sergio Massaro – quanta Sicilia nei semplici nomi –, donne intriganti o forse davvero innamorate, l’incombere di misteri e ricatti, la leggenda oscura del castello di Liw, un’ombra che incombe da un passato sepolto…

La scrittura disvela eppure al contempo predispone depistaggi e cortine. Forse è lo specchio deformato dello stesso destino che “gioca e si fa beffe di noi uomini”.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato Vito Catalano per voi.

L’occasione è doppiamente gradita perché è anche l’occasione per ricordare Leonardo Sciascia – di cui Vito Catalano è uno dei nipoti – nel trentesimo anniversario della scomparsa, avvenuta il 20 novembre del 1989.

Senza voler troppo svelare della trama, mi è venuto spontaneo fare un’associazione con certo Cornell Woolrich: quali sono i suoi modelli di riferimento?

Sì, ha centrato. Nello scrivere il romanzo erano presenti in me grandi autori di noir e thriller attivi intorno alla metà del Novecento: l’americano Cornell Woolrich, appunto, e insieme a lui Georges Simenon e la coppia Boileau-Narcejac (ma anche il cinema di Hitchcock dello stesso periodo).

Alla base del romanzo, ma forse potremmo dire di ogni buona storia, c’è il disvelamento di una “impostura”, specie quando parliamo di gialli thriller noi nelle loro innumerevoli sfaccettature. Impossibile non ripensare alle riscritture e alle imposture sciasciane. In “La notte della colpa” l’impostura è privata e i riferimenti alla società sono blandi e lontani. Ma è proprio così? I personaggi del romanzo e le “imposture” delle loro vite, che li conducono alla colpa, all’espiazione o al castigo – non c’è comunque redenzione in questo romanzo e forse ne è spia lo stesso linguaggio, referenziale, raggelato, distaccato, quasi anodino nella sua registrazione dei fatti – possono essere ricondotti ad un male sociale oppure il male che li pervade è radicale, incistato nella condizione umana?

Almeno nelle mie intenzioni, al centro della narrazione c’è la condizione umana più che un male sociale. D’altra parte ogni lettore sente, vive e vede a modo proprio ciò che legge e dunque altre letture sono possibili al di là di quelle che erano le mie intenzioni iniziali.

I luoghi del romanzo spaziano da una Palermo e una Randazzo per nulla oleografiche o da cartolina a una Polonia inedita, quindi appaiono provinciali nel senso cechoviano e internazionali insieme, quasi universali – anche se, fresca di rilettura de “Il maestro di Regalpetra” di Matteo Collura, ho sussultato nel leggere alcune descrizioni -: questo rispecchia la sua vita personale e il suo lavoro? C’è una volontà precisa di fare dei luoghi un “everywhere” in cui ogni lettore possa trovarsi a suo agio?

Sì, i luoghi narrati rispecchiano le mie esperienze di vita. Palermo è la città dove sono nato e cresciuto; con Randazzo e con la campagna etnea ho una certa confidenza; a Varsavia vivo per buona parte dell’anno. È anche vero che credo bello e riuscito che ognuno trovi senza difficoltà delle immagini leggendo i luoghi descritti dall’autore. Quando, ne “I miserabili”, leggiamo della piccola Cosette che deve andare a prendere l’acqua percorrendo la via che dal paese esce fino ad arrivare al bosco buio, Victor Hugo ci sta parlando del paesaggio intorno a Montfermeil ma ad ogni lettore non viene facile associare i luoghi descritti a quelli che gli sono familiari o che conosce?

I suoi progetti futuri: a cosa sta lavorando? Il genere che ha frequentato finora le è più congeniale o farà incursione in altri campi della scrittura letteraria?

Ci sono in cantiere due romanzi a sfondo storico che incrociano mistero e avventura, ambientati entrambi in Sicilia (uno nel XVII secolo, l’altro nel XVIII). La mia immaginazione viene più intensamente stimolata da immagini e vicende legate al passato. Ma alle volte i percorsi di ognuno di noi fanno svolte inaspettate.

 

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Nei Dialoghi con Sciascia a Siracusa più poli tematici

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 04 Dicembre 2019 09:11
Su mafia, teatro, ironia e ragione, Sicilia e Messico. Il convegno dell’Associazione Radicali Italiani si è svolto nel liceo scientifico Einaudi

 

La Civetta di Minerva, novembre 2019

Trent’anni senza Leonardo Sciascia. Senza le sue parole, senza i suoi libri articoli interventi sempre puntuali, affilati come solo la verità ricercata indagata perseguita con rigore lucido può essere. Senza il suo sorriso che ricorda quello dell’ignoto marinaio di Antonello su cui il conterraneo e sodale Consolo ebbe a scrivere. “Ce ne ricorderemo, di questo pianeta”. Così recita la sua epigrafe tombale, a suggellare con una frase di Villiers una vita che ha fatto delle contraddizioni tra razionalismo illuminista e il salto verso un “di più”, degli incontri-scontri di parole, del disvelamento delle imposture, dell’indagine – diremmo poliziesca nel metodo, filosofica e radicale nell’intenzione – le sue cifre distintive.

Particolarmente meritoria ci sembra allora l’iniziativa di Alexandria – Associazione Radicali Italiani per ricordarlo: i “Dialoghi con Sciascia” si svolgeranno a Siracusa giorno 22 e 23, presso rispettivamente la sede del Liceo “Luigi Einaudi” di Siracusa e la sede del centro studi arti e scienze “Il Cerchio”; il convegno di venerdì vedrà la partecipazione del giornalista e scrittore Matteo Collura (tra l’altro autore per TEA della documentata, splendida biografia di Sciascia intitolata “Il maestro di Regalpetra”: Sciascia, che nella sua vita fu doppiamente maestro nella sua Racalmuto trasfigurata letterariamente e divenuta metafora della Sicilia sineddoche del mondo, qui è colto nella sua parabola esistenziale e culturale con un piglio da saggista e romanziere insieme), Elio Cappuccio del Collegio Siciliano di Filosofia, Alessio Lo Giudice in veste di filosofo del diritto, Andrea Bisicchia storico del teatro, Gianfranco Spadaccia – già parlamentare del Partito Radicale –, moderatore Vincenzo Pennone (delle cui iniziative culturali con Alexandria si è spesso occupata La Civetta, come il convegno su Vittorini, le pubblicazioni e le conferenze sullo sport a Siracusa, mostre d’arte). Introdurranno l’incontro la dirigente scolastica Teresella Celesti e Fabio Granata, assessore alla cultura.

Politica e mafia, teatro, ironia e ragione, Sicilia e Messico – Messico e nuvole ci scapperebbe di penna per citare un verso di canzone –: questi i poli tematici intorno ai quali ruoterà il convegno, che inizierà nella sede dell’istituto alle 9.30. Le letture saranno a cura degli stessi studenti guidati da una voce d’eccezione, quella dell’attore Davide Sbrogiò, non nuovo alle collaborazioni con Alexandria.

L’incontro di giorno 23 si è svolto invece presso la sede de Il Cerchio in Via Arsenale 40/A.

Manca, la voce di Sciascia, a questo tempo immemore, a questa Sicilia sempre più zattera nel Mediterraneo, a questa Italia che cerca punti di riferimento o che forse ha disimparato a cercarli negli scrittori, negli intellettuali, nelle voci di razza come quella di Leonardo Sciascia, il “Nanà” che seppe fare della Sicilia l’omphalos del mondo.

Doveroso quindi ricordarlo come merita e come nel corso degli anni e con questa iniziativa ha mostrato di voler fare Alexandria – molto ci sarebbe da dire, tra l’altro, del rapporto tra Sciascia e Siracusa, le sue librerie, specie Mascali, i suoi artisti e scrittori, come Tranchino e Di Silvestro, e forse questi due incontri saranno l’occasione per dibatterne e soprattutto rievocare.

“Ce ne ricorderemo, di Leonardo Sciascia”.

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Intervista all’autrice di “Detti celebri delle mamme sicule”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 04 Dicembre 2019 09:29
La catanese Consuelo Consoli: “In questo libro emerge la figura della mater sicula, nell’educazione dei figli. Intanto sto lavorando al penultimo capitolo di un romanzo fantasy…”

 

“La Civetta di Minerva” si è occupata già in passato di Consuelo Consoli, catanese, che insegna educazione sanitaria nelle scuole e nel contempo coltiva la passione per la scrittura: “Amori impossibili” è la sua raccolta d’esordio; ha collaborato con alcuni dei suoi racconti ad antologie edite da Bonanno, Algra Editore, Ensemble, L’Erudita e Perrone; ha curato insieme a Luigi La Rosa i volumi antologici “Aurore”, “Zenith” e “Ci rifaremo vivi” per Algra di Alfio Grasso, l’editore che ha pubblicato anche il suo primo romanzo, “Un solo abbraccio”.

Salutiamo l’uscita, sempre per i tipi di Algra Editore, del suo “Detti celebri delle mamme sicule”, in cui l’autrice sviscera con ironia alcune frasi fatte che le donne siciliane si tramandano di generazione in generazione: dietro il modo di dire c’è un mondo fatto di storie che affondano le proprie radici nella cultura matricentrica della società siciliana, a dispetto del patriarcato – in fondo la mater familias siciliana è sempre stata il perno delle comunità, dei “cuttigghi”, dei rioni, dei quartieri, e tende ancora ad esercitare il proprio potere, fatto questo cristallizzato nelle frasi analizzate da Consuelo Consoli con la sua catanesitas di mater sicula tutta verve e autoironia: chi non ha detto o non si è sentito dire “Mancia ca si’ patutu” oppure non si è sentito apostrofare con ossimoriche considerazioni quali “Si’ sempri rintra” versus “Si’ sempri fora”?

Ma parliamone con l’autrice, che ha presentato il volume ad Aci Sant’Antonio – attendiamo l’imminente presentazione siracusana –, relatrice la giornalista Lucia Russo, anche lei non nuova alle incursioni letterarie, lettore d’eccezione l’attore Bruno Torrisi, noto ai più sia per l’interpretazione del Questore Licata nella serie “Squadra antimafia – Palermo oggi” che nella costola “Rosy Abate – La serie” e che abbiamo avuto modo di apprezzare recentemente nella produzione Rai dedicata alla storia di Enrico Piaggio.

Com’è nato “Detti celebri delle madri sicule”?

Da uno scherzo con mia figlia. Mi rimprovera sempre di esprimermi per stereotipi.

Qual è il tuo rapporto con il dialetto siciliano? (Ricordiamo, tra l’altro, che quest’opera ha ricevuto il premio Umberto Domina come migliore lavoro a carattere siciliano).

Il dialetto è una lingua che amo e desidero conservare e tramandare. Mi ricorda i miei nonni, soprattutto Antonia, nonna materna, mi riporta all’incanto della fanciullezza e poi trovo che abbia delle espressioni impareggiabili e intraducibili.

Che figura di donna emerge dalle tue notazioni scherzose ma non troppo?

La mater sicula con tutto il suo bisogno di controllo e di protezione nei confronti dei suoi cari.

Quali sono i tuoi progetti di scrittura?

In questo preciso momento sono al penultimo capitolo di un fantasy. È un progetto nato in sintonia con un’amica pittrice, Anna Nolfo, che mi ha coinvolto con il suo entusiasmo a interessarmi alla cultura Maya e ai suoi miti. Tra poco uscirà l’ultima antologia curata con Luigi La Rosa, “Tracce di desiderio”. Ho in stand by un romanzo e, infine, una raccolta di racconti. Troppa roba, vero? È che scrivere mi piace proprio!

 

 

 

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3940:nati-per-leggere-alla-biblioteca-comunale-di-canicattini-bagni&catid=17&Itemid=143

“Nati per leggere” alla Biblioteca comunale di Canicattini Bagni

MARIA LUCIA RICCIOLI
Martedì, 03 Dicembre 2019 12:44
Leggere un libro ai neonati e ai bambini fino ai sei anni rinsalda il legame affettivo con l’adulto

La Civetta di Minerva, novembre 2019

“Gli Stati incoraggiano la produzione e la diffusione di libri per l’infanzia (Convenzione sui diritti del fanciullo, art. 17 comma C).

Sono iniziati a novembre gli incontri di Nati per Leggere: in occasione della settimana dedicata al progetto, la Biblioteca comunale “G. Agnello” di Canicattini Bagni e le volontarie di Nati per Leggere, Lucia Basile e Giusy Alicata, di concerto con l’Amministrazione comunale e grazie al coordinamento con l’insegnante Giuseppina Scatà del Primo istituto comprensivo “Giovanni Verga”, hanno incontrato i bambini di tre, quattro e cinque anni del plesso Giuseppe Mazzini.

Letture e sensibilizzazione sul “Diritto alle Storie” delle bambine e dei bambini: questo il cuore delle iniziative. Leggere un libro ai neonati e ai bambini fino a sei anni – cioè fino a quando non siano autonomi nella lettura – costituisce un’esperienza fondamentale per rinsaldare il legame affettivo tra l’adulto e il bambino, oltre che essere di capitale importanza per lo sviluppo linguistico e intellettivo, per “dare un nome” alle emozioni, per arricchire il patrimonio emotivo. Gli effetti della lettura – e qui sono pediatri e neuropsichiatri ad affermarlo – sono stati sperimentati e dimostrati: la stessa salute psicofisica del bambino risentirà di conseguenze positive di lunga durata grazie ad una “esposizione” precoce al libro e al mondo delle storie narrate, lette, inventate insieme ai genitori e agli adulti in genere (nella pagina <http://www.natiperleggere.it/il-vento-dei-20-convegno-e-fes…> potete scaricare il rapporto “Nati per Leggere 1999 – 2019. La storia, le attività, i risultati, le prospettive. – Trieste, Centro per la salute del bambino, 2019” e le videoregistrazioni del convegno e festa di compleanno del 26 settembre 2019).

Ecco gli appuntamenti che ne sono seguiti: venerdì 15 novembre, bambini di 4 anni del plesso Garibaldi e alle 11:30 bambini di 5 anni del plesso Garibaldi; lunedì 18 novembre, alle 9:30, bambini di 4 anni del plesso San Nicola; e, alle 10:30, bambini di 5 anni del plesso San Nicola; venerdì 22 novembre, alle 9:30, bambini di 3 anni del plesso Garibaldi; e alle 10:30, bambini di 3 anni del plesso San Nicola.

Tra i precursori a Canicattini Bagni e in provincia di Siracusa del progetto “Nati per Leggere” naturalmente menzioniamo la dottoressa Paola Cappè, che oltre a dirigere la Biblioteca comunale “G. Agnello” e a supportarne le iniziative collaterali come letture, incontri letterari e musicali, gaming – giochi da tavolo e oltre –, in sinergia con le realtà culturali del territorio, per rendere la Biblioteca luogo di incontro e aggregazione sociale oltre che di conservazione, consultazione e prestito del patrimonio librario – ricordiamo tra l’altro che proprio la Biblioteca di Canicattini è stata tra le prime in Italia ad ospitare il #BiblioHub – è Presidente regionale Sicilia dell’AIB (Associazione Biblioteche Italiane).

Ci sia consentito nominare due siracusani che si sono spesi per i progetti relativi all’infanzia e alla diffusione della cultura del libro nei suoi aspetti relazionali e sociali: l’indimenticato Pino Pennisi – è imminente il Festival dell’educazione 2019 progettato sulla scia del suo lavoro – e Tanina Zito, recentemente scomparsa, figura di volontaria luminosa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3918:nelly-marlier-l-arte-come-terapia&catid=17:cultura&Itemid=143

Nelly Marlier: L’arte come terapia

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 20 Novembre 2019 15:04
“Ero affetta da artrite reumatoide, quando ho ripreso i pennelli in mano, poco alla volta i dolori sono scomparsi. Nella morbidezza della pittura ad olio, la voluttà della natura”

 

Nelly Marlier è stata per così dire “adottata” da Siracusa che l’ha accolta facendone una delle sue cittadine d’elezione: si è scelti da una città più che sceglierla e questo è particolarmente vero nel suo caso.

Donna curiosa, gentile, ironica e arguta, dai molteplici interessi – non ultima la scrittura creativa –, è appassionata di pittura: dal 15 al 18 novembre 2019, ha esposto ad Arte Padova; con alcuni dei suoi lavori ha partecipato a Torino, sino al 14 novembre, a una collettiva presso la Galleria Accorsi Arte, intitolata Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea; ha siglato un contratto di un anno sempre con la Galleria Accorsi Arte e le sue tele saranno esposte sia nella sede di Torino che in quella di Venezia.

Le sue opere possono anche essere viste dai nostri lettori in due negozi virtuali: il primo con Gigarte (https://www.gigarte.com/nellymarlier); il secondo con Pitturiamo; il terzo è in fase di realizzazione. La intervistiamo.

Quando hai iniziato a dipingere? Quali sono le tecniche che prediligi?

Ho iniziato a dipingere cinque o sei anni fa. Ho preso lezioni da un maestro per circa due anni, si può dire però che sia autodidatta. Principalmente olio su tela: mi piace l’untuosità e la morbidezza della pittura ad olio, il vedere come i pigmenti si mescolano tra di loro, gli arabeschi che formano man mano che i colori si amalgamano. Mi dà un senso di dolce voluttà. Quella parte che a volte precede l’azione di dipingere mi dà un senso di pace mentre il mescolare direttamente i colori sulla tela mi inebria. Per questo, la mia pennellata è formosa. I pigmenti devono avvicinarsi, incontrarsi, baciarsi, a volte compenetrarsi. Ogni volta è qualche cosa di diverso e mi capita di lasciare al caso il risultato finale. Mi piace accarezzare i miei dipinti ad occhi chiusi per assaporare la texture sotto le dita. Mi piace pensare che le mie tele siano sentite non solo guardate.

Quali soggetti preferisci?

I soggetti che preferisco sono quelli appartenenti alla natura: le nuvole, l’acqua, la vegetazione… Mi piace interpretare a modo mio paesaggi, tramonti, albe. Adoro i riflessi della luce e i giochi che essa crea nell’acqua. Mi perdo nel vedere fremere la superficie di un torrente, nell’osservare il via vai delle nuvole, il loro cambiar forma in continuazione.

Per ora, dipingo in atelier spesso da foto realizzate da me o da amici. Ma, appena starò ancora meglio di salute, desidero dipingere en plein air. È importante poter utilizzare tutti i sensi. L’udito e l’olfatto anch’essi trasmettono sensazioni influendo la percezione dell’ambiente.

Credi che l’arte abbia una funzione catartica, oltre che estetica? C’è una connessione tra arte e benessere psicofisico a tuo modo di vedere?

Questa domanda riveste per me un’importanza fondamentale, perché tocca uno degli aspetti per me più importanti e che vorrei far conoscere attorno a me perché penso possa aiutare persone ammalate a ritrovare fiducia, libertà di pensiero e d’azione e a liberarsi dalle paure.

Tutto è nato dalla malattia, l’artrite reumatoide. Nel 2001, la diagnosi dopo mesi di terribili dolori fisici e di limitazioni sempre più diffuse nell’uso delle mani e nel camminare. È iniziato allora il percorso della malattia cronica, invalidante e senza ritorno. Così, in effetti, mi presentarono questa compagna degli anni che avevo di fronte.

A distanza di anni, di terapie mediche spesso pesanti, di rifiuto della malattia e delle medicine, di digiuni esagerati, di ricerche di percorsi per una crescita interiore, di lettura di decine e decine di libri, di un ricovero ospedaliero urgente, arriva la consapevolezza di voler riprendere i pennelli in mano subito, oggi, domani, e di nuovo, sempre più spesso. E un pomeriggio di un anno fa circa, mi resi conto che i dolori erano praticamente scomparsi mentre seduta davanti al cavalletto ed ascoltando i Queen stavo dipingendo un tormentato cielo nuvoloso. Ho ripetuto l’esperimento il giorno dopo. Sostituii gli antidolorifici con la pittura e… funzionò. E funziona ancora oggi. Funziona sul fisico ma anche sulla mente.  Ho ritrovato le forze che avevo perse da lungo tempo, ho ritrovato la voglia di incontrare gente, ho ricominciato a fare progetti.  Per me, è una rinascita.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3901:michelle-messina-reale-la-sicilia-e-siracusa-sono-il-mio-rifugio&catid=17&Itemid=143

Michelle Messina Reale: “La Sicilia e Siracusa sono il mio rifugio”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Sabato, 02 Novembre 2019 20:02
La scrittrice e poetessa di Philadelfia è autrice di molte opere, tra cui “Season of Subtraction”, che richiama la nostra prosa d’arte di primo ‘900

 

La Civetta di Minerva, 26 ottobre 2019 – I legami tra gli italoamericani e il nostro paese sono fatti di sangue ma anche di sapori, di odori, di lingua storie tradizioni. Di parole. È così anche per Michelle Messina Reale, scrittrice e poetessa di Philadelphia, docente associata presso l’Arcadia University della Pennsylvania (tra l’altro fondatrice e direttrice del progetto “Ovunque Siamo: New Italian-American Writing”), che unisce gli interessi accademici – è tra l’altro responsabile dei servizi di accesso, di ricerca e comunicazione dell’ateneo – all’attitudine poetica e narrativa: testi come “Inquiry and Research: A Relational Approach in the Classroom”, “Mentoring and Managing Students in the Academic Library, The Indispensable Academic Librarian: Teaching and Academig for Change” e “Becoming a Reflective Librarian and Teacher: Strategies for Mindful Academic Practice” si alternano ad opere come “Season of Subtraction – Prose Poems” (Bordighera Press, New York 2019), raccolta di poesie in prosa o di prose poetiche che dir si voglia, genere che richiama la nostra prosa d’arte di primo Novecento, la rivista “La Voce”, certi calligrafismi tra l’ermetico e il crepuscolare.

Ma qui la “stagione della sottrazione” è molto di più: “ciò che va via è ciò che rimane”, come recitano in esergo le parole di Charles Wright: il tempo sottrae volti odiosamati, gesti, voci, consuma gli oggetti ma ne lascia le persistenti reliquie nella retina ostinata della memoria. E si fa parola. Accurata, precisa, geometrica. Preziosa. Eppure allusiva, sfuggente, enigmatica. Parola che tende a definire, scolpire, dipingere con nettezza, parola che rivela, che ricerca, che rievoca un passato a volte difficile da rielaborare, luoghi dell’anima, antenati che sono custodi ma anche presenze insistenti, fantasmi inconciliati o memento per un presente da ridefinire. Per un futuro che è carico del peso dolce e insieme amaro del passato.

“Season of Subtraction” è dunque uno scavo memoriale e insieme un lavoro di immaginazione alla ricerca delle proprie radici, un viaggio tra i rami noti e sconosciuti della propria famiglia, un’indagine sul senso della presenza propria e altrui nel mondo, tra nostalgia per la terra d’origine e la vita oltreoceano.

Abbiamo incontrato Michelle Messina Reale insieme a Patti Trimble in occasione di un reading trilingue, a Siracusa, grazie all’iniziativa “101 Poets for Change”; poi i contatti in rete, un caffè in Ortigia a parlare di poesia e di Trump, di Sicilia e d’America. Ecco qualche risposta alle nostre domande.

Le tue radici italiane e familiari sono molto forti e questo risalta chiaramente anche negli allusivi versi del tuo libro. Puoi parlarcene?

I miei legami familiari con l’Italia sono molto forti, questo è un nodo che non si spezzerà mai. Ancora ho molti parenti in Italia, specialmente in Sicilia. Ho avuto un’infanzia molto italiana: scuola prevalentemente italoamericana, parrocchia italoamericana e vicinato italoamericano. Ci sentivamo diversi dagli altri perché la nostra cultura era molto forte. A mia madre non piacevano i modi di fare o le abitudini che non coincidessero con le nostre. Ha sempre pensato che gli americani fossero freddi ed egoisti, e non apprezzava la loro idea di famiglia. Eravamo diversi.

La Sicilia e Siracusa sono per te dei luoghi dell’anima, vero?

Trascorro molto tempo in Sicilia, che è semplicemente “casa” per me [… da notare che Michelle Messina Reale usa la parola “home”, che in inglese significa sia “casa” nel senso più domestico e intimo sia “patria”, un po’ come avviene con il latino “domi”, n.d.r.]. La Sicilia e Siracusa sono il mio rifugio. Lo avverto non appena arrivo proprio perché posso rilassarmi. Questo è un aspetto molto diverso rispetto al modo di vivere americano, che mantiene un passo molto veloce e mette in competizione le persone tra loro. Io vivo vicino Philadelphia e la “cultura” può essere molto dura, sbrigativa e perfino rude. A Siracusa trovo ancora gentilezza nelle persone, vedo che la gente dà valore al tempo e agli altri. E il mare sempre bellissimo a fare da panorama e da sfondo pacifica la mia anima.

“Sottrazione” è una parola piena di significati: ha qualcosa a che vedere con le mancanze nella nostra vita e nel nostro spirito, ma la sottrazione è anche il potere dell’artista: eliminare ciò che è vecchio e morto per lasciar crescere ciò che rimane. Sei d’accordo?

Sono pienamente d’accordo su ciò che dici su “Season of Subtraction”! Ci sono molte ferite traumatiche nella mia famiglia. Mio nonno non avrebbe mai voluto lasciare la Sicilia ma fu costretto a farlo… odiava gli States e tutto ciò che comportava viverci. Questo lo rese rabbioso e aggressivo verso tutti e verso la vita. Noi siamo stati costretti a fare i conti con le sofferenze che ha provocato. E la figlia che ebbe e non riconobbe mai ferì tutti noi. Quel rifiuto fu difficile da accettare. Quando trovammo la sorella di mio padre, cercammo di costruire un rapporto nuovo. Lei dice di sentirsi siciliana, ma visto che non è stata cresciuta come tale, non riesce a spiegarsi perché provi questo! [Nella postfazione del libro, Michelle Messina Reale riassume la rocambolesca vicenda della ricerca di questa zia “sottratta”, motore pulsante dei versi di “Season of Subtraction”, omaggio alla tenacità dei legami, n.d.r.].

I tuoi versi sono come prosa e la tua prosa è molto poetica… questo è comune nella poesia americana attuale oppure nella storia più antica o recente della letteratura americana?

No, non è molto comune nella poesia americana, ma è una forma che amo molto utilizzare perché mi permette di usare un linguaggio molto immaginifico in una piccola forma narrativa. Amo leggere poesie in prosa e scriverne, anche!

Salutiamo Michelle Messina Reale e attendiamo le nuove raccolte “Confini: Poems of Refugees in Sicily” e “In the Blink of a Mottled Eye”, che vedranno la luce tra il 2019 e il 2020 per i tipi di Cervena Barva Press e Kelsey Books.

 

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3828:in-fratelli-di-cielo-di-don-aprile-liriche-e-testimonianze-di-fede&catid=17&Itemid=143

In “Fratelli di cielo” di don Aprile liriche e testimonianze di fede

MARIA LUCIA RICCIOLI
Domenica, 23 Giugno 2019 22:20
Il libro comprende la prefazione di Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta, e i contributi di vari poeti

 

La Civetta di Minerva, 15 giugno 2019

“La Civetta di Minerva” ha dedicato diversi articoli all’opera pastorale e letteraria di don Raffaele Aprile, che, dopo “Innamorato del cielo”, ha deciso di dare alle stampe il volume “Fratelli di cielo – in versi si raccontano in cammino con Maria” (Bonfirraro Editore), che verrà presentato il 20 giugno alle ore 20 presso il Salone Baranzini della Basilica Santuario Madonna delle Lacrime di Siracusa.

Don Aprile, augustano, oltre a svolgere il suo ministero presbiteriale come assistente spirituale del gruppo di preghiera Madonna delle Lacrime e del gruppo Caritas, accoglie i pellegrini che vengono a visitare la Basilica Santuario e si occupa anche delle missioni con il Reliquiario. Ricordiamo alcuni dei riconoscimenti che ha ottenuto per la sua passione per la scrittura: ha partecipato alla stesura di un’antologia poetico-letteraria in omaggio a Luigi Pirandello a cura di Giuseppe La Delfa, al libro di don Francesco Cristofaro, conduttore televisivo presso Padre Pio TV e a vari concorsi poetici (quello di Favara intitolato ad Ignazio Buttitta, “Il Federiciano”…); per iniziativa del parroco don Domenico Cirigliano, a ricordo della visita del Reliquiario della Madonna delle Lacrime, è stato collocato in modo definitivo nella parete laterale esterna della Chiesa Madre di Rocca Imperiale il quadretto della Madonnina con una sua preghiera/poesia Vergine delle Lacrime; collabora col settimanale “Notizie della diocesi” di Carpi, curando una rubrica poetica.

La pubblicazione collettanea comprende la prefazione di Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta, e di Francesco Maria Marino OP, una introduzione di Fabrizio Mattioli, Avvocato della Rota Romana, e i contributi dei poeti Monsignor Giuseppe Greco, Loris Filippetto, Sonia Accossano, Roberto Giovanni Bizzotto, Filippo Cacioppo, Albino Fattore, Don Ernesto Piraino, Giuseppe Puzzo, Maria Lucia Riccioli, Andrea Maniglia, Nino Cardillo, Don Pasqualino di Dio, Rita Masala, Suor Vincenzina Botindari, Michele Taboni, Rafał Soroczyński, Gruppo di Preghiera Carismatica Madonna delle Lacrime, Nicola Douglas De Fenzi, Claudia Koll e le testimonianze di Salvatore Pappalardo Arcivescovo di Siracusa, Aurelio Russo, Gabriele Russo, Lucia Palmieri, Gabriele Dini, Ida Vasta, Giuseppe Aletti, Danilo Zirone, Loris Filippetto: ecclesiastici e laici, semplici devoti e studiosi, ma comunque voci che narrano, che liricamente si effondono, voci pellegrine, in cammino dunque, come suggerisce il sottotitolo del volume.

Il libro raccoglie sia poesie che testimonianze di fede e di guarigione fisica e spirituale: la parola è canale privilegiato di espressione dei sentimenti più profondi e quindi anche della contemplazione mistica, del rapporto con la Natura e con il Divino, delle lacerazioni, delle sofferenze e delle gioie; se l’arte è a suo modo testimonianza, la narrazione di un percorso di vita, dei bivi e delle svolte inattese dovute ad un incontro con qualcosa che trascende il solco dell’abitudine o peggio ancora della rassegnazione lo è ad un altro livello.

 

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3830:paola-m-liotta-puntare-su-fiamma-fogliani-e-stata-una-scommessa&catid=17&Itemid=143

Paola M. Liotta: “Puntare su Fiamma Fogliani è stata una scommessa”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Lunedì, 24 Giugno 2019 08:22
“Per me la scrittura è musica, esigenza che risuona di vibrazioni, sonorità, echi che intarsiano il romanzo”

 

La Civetta di Minerva, 15 giugno 2019

“La Civetta di Minerva” ha incontrato per voi Paola Maria Liotta, appassionata docente, fine poetessa e scrittrice (i suoi lavori poetici e narrativi le hanno meritato l’attenzione di critici e giurati in vari concorsi letterari come il Premio “Pietro Carrera” e il Premio Letterario Città di Castiglione “Cento Sicilie Cento Scrittori”), animatrice culturale nella sua Avola ed oltre. “Piano concerto Schumann” è il suo ultimo romanzo, uscito per i tipi de Il seme bianco.

Fiamma Fogliani, il maestro Marni e una misteriosa spinetta, “invenzione” all’interno di ciò che è manzonianamente “storia”, ovvero la musica e compositori come Schumann… quanto del tuo amore per la musica è confluito nella stesura del tuo romanzo?

L’amore per la musica convoglia e rappresenta i miei amori, i miei interessi, e molti altri sensi e sentimenti. E non ritroviamo nel romanzo solo Schumann, il cui celebre Piano Concerto gli dà il titolo e ne catalizza vicende e intrighi, ma anche molti altri bei nomi della musica. Le notizie legate all’invenzione del fortepiano, sullo sfondo, delineano il quadro perfetto in cui le passioni, le gioie, la forte testimonianza di vita della mia protagonista si incarnano a pieno. La scrittura, poi, è fatta di lettere e di suoni e, proprio come una musica, può riprodurre la musica della vita, le sue luci e le sue ombre. Sicuramente, questo romanzo è un atto d’amore per la musica, “la più rivelatoria di tutte le arti”, come asserisce, in un passo del romanzo, uno degli affascinanti personaggi maschili che ruotano attorno a Fiamma. Da ciò, si evince come la musica sia tutto (o quasi) anche per me.

Non sei nuova all’alternarsi di libri in prosa e di poesia… come convivono in te la narratrice e la poetessa oltre che la docente?

La narratrice in prosa e in versi e la docente convivono, in me, come i famosi “tria corda” dal momento che le possibilità della scrittura sono infinite. Mi esploro in questo e in molti altri modi, cercando di instillare nei miei studenti l’amore per la lettura. Per me, scrittura creativa, laboratorio di scrittura, biblioteca di classe sono parole magiche. Le parole veicolano idealità, interiorità, speranze, e oggi c’è molto bisogno di idee, di ideali e di speranza. L’amore per ciò che faccio si traduce pure in Paola che scrive in prosa, Paola che scrive versi, Paola che insegna. E in molte altre “Paole”, tutte riflessive, impavide, piene di voglia di fare, desiderose di nuovi mondi da scoprire, mai paghe di un fine, di uno scopo, pur di offrire alle giovani generazioni validi spunti di riflessione e spronarle verso il meglio per sé stesse e per la società attuale, tanto bisognosa d’amore, così devastata dall’egoismo, insanguinata da guerre e violenze di ogni sorta quale essa, purtroppo, è. E il riferimento agli aspetti negativi del reale rintocca in tutto il romanzo, in contrapposizione con la bellezza e con la solarità evocate dalla musica di Fiamma.

Scrivi che “La musica è energia, ma anche controllo; è rigore, ma anche avventura”. Credi possa dirsi lo stesso della scrittura?

Come per Fiamma Fogliani, la protagonista del “Piano Concerto Schumann”, la musica di Schumann, e tutta la musica è vita, così per me la scrittura è musica. La scrittura è un’esigenza insopprimibile, che risuona, come musica, di vibrazioni, di sonorità, di echi, quelli che intarsiano il percorso di ricerca che il romanzo traccia e disvela davanti ai nostri occhi. Leggendo di Fiamma, non si può non immaginarsela vibrante e appassionata, al suo piano. Per infondere questa vita alle parole, si scommette su di sé, ci si precipita a capofitto in un mondo che sta nascendo, evocato sulla carta, non meno reale di quello in cui viviamo, e non si può deviare o filtrare quanto sta nascendo mentre lo si crea, mentre lo si vive. Il rigore e l’eleganza sono connaturati sia alla buona musica che alla buona scrittura: dipende da quanto si è fedeli a criteri stilistici e di buon gusto che corrispondano esattamente all’onestà dei nostri stessi intenti di scrittura. La storia si rivela e piace nell’esatta misura in cui scatta il riconoscimento di chi legge in quelle pagine, ricreando in proprio la storia, vivendola in consonanza – o meno – con il proprio mondo interiore. La scrittura è una bellissima avventura dello spirito se ci trasporta nell’altro, e nell’oltre, sempre in adesione con quanto sentiamo, con quanto vogliamo dire, con il messaggio che affidiamo al nostro scritto.

Fiamma Fogliani è artista e donna. Quanto ha contato per te confrontarti con le figure di musiciste come la tua protagonista?

Nel romanzo vi è una miriade di figure femminili: pianiste quali Clara Wieck Schumann, Annie Fisher, Clara Haskil, Martha Argerich, Hélène Grimaud, ma anche artiste, tipo Giovanna Fratellini, pittrice di corte che venne paragonata a Rosalba Carriera e fu la ritrattista della Gran Principessa Beatrice Violante di Baviera. Quest’ultima visse proprio alla corte medicea e dovette conoscere il ‘nostro’ Bartolomeo Cristofori, l’inventore del gravicembalo ‘col piano e col forte’, cioè l’antenato del pianoforte. Man mano che la storia cresceva e sbocciava nelle mie righe, ho ritrovato tutte queste figure; alcune le conoscevo già, infatti amo molto la Argerich, come pianista, e la Grimaud. Menzionare Beatrice Violante mi ha permesso di darle il giusto risalto; peraltro, fu anche un’ottima statista nel governatorato della città di Siena. L’ultima volta che, in pubblico, ho accennato a questa galleria di figure eccezionali, e spesso le donne stanno ai margini della storia, o sono appena menzionate, mi son sentita dire, proprio da una donna: “Lei non ama molto gli uomini”! Ecco, vorrei sconfessare quest’appunto. Rendere il giusto tributo a figure obliate, o meno note di corrispettive personalità maschili, ha validato ulteriormente la mia scrittura di quegli slanci che io amo esprimere. Anche portare alla ribalta Fiamma Fogliani è stata indubbiamente una bella scommessa per dare corpo a ciò che io amo, alla vera bellezza, che ci deve guidare verso il meglio, nell’arte e nella vita.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=3912:teresa-laterza-le-mie-sono-un-emozione-che-cambia&catid=17&Itemid=143

Teresa Laterza: “Le mie Schegge sono un’emozione che cambia”

MARIA LUCIA RICCIOLI
Mercoledì, 06 Novembre 2019 10:46
Raccolta di aforismi, riflessioni e poesie edita da CTL Edizioni, copertina di Rosa Rosita Loiodice

 

La Civetta di Minerva, 26 ottobre 2019

Torniamo ad occuparsi di Teresa Laterza: l’autrice, pugliese di origine, vive a Caltagirone ed è impegnata nel settore della formazione; collabora con testate giornalistiche locali, nazionali e internazionali, come il periodico dell’Automobile Club Bologna (AutoBo) e la Rivista Internazionale Le Muse, fondata da Paolo Borruto e Maria Teresa Liuzzo (direttrice), oltre a proporsi come editor e book counselor. Le sue incursioni poetiche e narrative spaziano dal romanzo “Imprevisti di primavera” (Kimerik) alle sillogi poetiche “I sentieri dell’anima”, “Le stagioni del cuore” e “Frammenti d’infinito” (Irda edizioni), dalla stesura di articoli e saggi ad una nuova silloge poetica, “Armonia d’essenza”.

La sua ultima pubblicazione è “Schegge”, raccolta di aforismi, riflessioni e poesie edita da CTL Edizioni di Nino Bozzi. La copertina è illustrata da Rosa Rosita Loiodice, tra l’altro curatrice editoriale.Scheggia è un frammento, scheggia è una freccia, scheggia è un proiettile che penetra le carni, ferisce e diventa parte di noi. Ma la scheggia che ci colpisce può essere una forza, una verità, un’emozione che provocandoci dolore ci restituisce contemporaneamente a noi stessi e alla nostra vera essenza, un lampo che illumina la nostra cecità. Come fa la parola, in primis quella poetica.

Ecco allora l’invito ad evitare gli abbracci mancati, a non lasciarsi rinchiudere “dai cancelli degli schemi”; ecco l’amore per l’arte e la parola, grazie ai quali si può attingere l’infinito, l’accoglienza di se stessi e del prossimo – migrante è anche chi cerca l’amore che la “patria” della sua famiglia gli ha negato e infinite sono le povertà mentali e spirituali –, ecco il richiamo all’interconnessione degli esseri viventi e dell’universo che si rivela anche nelle azioni e nei pensieri in apparenza insignificanti… perché la vita è un “gioco duale”. I versi sono lampi, briciole di ricordi, attimi di consapevolezza, bagliori di vero, gli aforismi e le considerazioni sono bocconi, minutaglie, tessere sparse di un mosaico di cui non conosciamo il disegno, quello sempre incompiuto della saggezza.

Il titolo “Schegge” è significativo e polisemico… cosa vuol dire per te e come lo hai scelto per intitolare il libro?

Esattamente: la scheggia penetra in profondità e lascia un segno. Può far male, ma induce alla riflessione. La nostra carne, il nostro corpo è la vita e le schegge sono le esperienze. È questo il motivo della scelta del titolo. Mi auguro che le mie poesie e le mie riflessioni aiutino a fare luce dove regnano il buio o le ombre.

I tuoi progetti futuri riguardano la teoria oltre che la pratica della scrittura: puoi anticiparci qualcosa?

Tra mille difficoltà, considerate le incombenze quotidiane, sto portando avanti la stesura di un saggio sulla scrittura. L’intento è quello di fornire consigli e regole utili a chi desideri scrivere un libro di qualsiasi genere, affinché l’opera possa incontrare l’interesse del pubblico. Si tratta, in sostanza, di una specie di vademecum dello scrivere efficacemente.

LA CIVETTA DI MINERVA del 24 marzo 2017

24 venerdì Mar 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Ecco il link ad uno dei miei ultimi articoli usciti per LA CIVETTA DI MINERVA…

Nell’ultimo libro del sacerdote i quesiti assoluti e perenni che s’incarnano nel nostro quotidiano. Scrittura colta, narrativa, poetica e pregna di pensiero; le meditazioni hanno un piglio di racconto

La Civetta di Minerva, 24 febbraio 2017

Contaminando le parole di papa Francesco e Milan Kundera, Lec, Kierkegaard e Kant, interrogando il Vangelo, padre Luca Saraceno – parroco e docente di Ermeneutica filosofica e Storia della filosofia moderna e contemporanea presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania, docente invitato di Filosofia sistematica all’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Metodio di Siracusa –, che si era occupato in un precedente volume – La saggezza delle lacrime. Papa Francesco e il significato del pianto (EDB, Bologna 2015) – del senso del piangere umano e divino, in Tempo di domande. La passione di Gesù si racconta (EDB, Bologna 2016) chiede ai testi sacri, a se stesso e ai lettori il senso delle domande di Gesù, disquisisce sull’arte della domanda e pone Cristo, la vita di ognuno di noi e del mondo come domanda assoluta e perenne, che si incarna nel quotidiano, con le sue scelte e i suoi dubbi, i rovelli e le illuminazioni.

Scegliamo questo momento per presentare ai lettori de La Civetta di Minerva questo volumetto, insieme a Con gli occhi di Maria. La preghiera del Rosario (uscito sempre per i tipi delle Edizioni Dehoniane di Bologna nel 2016), proprio perché dopo gli effimeri fasti del Carnevale inizia un tempo forte e significativo: “La Quaresima, tempo di preparazione al passaggio della grazia, è il frammento che raccoglie domande umane e divine; la Pasqua, spazio di contemplazione amorosa e operosa, è il frattempo che racchiude racconti fraterni e filiali” (p. 7).

La scrittura di Padre Luca è colta, narrativa, poetica e pregna di pensiero insieme; le meditazioni, pensate per ogni stazione della Via Crucis o per le poste del Rosario nel caso del volume sulla Madonna, hanno un piglio di racconto e di pausa contemplativa insieme, con il gusto della parola scelta e preziosa. Con gli occhi di Maria. La preghiera del Rosario rappresenta infatti una meditazione su Maria, un invito a ripensare la preghiera del Rosario e la vita stessa (di cui l’antica e sempre nuova preghiera è figura, simbolo, allegoria, col suo percorso vocale, mentale e spirituale sulla trama della ripetizione di Ave, Pater e Gloria), attraverso i misteri della compassione, della misericordia (leitmotiv dell’anno giubilare appena trascorso), attraverso la vita di Maria e Gesù e la nostra.

LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

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Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

Alcuni dei miei ultimi articoli…

Mostra a Floridia di Tranchino, il maestro di cui scrisse Sciascia

“Di Siracusa rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

“I libri sono per me imprescindibili e la mia pittura si nutre di letteratura”: così ebbe a dirci qualche anno fa il maestro Gaetano Tranchino nel corso di una preziosa intervista in occasione di una mostra siracusana delle sue opere.

Classe 1938, carattere schivo, pochi viaggi e ancor meno presenzialismo da artista “fashion” o engagé, forti legami con il teatro e le radici della nostra cultura, questo artista così imbevuto di cultura classica, di sicilianità nel suo senso più alto, di tecnica sperimentata ogni giorno da più di sessant’anni, espone le sue opere in una personale organizzata dalla “ProLoco Floridia” in occasione delle festività natalizie: “Immagini della memoria” è il titolo della mostra presso la Galleria Civica d’Arte Moderna del Palazzo Raeli di Floridia. Inaugurata mercoledì scorso, sarà possibile visitarla fino al 7 gennaio.  Il testo critico verrà affidato all’architetto Salvatore Rapisarda.

“Seguo il lavoro di Tranchino da più di vent’ anni: da quando, non so più su quale giornale e per quale mostra, ho visto la riproduzione di un suo quadro e, capitando a Siracusa, in compagnia di Dominique Fernandez, che allora passava le estati in una casetta sul mare di Pachino, sono andato nel suo studio. Lavoro, dico, per improprio – in questo caso – modo di dire: Tranchino, stendhalianamente e savinianamente, non lavora […], si diletta: dipinge cioè con diletto, con piacere, come in una prolungata vacanza — tanto prolungata –, continua ed intensa da assorbire interamente la sua vita. E forse appunto da ciò nasce l’attenzione, il sodalizio, l’amicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti proprio nel senso di cui discorreva Savinio per Clerici. E non che il dilettarsi escluda i «latinucci», la ricerca, I’inquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera, sempre, di «divertimento», di gioco esistenziale. Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola ad avvertimento del presente; del destino, anche: e così trascorrendo le immagini, le metafore, gli emblemi da Omero a Conrad, con alquante postille borgesiane.

Otto Weininger diceva che a Siracusa si può nascere o morire, non vivere. Pensava, forse, a Platen che è andato a morirvi. Ma Tranchino non solo serenamente ci vive, ma ne rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

Queste le parole di Leonardo Sciascia su Tranchino e migliore biglietto da visita non potrebbe esistere per un artista, oltre a quanto scritto da critici, sodali e amici come Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo o Claude Ambroise.

Il titolo della mostra ci rimanda a uno dei temi, dei leitmotiv dell’arte di Tranchino: “balconate, muri del giardino, palme nane, colonne mozze, uomo tormentato intorno a un libro, chiazze interstiziali di colori, la casa, approdi…” e gli altri soggetti delle sue opere sono quello che sono e molto di più, cioè la doppia immagine di un oggetto e del suo ricordo, della sua traccia mnestica e del suo essere mithos, racconto di un passato reale e favoloso insieme, la cosa e il suo eternarsi letterario e artistico. Memoria.

Questo vale a maggior ragione per la Sicilia di Tranchino, terra impastata di memorie stratificate e materiche come la texture delle sue opere, terra mai abbandonata, sempre presente sia fisicamente che nel ricordo, imago essa stessa, reale e atemporale insieme come i sogni, come uno stream of consciousness di forme e colori, di racconto e rimembranze.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2052:il-teatro-comunale-ha-aperto-il-2017-come-meglio-non-si-poteva&catid=17&Itemid=143

Il Teatro Comunale ha aperto il 2017 come meglio non si poteva

Maria Lucia Riccioli
Martedì, 07 Febbraio 2017 09:11

Straordinario il concerto pianistico del compositore Orazio Sciortino; coi suoi valzer ha fatto viaggiare gli spettatori tra epoche e stili vibranti ed entusiasmanti

La Civetta di Minerva, 13 gennaio 2017

Il Teatro comunale di Siracusa finalmente restituito e aperto alla città tra una natalizia ghirlanda di polemiche e commenti (su agibilità, serata inaugurale più o meno aperta ai notabiles a vario titolo con un programma accompagnato da un pianoforte digitale, su programmazione, artisti invitati, costi, temperatura e perfino sul nome Massimo), ha aperto il 2017 come meglio non si sarebbe potuto: il pianista, compositore e direttore d’orchestra Orazio Sciortino, siracusano doc, con il suo “Invito al valzer” ha inaugurato il 2017 con uno straordinario concerto pianistico.

Non solo Sciortino è un musicista di eccezionale caratura, ma può essere considerato un eccellente divulgatore: ha spiegato ogni brano eseguito inquadrandolo nella rispettiva temperie storico-culturale.

Come sappiamo, il valzer è l’evoluzione di una danza popolare, il Ländler, in Austria e nel sud della Germania, ma il tempo ternario che scandisce i passi del ballo non è soltanto musica d’intrattenimento: sulle partiture dei compositori l’un-ta-ta della danza è divenuto descrizione di paesaggi geografici e dell’anima: pensiamo al nord introspettivo di Grieg e Sibelius, ai colori impressionisti di Debussy, al lirismo di Chopin, all’inquietudine di Ravel, al virtuosismo di Lizst che riscrive e “remixa” le pagine operistiche più celebri del belcanto (Parisina, Lucia di Lammermoor…) facendone capolavori di agilità pianistica che trasformano lo strumento in un’intera compagine orchestrale. C’è stato spazio per Schubert – con i suoi valzer che ci riportano alle Schubertiadi, le riunioni conviviali per le quali il musicista scriveva e suonava le sue composizioni -, Prokofiev, e un Poulenc amoroso.

Indiscutibile il talento di Sciortino, che riesce ad essere energico e preciso, virtuoso e lirico insieme, facendo viaggiare l’ascoltatore tra epoche stili pianismi diversi ma godibili, vibranti ed entusiasmanti sempre.

Ci auguriamo che il nostro teatro finalmente restaurato e riaperto non ricada più nell’oblio e nella trascuratezza e che la programmazione artistica sia sempre all’altezza della bellezza e del valore culturale di quello che non dev’essere solo un bel monumento o un bel salotto della città, ma un elemento importante della crescita culturale, sociale e turistica di Siracusa.

Si è parlato della possibilità di riportare al Teatro comunale la prosa – in tal senso benaugurante la pièce pirandelliana recitata da Enrico Lo Verso -, il balletto, l’opera ed anche la grande convegnistica, che potrebbe essere un volano importante per la ripresa economica della città e per il suo inserimento in più vasti circuiti.

Chissà cosa aveva in mente l’architetto Giuseppe Damiani D’Almeyda. Chissà quali silenzi hanno custodito questo splendido edificio chiuso dal 1957.

Riassumiamo in breve le vicende della costruzione, rimandando i lettori agli autori che se ne sono occupati per saperne di più sulla genesi sofferta di questo teatro, inaugurato nel 1897 ma vagheggiato molto prima: fu Tommaso Gargallo a suggerire che un nuovo teatro a Siracusa sorgesse sul terreno di quelli che erano il Palazzo Bonanno Filangieri dei Principi di Cattolica e la Chiesa e Monastero dell’Annunziata (ricordiamo le cosiddette leggi eversive del 7 luglio 1866 sulle proprietà ecclesiastiche); è il sindaco Alessandro Statella a commissionarne la costruzione all’ingegnere militare Antonino Breda e la prima pietra viene posta il 14 marzo 1872.

Problemi strutturali, un nuovo ingegnere (Giambattista Basile), modifiche al progetto, demolizioni, rifacimenti: tre anni di lavori e viene nominato il D’Almeyda, contenziosi, ulteriori lavori e finalmente l’inaugurazione nel 1897.

Ma non è finita qui: nel 1957 la chiusura per lavori, la riedificazione di Palazzo Pupillo a fianco del teatro e nuovi problemi alla statica dell’edificio. Notevoli i lavori di restauro dei dipinti di Mancinelli sul soffitto del teatro e delle altre decorazioni che lo adornano.

Sipario dunque? Ai Siracusani per decenni è parso di sì. La riapertura invocata agognata attesa è finalmente avvenuta: un ringraziamento a chi si è speso perché ciò avvenisse e i migliori auspici per una direzione artistica e una gestione oculate.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2067:memoria-dell-olocausto-in-chiesa-la-dachau-messe-di-schwake&catid=17&Itemid=143

Eseguita, al SS. Salvatore, dal coro polifonico De Cicco. Nella serata anche la presentazione e lettura di brani del libro “La giubba a strisce” di Franco Ferrante, sul lager nazista

La Civetta di Minerva, 27 gennaio 2017

Oggi pomeriggio alle ore 19,45 presso la Chiesa del Santissimo Salvatore, sita in Via Necropoli Grotticelle,l’Associazione culturale italo-tedesca (ACIT) di Siracusa, presieduta dall’avvocato Giuseppe Moscatt, in collaborazione con l’Associazione musicale Vittorio Guardo, celebrerà la giornata della memoria in ricordo delle vittime dell’Olocausto secondo il seguente programma: presentazione e lettura del libro La giubba a strisce di Franco Ferrante, a cura della professoressa Francesca Morale. La lettura sarà accompagnata dalla Dachau-Messe di Gregor Schwake, eseguita dal Coro Polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto dal M° Maria Carmela De Cicco e con il M° Cunegonda De Cicco all’organo.

Dachau fu il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler, e con l’espressione “spirito di Dachau” si intende il terrore spietato che venne poi esportato come orrifico paradigma negli altri campi. “Arbeit macht frei” (“il lavoro rende liberi”) fu lo slogan di Dachau, divenuto il simbolo stesso della crudeltà cinica perpetrata ai danni di ebrei, rom, sinti, omosessuali, disabili, prigionieri politici, religiosi, tra cui il domenicano Padre Giuseppe Girotti, morto martire il 1° aprile del 1945 in quel campo, chiamato anche “il campo dei preti” per il gran numero di sacerdoti che vi erano internati e che comunque continuavano anche in quelle terribili condizioni la loro opera di evangelizzazione e testimonianza.

Thomas Saintourens, nel volume “Il maestro” (Piemme Voci), offre alla nostra attenzione la figura delbenedettino Gregor Schwake, un religioso per il quale la musica è il leitmotiv: viene arrestato proprio durante una lezione di musica e il 2 gennaio 1944 arriva a Dachau, preceduto dalla sua fama di musicista. Suona la chitarra, il violoncello, il violino, il pianoforte, il trombone e l’organo e da internato compone una Melodia per l’Epifania e soprattutto la Dachau-Messe, la Messa di Dachau, eseguita per la prima volta il 24 settembre del 1944 per la Madonna della Mercede e con un “ardore tale da far tremare i muri del blocco 26”.

Quando il campo verrà liberato, padre Gregor tornerà alla sua comunità e al suo organo, che non lascerà fino alla sua morte, avvenuta il 13 giugno del 1967.

Fortunosamente vengono recuperati gli spartiti della Messa, poi eseguita in prima assoluta e registrata a Roma nella Basilica di Sant’Anselmo all’Aventino il 22 gennaio 2011 insieme ad altre composizioni del sacerdote, che sognava proprio quella chiesa per far risuonare le proprie melodie.

Musica come espressione di fede, come testimonianza, come strumento di evangelizzazione, come luce e conforto nelle tenebre dell’odio cieco e fanatico, come faro di memoria e segno di unità, speranza e pace.

E ancora…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2103:un-libro-che-ci-porta-nel-cuore-piu-segreto-di-parigi&catid=17&Itemid=143

Un libro che ci porta nel cuore più segreto di Parigi

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 16 Febbraio 2017 16:41

Presentato nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia. La Rosa conduce “lì dove hanno origine le storie”, tra intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione

La Civetta di Minerva, 10 febbraio 2017

“Ed eccoci a un appuntamento che mi sta davvero molto a cuore. Amici miei, prendete nota. Domenica 12 febbraio, alle 18.30, nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia, il mio piccolo avrà due relatori d’eccezione. I cari Simona Lo Iacono e il Prof. Paolo Giansiracusa.

Sarà con noi Marilia Di Giovanni. Ci saranno Raymond Radiguet, Jean Cocteau, Renée Vivien, Natalie Clifford Barney, Carlos Casagemas, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Simone Thiroux, Djuna Barnes, Thelma Wood, e l’adorato Frédéric Bazille. Sarà una festa (mobile). Non mancate”.

Queste le parole dello stesso autore per invitare i lettori siracusani alla presentazione del libro “Quel nome è amore – Itinerari d’artista a Parigi”, uscito per i tipi di “Ad est dell’Equatore”.

La Parigi che era stata protagonista del precedente “Solo a Parigi e non altrove” è la città che sembra non esaurire mai le storie che ospita e quelle cui ha fatto da palcoscenico, nido sfondo contrappunto, scenografia sempre nuova e uguale a se stessa, città-personaggio con i suoi cieli, l’acqua della Senna, il brulicare delle sue vite tra boulevard arrondissement e palazzi.

La Rosa ci porta nel suo cuore più segreto, “dove hanno origine le storie”, e ci conduce con il suo passo non da turista – spesso irretito dallo strato più banale e commerciale del volto di Parigi – e neppure da viaggiatore seppure esperto, ma da autentico flaneur, passeggiatore per vocazione, camminatore per spirito di contemplazione, indagatore apparentemente svagato ma pronto all’incanto, alla scoperta, alla rivelazione: “Mi piace che sia il caso a tracciare le mie rotte”, fa confessare al suo protagonista e alter ego.

Non sorprende la collana di storie che perla dopo perla l’autore annoda con il filo della sua scrittura fluida e poetica: intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione.

I secoli si intrecciano, i piani temporali si mescolano e sembra quasi naturale vedere per strada Cocteau e sentire richiami da ere perdute, pettegolezzi dall’Ottocento, l’eco di stivali della Gestapo dal secolo breve: Radiguet e Picasso, Modigliani e la Vivien…

Il protagonista e l’autore li seguono e si fanno inseguire dai loro spettri, dalle tracce luminose come bave di lucciola sui cieli, sulle facciate, sulle lapidi dei cimiteri, nei letti di palazzi e camere d’albergo, sotto i lampioni, sulle panchine e i ponti, in una sorta di pilgrimage letterario, seguendo una devozione alla bellezza che ha nome Amore.

Ad illustrare – ma no, è molto di più – il volume, le mappe disegnate dall’artista catanese Alessio Grillo, interprete dei percorsi sentimentali del protagonista: sotto i nostri occhi si squaderna la geografia del cuore di Luigi La Rosa, la Parigi che diventa una calviniana città invisibile dei suoi eroi poetici, il suo pantheon di artisti come lui innamorati della Ville Lumière, festa mobile d’Europa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

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The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

http://www.lacivettapress.it/it/

LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

LA CIVETTA DI MINERVA del 10 marzo 2017

15 mercoledì Mar 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2140%3Adon-luca-saraceno-e-le-domande-su-cristo-la-vita-e-il-mondo&catid=69&Itemid=200

Ecco il link ad uno dei miei ultimi articoli usciti per LA CIVETTA DI MINERVA…

Nell’ultimo libro del sacerdote i quesiti assoluti e perenni che s’incarnano nel nostro quotidiano. Scrittura colta, narrativa, poetica e pregna di pensiero; le meditazioni hanno un piglio di racconto

La Civetta di Minerva, 24 febbraio 2017

Contaminando le parole di papa Francesco e Milan Kundera, Lec, Kierkegaard e Kant, interrogando il Vangelo, padre Luca Saraceno – parroco e docente di Ermeneutica filosofica e Storia della filosofia moderna e contemporanea presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania, docente invitato di Filosofia sistematica all’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Metodio di Siracusa –, che si era occupato in un precedente volume – La saggezza delle lacrime. Papa Francesco e il significato del pianto (EDB, Bologna 2015) – del senso del piangere umano e divino, in Tempo di domande. La passione di Gesù si racconta (EDB, Bologna 2016) chiede ai testi sacri, a se stesso e ai lettori il senso delle domande di Gesù, disquisisce sull’arte della domanda e pone Cristo, la vita di ognuno di noi e del mondo come domanda assoluta e perenne, che si incarna nel quotidiano, con le sue scelte e i suoi dubbi, i rovelli e le illuminazioni.

Scegliamo questo momento per presentare ai lettori de La Civetta di Minerva questo volumetto, insieme a Con gli occhi di Maria. La preghiera del Rosario (uscito sempre per i tipi delle Edizioni Dehoniane di Bologna nel 2016), proprio perché dopo gli effimeri fasti del Carnevale inizia un tempo forte e significativo: “La Quaresima, tempo di preparazione al passaggio della grazia, è il frammento che raccoglie domande umane e divine; la Pasqua, spazio di contemplazione amorosa e operosa, è il frattempo che racchiude racconti fraterni e filiali” (p. 7).

La scrittura di Padre Luca è colta, narrativa, poetica e pregna di pensiero insieme; le meditazioni, pensate per ogni stazione della Via Crucis o per le poste del Rosario nel caso del volume sulla Madonna, hanno un piglio di racconto e di pausa contemplativa insieme, con il gusto della parola scelta e preziosa. Con gli occhi di Maria. La preghiera del Rosario rappresenta infatti una meditazione su Maria, un invito a ripensare la preghiera del Rosario e la vita stessa (di cui l’antica e sempre nuova preghiera è figura, simbolo, allegoria, col suo percorso vocale, mentale e spirituale sulla trama della ripetizione di Ave, Pater e Gloria), attraverso i misteri della compassione, della misericordia (leitmotiv dell’anno giubilare appena trascorso), attraverso la vita di Maria e Gesù e la nostra.

LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2163:la-civetta-di-minerva-in-edicola-il-nuovo-numero-del-10-marzo-2017&catid=15:attualita&Itemid=139

Sostieni il nostro impegno: chiedilo in edicola. Per te è solo un euro, per noi un grande aiuto, per la realtà sociale un mezzo di informazione libero, unico e originale. Non fermiamo le poche voci che sono svincolate da chi decide cosa e quando bisogna sapere. L’informazione è potere. Riappropriamoci della capacità di avere un nostro strumento d’informazione. Ti aspettiamo!

Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

Alcuni dei miei ultimi articoli…

 

 

Mostra a Floridia di Tranchino, il maestro di cui scrisse Sciascia

“Di Siracusa rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

“I libri sono per me imprescindibili e la mia pittura si nutre di letteratura”: così ebbe a dirci qualche anno fa il maestro Gaetano Tranchino nel corso di una preziosa intervista in occasione di una mostra siracusana delle sue opere.

Classe 1938, carattere schivo, pochi viaggi e ancor meno presenzialismo da artista “fashion” o engagé, forti legami con il teatro e le radici della nostra cultura, questo artista così imbevuto di cultura classica, di sicilianità nel suo senso più alto, di tecnica sperimentata ogni giorno da più di sessant’anni, espone le sue opere in una personale organizzata dalla “ProLoco Floridia” in occasione delle festività natalizie: “Immagini della memoria” è il titolo della mostra presso la Galleria Civica d’Arte Moderna del Palazzo Raeli di Floridia. Inaugurata mercoledì scorso, sarà possibile visitarla fino al 7 gennaio.  Il testo critico verrà affidato all’architetto Salvatore Rapisarda.

“Seguo il lavoro di Tranchino da più di vent’ anni: da quando, non so più su quale giornale e per quale mostra, ho visto la riproduzione di un suo quadro e, capitando a Siracusa, in compagnia di Dominique Fernandez, che allora passava le estati in una casetta sul mare di Pachino, sono andato nel suo studio. Lavoro, dico, per improprio – in questo caso – modo di dire: Tranchino, stendhalianamente e savinianamente, non lavora […], si diletta: dipinge cioè con diletto, con piacere, come in una prolungata vacanza — tanto prolungata –, continua ed intensa da assorbire interamente la sua vita. E forse appunto da ciò nasce l’attenzione, il sodalizio, l’amicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti proprio nel senso di cui discorreva Savinio per Clerici. E non che il dilettarsi escluda i «latinucci», la ricerca, I’inquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera, sempre, di «divertimento», di gioco esistenziale. Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola ad avvertimento del presente; del destino, anche: e così trascorrendo le immagini, le metafore, gli emblemi da Omero a Conrad, con alquante postille borgesiane.

Otto Weininger diceva che a Siracusa si può nascere o morire, non vivere. Pensava, forse, a Platen che è andato a morirvi. Ma Tranchino non solo serenamente ci vive, ma ne rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

Queste le parole di Leonardo Sciascia su Tranchino e migliore biglietto da visita non potrebbe esistere per un artista, oltre a quanto scritto da critici, sodali e amici come Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo o Claude Ambroise.

Il titolo della mostra ci rimanda a uno dei temi, dei leitmotiv dell’arte di Tranchino: “balconate, muri del giardino, palme nane, colonne mozze, uomo tormentato intorno a un libro, chiazze interstiziali di colori, la casa, approdi…” e gli altri soggetti delle sue opere sono quello che sono e molto di più, cioè la doppia immagine di un oggetto e del suo ricordo, della sua traccia mnestica e del suo essere mithos, racconto di un passato reale e favoloso insieme, la cosa e il suo eternarsi letterario e artistico. Memoria.

Questo vale a maggior ragione per la Sicilia di Tranchino, terra impastata di memorie stratificate e materiche come la texture delle sue opere, terra mai abbandonata, sempre presente sia fisicamente che nel ricordo, imago essa stessa, reale e atemporale insieme come i sogni, come uno stream of consciousness di forme e colori, di racconto e rimembranze.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2052:il-teatro-comunale-ha-aperto-il-2017-come-meglio-non-si-poteva&catid=17&Itemid=143

Il Teatro Comunale ha aperto il 2017 come meglio non si poteva

Maria Lucia Riccioli
Martedì, 07 Febbraio 2017 09:11

Straordinario il concerto pianistico del compositore Orazio Sciortino; coi suoi valzer ha fatto viaggiare gli spettatori tra epoche e stili vibranti ed entusiasmanti

La Civetta di Minerva, 13 gennaio 2017

Il Teatro comunale di Siracusa finalmente restituito e aperto alla città tra una natalizia ghirlanda di polemiche e commenti (su agibilità, serata inaugurale più o meno aperta ai notabiles a vario titolo con un programma accompagnato da un pianoforte digitale, su programmazione, artisti invitati, costi, temperatura e perfino sul nome Massimo), ha aperto il 2017 come meglio non si sarebbe potuto: il pianista, compositore e direttore d’orchestra Orazio Sciortino, siracusano doc, con il suo “Invito al valzer” ha inaugurato il 2017 con uno straordinario concerto pianistico.

Non solo Sciortino è un musicista di eccezionale caratura, ma può essere considerato un eccellente divulgatore: ha spiegato ogni brano eseguito inquadrandolo nella rispettiva temperie storico-culturale.

Come sappiamo, il valzer è l’evoluzione di una danza popolare, il Ländler, in Austria e nel sud della Germania, ma il tempo ternario che scandisce i passi del ballo non è soltanto musica d’intrattenimento: sulle partiture dei compositori l’un-ta-ta della danza è divenuto descrizione di paesaggi geografici e dell’anima: pensiamo al nord introspettivo di Grieg e Sibelius, ai colori impressionisti di Debussy, al lirismo di Chopin, all’inquietudine di Ravel, al virtuosismo di Lizst che riscrive e “remixa” le pagine operistiche più celebri del belcanto (Parisina, Lucia di Lammermoor…) facendone capolavori di agilità pianistica che trasformano lo strumento in un’intera compagine orchestrale. C’è stato spazio per Schubert – con i suoi valzer che ci riportano alle Schubertiadi, le riunioni conviviali per le quali il musicista scriveva e suonava le sue composizioni -, Prokofiev, e un Poulenc amoroso.

Indiscutibile il talento di Sciortino, che riesce ad essere energico e preciso, virtuoso e lirico insieme, facendo viaggiare l’ascoltatore tra epoche stili pianismi diversi ma godibili, vibranti ed entusiasmanti sempre.

Ci auguriamo che il nostro teatro finalmente restaurato e riaperto non ricada più nell’oblio e nella trascuratezza e che la programmazione artistica sia sempre all’altezza della bellezza e del valore culturale di quello che non dev’essere solo un bel monumento o un bel salotto della città, ma un elemento importante della crescita culturale, sociale e turistica di Siracusa.

Si è parlato della possibilità di riportare al Teatro comunale la prosa – in tal senso benaugurante la pièce pirandelliana recitata da Enrico Lo Verso -, il balletto, l’opera ed anche la grande convegnistica, che potrebbe essere un volano importante per la ripresa economica della città e per il suo inserimento in più vasti circuiti.

Chissà cosa aveva in mente l’architetto Giuseppe Damiani D’Almeyda. Chissà quali silenzi hanno custodito questo splendido edificio chiuso dal 1957.

Riassumiamo in breve le vicende della costruzione, rimandando i lettori agli autori che se ne sono occupati per saperne di più sulla genesi sofferta di questo teatro, inaugurato nel 1897 ma vagheggiato molto prima: fu Tommaso Gargallo a suggerire che un nuovo teatro a Siracusa sorgesse sul terreno di quelli che erano il Palazzo Bonanno Filangieri dei Principi di Cattolica e la Chiesa e Monastero dell’Annunziata (ricordiamo le cosiddette leggi eversive del 7 luglio 1866 sulle proprietà ecclesiastiche); è il sindaco Alessandro Statella a commissionarne la costruzione all’ingegnere militare Antonino Breda e la prima pietra viene posta il 14 marzo 1872.

Problemi strutturali, un nuovo ingegnere (Giambattista Basile), modifiche al progetto, demolizioni, rifacimenti: tre anni di lavori e viene nominato il D’Almeyda, contenziosi, ulteriori lavori e finalmente l’inaugurazione nel 1897.

Ma non è finita qui: nel 1957 la chiusura per lavori, la riedificazione di Palazzo Pupillo a fianco del teatro e nuovi problemi alla statica dell’edificio. Notevoli i lavori di restauro dei dipinti di Mancinelli sul soffitto del teatro e delle altre decorazioni che lo adornano.

Sipario dunque? Ai Siracusani per decenni è parso di sì. La riapertura invocata agognata attesa è finalmente avvenuta: un ringraziamento a chi si è speso perché ciò avvenisse e i migliori auspici per una direzione artistica e una gestione oculate.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2067:memoria-dell-olocausto-in-chiesa-la-dachau-messe-di-schwake&catid=17&Itemid=143

Eseguita, al SS. Salvatore, dal coro polifonico De Cicco. Nella serata anche la presentazione e lettura di brani del libro “La giubba a strisce” di Franco Ferrante, sul lager nazista

La Civetta di Minerva, 27 gennaio 2017

Oggi pomeriggio alle ore 19,45 presso la Chiesa del Santissimo Salvatore, sita in Via Necropoli Grotticelle,l’Associazione culturale italo-tedesca (ACIT) di Siracusa, presieduta dall’avvocato Giuseppe Moscatt, in collaborazione con l’Associazione musicale Vittorio Guardo, celebrerà la giornata della memoria in ricordo delle vittime dell’Olocausto secondo il seguente programma: presentazione e lettura del libro La giubba a strisce di Franco Ferrante, a cura della professoressa Francesca Morale. La lettura sarà accompagnata dalla Dachau-Messe di Gregor Schwake, eseguita dal Coro Polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto dal M° Maria Carmela De Cicco e con il M° Cunegonda De Cicco all’organo.

Dachau fu il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler, e con l’espressione “spirito di Dachau” si intende il terrore spietato che venne poi esportato come orrifico paradigma negli altri campi. “Arbeit macht frei” (“il lavoro rende liberi”) fu lo slogan di Dachau, divenuto il simbolo stesso della crudeltà cinica perpetrata ai danni di ebrei, rom, sinti, omosessuali, disabili, prigionieri politici, religiosi, tra cui il domenicano Padre Giuseppe Girotti, morto martire il 1° aprile del 1945 in quel campo, chiamato anche “il campo dei preti” per il gran numero di sacerdoti che vi erano internati e che comunque continuavano anche in quelle terribili condizioni la loro opera di evangelizzazione e testimonianza.

Thomas Saintourens, nel volume “Il maestro” (Piemme Voci), offre alla nostra attenzione la figura delbenedettino Gregor Schwake, un religioso per il quale la musica è il leitmotiv: viene arrestato proprio durante una lezione di musica e il 2 gennaio 1944 arriva a Dachau, preceduto dalla sua fama di musicista. Suona la chitarra, il violoncello, il violino, il pianoforte, il trombone e l’organo e da internato compone una Melodia per l’Epifania e soprattutto la Dachau-Messe, la Messa di Dachau, eseguita per la prima volta il 24 settembre del 1944 per la Madonna della Mercede e con un “ardore tale da far tremare i muri del blocco 26”.

Quando il campo verrà liberato, padre Gregor tornerà alla sua comunità e al suo organo, che non lascerà fino alla sua morte, avvenuta il 13 giugno del 1967.

Fortunosamente vengono recuperati gli spartiti della Messa, poi eseguita in prima assoluta e registrata a Roma nella Basilica di Sant’Anselmo all’Aventino il 22 gennaio 2011 insieme ad altre composizioni del sacerdote, che sognava proprio quella chiesa per far risuonare le proprie melodie.

Musica come espressione di fede, come testimonianza, come strumento di evangelizzazione, come luce e conforto nelle tenebre dell’odio cieco e fanatico, come faro di memoria e segno di unità, speranza e pace.

E ancora…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2103:un-libro-che-ci-porta-nel-cuore-piu-segreto-di-parigi&catid=17&Itemid=143

Un libro che ci porta nel cuore più segreto di Parigi

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 16 Febbraio 2017 16:41

Presentato nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia. La Rosa conduce “lì dove hanno origine le storie”, tra intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione

La Civetta di Minerva, 10 febbraio 2017

“Ed eccoci a un appuntamento che mi sta davvero molto a cuore. Amici miei, prendete nota. Domenica 12 febbraio, alle 18.30, nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia, il mio piccolo avrà due relatori d’eccezione. I cari Simona Lo Iacono e il Prof. Paolo Giansiracusa.

Sarà con noi Marilia Di Giovanni. Ci saranno Raymond Radiguet, Jean Cocteau, Renée Vivien, Natalie Clifford Barney, Carlos Casagemas, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Simone Thiroux, Djuna Barnes, Thelma Wood, e l’adorato Frédéric Bazille. Sarà una festa (mobile). Non mancate”.

Queste le parole dello stesso autore per invitare i lettori siracusani alla presentazione del libro “Quel nome è amore – Itinerari d’artista a Parigi”, uscito per i tipi di “Ad est dell’Equatore”.

La Parigi che era stata protagonista del precedente “Solo a Parigi e non altrove” è la città che sembra non esaurire mai le storie che ospita e quelle cui ha fatto da palcoscenico, nido sfondo contrappunto, scenografia sempre nuova e uguale a se stessa, città-personaggio con i suoi cieli, l’acqua della Senna, il brulicare delle sue vite tra boulevard arrondissement e palazzi.

La Rosa ci porta nel suo cuore più segreto, “dove hanno origine le storie”, e ci conduce con il suo passo non da turista – spesso irretito dallo strato più banale e commerciale del volto di Parigi – e neppure da viaggiatore seppure esperto, ma da autentico flaneur, passeggiatore per vocazione, camminatore per spirito di contemplazione, indagatore apparentemente svagato ma pronto all’incanto, alla scoperta, alla rivelazione: “Mi piace che sia il caso a tracciare le mie rotte”, fa confessare al suo protagonista e alter ego.

Non sorprende la collana di storie che perla dopo perla l’autore annoda con il filo della sua scrittura fluida e poetica: intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione.

I secoli si intrecciano, i piani temporali si mescolano e sembra quasi naturale vedere per strada Cocteau e sentire richiami da ere perdute, pettegolezzi dall’Ottocento, l’eco di stivali della Gestapo dal secolo breve: Radiguet e Picasso, Modigliani e la Vivien…

Il protagonista e l’autore li seguono e si fanno inseguire dai loro spettri, dalle tracce luminose come bave di lucciola sui cieli, sulle facciate, sulle lapidi dei cimiteri, nei letti di palazzi e camere d’albergo, sotto i lampioni, sulle panchine e i ponti, in una sorta di pilgrimage letterario, seguendo una devozione alla bellezza che ha nome Amore.

Ad illustrare – ma no, è molto di più – il volume, le mappe disegnate dall’artista catanese Alessio Grillo, interprete dei percorsi sentimentali del protagonista: sotto i nostri occhi si squaderna la geografia del cuore di Luigi La Rosa, la Parigi che diventa una calviniana città invisibile dei suoi eroi poetici, il suo pantheon di artisti come lui innamorati della Ville Lumière, festa mobile d’Europa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

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Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

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The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

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LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

LA CIVETTA DI MINERVA del 24 febbraio 2017

04 sabato Mar 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Ecco il nuovo numero in edicola dal 24 febbraio!

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Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

Troverete due pezzi firmati da me…

On line troverete sempre i nostri articoli confluiti dal cartaceo… ecco il link ad alcuni dei miei ultimi pezzi.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2007:con-mike-bongiorno-si-cimentarono-i-siracusani-casole-e-puzzo&catid=17&Itemid=143

“Con Mike Bongiorno si cimentarono i siracusani Casole e Puzzo”

Pino Frisoli, storico della televisione e dello sport, autore con Eddy Anselmi di “Rischiatutto – Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione”: “Giuseppe Puzzo ne fu campione dall’8 al 29 novembre 1973”

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

I lettori de “La Civetta di Minerva” ricorderanno che la scorsa primavera alla “Prova pulsante – Quasi quasi Rischiatutto”, andata in onda su RaiTre e condotta da Fabio Fazio, il professor Osvaldo Terranova, docente di Lettere presso il Liceo polivalente “Marco Fabio Quintiliano” di Siracusa, ha risposto a una batteria di domande su Gianni Morandi e Ugo Foscolo.

Ma il professore siracusano non è il primo siciliano né il primo aretuseo a tentare la partecipazione alla mitica trasmissione Rai “Rischiatutto”, vero fenomeno televisivo in un’epoca in cui i social erano di là da venire.

“La Civetta di Minerva” ha chiesto lumi in tal senso a Pino Frisoli, storico della televisione e dello sport, che insieme a Eddy Anselmi ha pubblicato per i tipi Rai Eri “Rischiatutto – Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione”: una carrellata puntuale e nostalgica di nomi e volti – dalla “valletta” Sabina Ciuffini al “signor No” Ludovico Peregrini, ai concorrenti Inardi, Longari… – per un “Come eravamo” fatto di buste e “colpi di scena”.

“Mi chiedevi notizie dei concorrenti siciliani di Rischiatutto. Nella puntata del 2 luglio 1970 la Sicilia era una delle domande del tabellone. Nella puntata del 29 ottobre 1970 partecipò la 25enne studentessa di lettere palermitana Elettra Maniscalco, che si presentava su Giovanni Verga, eletta “Miss Rischiatutto” dai tecnici della trasmissione: impensierì il campione Giancarlo Rolfi prima di cedere alla distanza. Il 26 ottobre 1972, nella prima puntata dell’edizione 1972/’73, la nuova campionessa è Ines Giuffrè, 43enne insegnante di Naso, in provincia di Messina, che risponde a domande su vita e opere di Virgilio. È stata la più brava studentessa della Sicilia ed era stata riserva, senza prendere parte alla trasmissione, dell’ultima puntata di “Lascia o raddoppia?”. Rimarrà in carica una sola puntata. Nella puntata del 25 gennaio 1973 si presentano due concorrenti siciliani di nascita: Angelo Bausone, studente all’istituto magistrale di Vigevano, che si cimenta sulla storia della filosofia greca, ha appena compiuto 18 anni ed è il più giovane concorrente nella storia di Rischiatutto; il pubblico è dalla sua parte, ma Bausone termina sotto zero e non riesce nemmeno a partecipare al raddoppio in cabina, ma alla fine della trasmissione il campione, Domenico Giacomino Piovano, annuncia che gli cederà un milione per aiutarlo a proseguire gli studi; l’altra sfidante è una professoressa di Lettere di Narni nata a Catania, la signorina Santa Mirone, 33enne, che risponde a domande sul cinema italiano del dopoguerra. Nella puntata del 3 maggio 1973 partecipa Alberto Cusimano di Palermo, maestro elementare nel torinese, che si presenta sulla storia della Sicilia e di Roma: termina però sotto zero il gioco del tabellone e non accede alle domande del raddoppio. Nella puntata del 17 maggio 1973 è la volta di Emanuele Di Stefano, 39enne poliglotta di Palermo, funzionario dei servizi esteri di un istituto di credito, che si presenta per la geografia mondiale. È proprio Di Stefano a rispondere alla domanda di Mike Bongiorno sull’uccello lira inserita nel tabellone per l’ornitologia: questo episodio lo raccontiamo in dettaglio nel libro nel paragrafo “La misteriosa vicenda dell’ornitologia”. Nella puntata del 14 marzo 1974 concorre Vito Calogero, 48enne assicuratore milanese di origine siciliana che risponde a domande sulle tragedie di Shakespeare, ma non riesce ad assicurarsi le 200.000 lire del raddoppio minimo. Da ricordare poi, tra le parodie di Rischiatutto, quella del comico e cantante catanese Ciccio Pasticcio, al secolo Andrea Maugeri, formidabile imitatore di Franco Franchi. Tra gli anni ’70 e ’80 incise numerosi 45 giri Lp e musicassette vendutissimi in Sicilia e in uno di questi sketch “Ciccio Pasticcio a Rischiatutto”, viene ricostruita una puntata del quiz”.

E per quanto riguarda i siracusani?

“A proposito di Siracusa, nella puntata del 21 gennaio 1971 si presentò Augusto Casole, studente universitario di Augusta (Siracusa) iscritto al terzo anno di lettere che rispondeva su Giacomo Leopardi. Dall’8 al 29 novembre 1973 è campione di Rischiatutto Giuseppe Puzzo, siracusano di nascita, 39enne vice provveditore agli studi di Ascoli Piceno e per dieci anni sindaco di Moresco, piccolo paese delle Marche. Parteciperà anche alla semifinale delle edizioni dal 1972 al 1974. Finita l’esperienza a Rischiatutto, Puzzo scriverà due libri: “Le rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa” e “Lettere a un campione di Rischiatutto”.

Segnalo anche alla tua attenzione l’amico Cesare Borrometi, siracusano di nascita residente a Chivasso, uno dei più importanti esperti di storia della Tv in Italia, citato anche nei ringraziamenti nel libro e già campione di Sarabanda, quiz musicale di Italia Uno”.

Il volume è introdotto da Daniela Bongiorno, vedova di Mike, e parte dei proventi verranno devoluti alla omonima fondazione per iniziative benefiche.

Per inciso…

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Mostra a Floridia di Tranchino, il maestro di cui scrisse Sciascia

“Di Siracusa rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

“I libri sono per me imprescindibili e la mia pittura si nutre di letteratura”: così ebbe a dirci qualche anno fa il maestro Gaetano Tranchino nel corso di una preziosa intervista in occasione di una mostra siracusana delle sue opere.

Classe 1938, carattere schivo, pochi viaggi e ancor meno presenzialismo da artista “fashion” o engagé, forti legami con il teatro e le radici della nostra cultura, questo artista così imbevuto di cultura classica, di sicilianità nel suo senso più alto, di tecnica sperimentata ogni giorno da più di sessant’anni, espone le sue opere in una personale organizzata dalla “ProLoco Floridia” in occasione delle festività natalizie: “Immagini della memoria” è il titolo della mostra presso la Galleria Civica d’Arte Moderna del Palazzo Raeli di Floridia. Inaugurata mercoledì scorso, sarà possibile visitarla fino al 7 gennaio.  Il testo critico verrà affidato all’architetto Salvatore Rapisarda.

“Seguo il lavoro di Tranchino da più di vent’ anni: da quando, non so più su quale giornale e per quale mostra, ho visto la riproduzione di un suo quadro e, capitando a Siracusa, in compagnia di Dominique Fernandez, che allora passava le estati in una casetta sul mare di Pachino, sono andato nel suo studio. Lavoro, dico, per improprio – in questo caso – modo di dire: Tranchino, stendhalianamente e savinianamente, non lavora […], si diletta: dipinge cioè con diletto, con piacere, come in una prolungata vacanza — tanto prolungata –, continua ed intensa da assorbire interamente la sua vita. E forse appunto da ciò nasce l’attenzione, il sodalizio, l’amicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti proprio nel senso di cui discorreva Savinio per Clerici. E non che il dilettarsi escluda i «latinucci», la ricerca, I’inquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera, sempre, di «divertimento», di gioco esistenziale. Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola ad avvertimento del presente; del destino, anche: e così trascorrendo le immagini, le metafore, gli emblemi da Omero a Conrad, con alquante postille borgesiane.

Otto Weininger diceva che a Siracusa si può nascere o morire, non vivere. Pensava, forse, a Platen che è andato a morirvi. Ma Tranchino non solo serenamente ci vive, ma ne rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

Queste le parole di Leonardo Sciascia su Tranchino e migliore biglietto da visita non potrebbe esistere per un artista, oltre a quanto scritto da critici, sodali e amici come Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo o Claude Ambroise.

Il titolo della mostra ci rimanda a uno dei temi, dei leitmotiv dell’arte di Tranchino: “balconate, muri del giardino, palme nane, colonne mozze, uomo tormentato intorno a un libro, chiazze interstiziali di colori, la casa, approdi…” e gli altri soggetti delle sue opere sono quello che sono e molto di più, cioè la doppia immagine di un oggetto e del suo ricordo, della sua traccia mnestica e del suo essere mithos, racconto di un passato reale e favoloso insieme, la cosa e il suo eternarsi letterario e artistico. Memoria.

Questo vale a maggior ragione per la Sicilia di Tranchino, terra impastata di memorie stratificate e materiche come la texture delle sue opere, terra mai abbandonata, sempre presente sia fisicamente che nel ricordo, imago essa stessa, reale e atemporale insieme come i sogni, come uno stream of consciousness di forme e colori, di racconto e rimembranze.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2052:il-teatro-comunale-ha-aperto-il-2017-come-meglio-non-si-poteva&catid=17&Itemid=143

Il Teatro Comunale ha aperto il 2017 come meglio non si poteva

Maria Lucia Riccioli
Martedì, 07 Febbraio 2017 09:11

Straordinario il concerto pianistico del compositore Orazio Sciortino; coi suoi valzer ha fatto viaggiare gli spettatori tra epoche e stili vibranti ed entusiasmanti

La Civetta di Minerva, 13 gennaio 2017

Il Teatro comunale di Siracusa finalmente restituito e aperto alla città tra una natalizia ghirlanda di polemiche e commenti (su agibilità, serata inaugurale più o meno aperta ai notabiles a vario titolo con un programma accompagnato da un pianoforte digitale, su programmazione, artisti invitati, costi, temperatura e perfino sul nome Massimo), ha aperto il 2017 come meglio non si sarebbe potuto: il pianista, compositore e direttore d’orchestra Orazio Sciortino, siracusano doc, con il suo “Invito al valzer” ha inaugurato il 2017 con uno straordinario concerto pianistico.

Non solo Sciortino è un musicista di eccezionale caratura, ma può essere considerato un eccellente divulgatore: ha spiegato ogni brano eseguito inquadrandolo nella rispettiva temperie storico-culturale.

Come sappiamo, il valzer è l’evoluzione di una danza popolare, il Ländler, in Austria e nel sud della Germania, ma il tempo ternario che scandisce i passi del ballo non è soltanto musica d’intrattenimento: sulle partiture dei compositori l’un-ta-ta della danza è divenuto descrizione di paesaggi geografici e dell’anima: pensiamo al nord introspettivo di Grieg e Sibelius, ai colori impressionisti di Debussy, al lirismo di Chopin, all’inquietudine di Ravel, al virtuosismo di Lizst che riscrive e “remixa” le pagine operistiche più celebri del belcanto (Parisina, Lucia di Lammermoor…) facendone capolavori di agilità pianistica che trasformano lo strumento in un’intera compagine orchestrale. C’è stato spazio per Schubert – con i suoi valzer che ci riportano alle Schubertiadi, le riunioni conviviali per le quali il musicista scriveva e suonava le sue composizioni -, Prokofiev, e un Poulenc amoroso.

Indiscutibile il talento di Sciortino, che riesce ad essere energico e preciso, virtuoso e lirico insieme, facendo viaggiare l’ascoltatore tra epoche stili pianismi diversi ma godibili, vibranti ed entusiasmanti sempre.

Ci auguriamo che il nostro teatro finalmente restaurato e riaperto non ricada più nell’oblio e nella trascuratezza e che la programmazione artistica sia sempre all’altezza della bellezza e del valore culturale di quello che non dev’essere solo un bel monumento o un bel salotto della città, ma un elemento importante della crescita culturale, sociale e turistica di Siracusa.

Si è parlato della possibilità di riportare al Teatro comunale la prosa – in tal senso benaugurante la pièce pirandelliana recitata da Enrico Lo Verso -, il balletto, l’opera ed anche la grande convegnistica, che potrebbe essere un volano importante per la ripresa economica della città e per il suo inserimento in più vasti circuiti.

Chissà cosa aveva in mente l’architetto Giuseppe Damiani D’Almeyda. Chissà quali silenzi hanno custodito questo splendido edificio chiuso dal 1957.

Riassumiamo in breve le vicende della costruzione, rimandando i lettori agli autori che se ne sono occupati per saperne di più sulla genesi sofferta di questo teatro, inaugurato nel 1897 ma vagheggiato molto prima: fu Tommaso Gargallo a suggerire che un nuovo teatro a Siracusa sorgesse sul terreno di quelli che erano il Palazzo Bonanno Filangieri dei Principi di Cattolica e la Chiesa e Monastero dell’Annunziata (ricordiamo le cosiddette leggi eversive del 7 luglio 1866 sulle proprietà ecclesiastiche); è il sindaco Alessandro Statella a commissionarne la costruzione all’ingegnere militare Antonino Breda e la prima pietra viene posta il 14 marzo 1872.

Problemi strutturali, un nuovo ingegnere (Giambattista Basile), modifiche al progetto, demolizioni, rifacimenti: tre anni di lavori e viene nominato il D’Almeyda, contenziosi, ulteriori lavori e finalmente l’inaugurazione nel 1897.

Ma non è finita qui: nel 1957 la chiusura per lavori, la riedificazione di Palazzo Pupillo a fianco del teatro e nuovi problemi alla statica dell’edificio. Notevoli i lavori di restauro dei dipinti di Mancinelli sul soffitto del teatro e delle altre decorazioni che lo adornano.

Sipario dunque? Ai Siracusani per decenni è parso di sì. La riapertura invocata agognata attesa è finalmente avvenuta: un ringraziamento a chi si è speso perché ciò avvenisse e i migliori auspici per una direzione artistica e una gestione oculate.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2067:memoria-dell-olocausto-in-chiesa-la-dachau-messe-di-schwake&catid=17&Itemid=143

Eseguita, al SS. Salvatore, dal coro polifonico De Cicco. Nella serata anche la presentazione e lettura di brani del libro “La giubba a strisce” di Franco Ferrante, sul lager nazista

La Civetta di Minerva, 27 gennaio 2017

Oggi pomeriggio alle ore 19,45 presso la Chiesa del Santissimo Salvatore, sita in Via Necropoli Grotticelle,l’Associazione culturale italo-tedesca (ACIT) di Siracusa, presieduta dall’avvocato Giuseppe Moscatt, in collaborazione con l’Associazione musicale Vittorio Guardo, celebrerà la giornata della memoria in ricordo delle vittime dell’Olocausto secondo il seguente programma: presentazione e lettura del libro La giubba a strisce di Franco Ferrante, a cura della professoressa Francesca Morale. La lettura sarà accompagnata dalla Dachau-Messe di Gregor Schwake, eseguita dal Coro Polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto dal M° Maria Carmela De Cicco e con il M° Cunegonda De Cicco all’organo.

Dachau fu il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler, e con l’espressione “spirito di Dachau” si intende il terrore spietato che venne poi esportato come orrifico paradigma negli altri campi. “Arbeit macht frei” (“il lavoro rende liberi”) fu lo slogan di Dachau, divenuto il simbolo stesso della crudeltà cinica perpetrata ai danni di ebrei, rom, sinti, omosessuali, disabili, prigionieri politici, religiosi, tra cui il domenicano Padre Giuseppe Girotti, morto martire il 1° aprile del 1945 in quel campo, chiamato anche “il campo dei preti” per il gran numero di sacerdoti che vi erano internati e che comunque continuavano anche in quelle terribili condizioni la loro opera di evangelizzazione e testimonianza.

Thomas Saintourens, nel volume “Il maestro” (Piemme Voci), offre alla nostra attenzione la figura delbenedettino Gregor Schwake, un religioso per il quale la musica è il leitmotiv: viene arrestato proprio durante una lezione di musica e il 2 gennaio 1944 arriva a Dachau, preceduto dalla sua fama di musicista. Suona la chitarra, il violoncello, il violino, il pianoforte, il trombone e l’organo e da internato compone una Melodia per l’Epifania e soprattutto la Dachau-Messe, la Messa di Dachau, eseguita per la prima volta il 24 settembre del 1944 per la Madonna della Mercede e con un “ardore tale da far tremare i muri del blocco 26”.

Quando il campo verrà liberato, padre Gregor tornerà alla sua comunità e al suo organo, che non lascerà fino alla sua morte, avvenuta il 13 giugno del 1967.

Fortunosamente vengono recuperati gli spartiti della Messa, poi eseguita in prima assoluta e registrata a Roma nella Basilica di Sant’Anselmo all’Aventino il 22 gennaio 2011 insieme ad altre composizioni del sacerdote, che sognava proprio quella chiesa per far risuonare le proprie melodie.

Musica come espressione di fede, come testimonianza, come strumento di evangelizzazione, come luce e conforto nelle tenebre dell’odio cieco e fanatico, come faro di memoria e segno di unità, speranza e pace.

E ancora…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2103:un-libro-che-ci-porta-nel-cuore-piu-segreto-di-parigi&catid=17&Itemid=143

Un libro che ci porta nel cuore più segreto di Parigi

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 16 Febbraio 2017 16:41

Presentato nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia. La Rosa conduce “lì dove hanno origine le storie”, tra intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione

La Civetta di Minerva, 10 febbraio 2017

“Ed eccoci a un appuntamento che mi sta davvero molto a cuore. Amici miei, prendete nota. Domenica 12 febbraio, alle 18.30, nella splendida cornice della Casa del Libro di Ortigia, il mio piccolo avrà due relatori d’eccezione. I cari Simona Lo Iacono e il Prof. Paolo Giansiracusa.

Sarà con noi Marilia Di Giovanni. Ci saranno Raymond Radiguet, Jean Cocteau, Renée Vivien, Natalie Clifford Barney, Carlos Casagemas, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Simone Thiroux, Djuna Barnes, Thelma Wood, e l’adorato Frédéric Bazille. Sarà una festa (mobile). Non mancate”.

Queste le parole dello stesso autore per invitare i lettori siracusani alla presentazione del libro “Quel nome è amore – Itinerari d’artista a Parigi”, uscito per i tipi di “Ad est dell’Equatore”.

La Parigi che era stata protagonista del precedente “Solo a Parigi e non altrove” è la città che sembra non esaurire mai le storie che ospita e quelle cui ha fatto da palcoscenico, nido sfondo contrappunto, scenografia sempre nuova e uguale a se stessa, città-personaggio con i suoi cieli, l’acqua della Senna, il brulicare delle sue vite tra boulevard arrondissement e palazzi.

La Rosa ci porta nel suo cuore più segreto, “dove hanno origine le storie”, e ci conduce con il suo passo non da turista – spesso irretito dallo strato più banale e commerciale del volto di Parigi – e neppure da viaggiatore seppure esperto, ma da autentico flaneur, passeggiatore per vocazione, camminatore per spirito di contemplazione, indagatore apparentemente svagato ma pronto all’incanto, alla scoperta, alla rivelazione: “Mi piace che sia il caso a tracciare le mie rotte”, fa confessare al suo protagonista e alter ego.

Non sorprende la collana di storie che perla dopo perla l’autore annoda con il filo della sua scrittura fluida e poetica: intellettuali e artisti dall’esistenza raminga, maudit, sempre in bilico tra successo e perdizione.

I secoli si intrecciano, i piani temporali si mescolano e sembra quasi naturale vedere per strada Cocteau e sentire richiami da ere perdute, pettegolezzi dall’Ottocento, l’eco di stivali della Gestapo dal secolo breve: Radiguet e Picasso, Modigliani e la Vivien…

Il protagonista e l’autore li seguono e si fanno inseguire dai loro spettri, dalle tracce luminose come bave di lucciola sui cieli, sulle facciate, sulle lapidi dei cimiteri, nei letti di palazzi e camere d’albergo, sotto i lampioni, sulle panchine e i ponti, in una sorta di pilgrimage letterario, seguendo una devozione alla bellezza che ha nome Amore.

Ad illustrare – ma no, è molto di più – il volume, le mappe disegnate dall’artista catanese Alessio Grillo, interprete dei percorsi sentimentali del protagonista: sotto i nostri occhi si squaderna la geografia del cuore di Luigi La Rosa, la Parigi che diventa una calviniana città invisibile dei suoi eroi poetici, il suo pantheon di artisti come lui innamorati della Ville Lumière, festa mobile d’Europa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

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The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

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LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

Paesi che vai… oggi, 4 febbraio, da Siracusa!

04 sabato Feb 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

LA CIVETTA DI MINERVA del 27 gennaio 2017

29 domenica Gen 2017

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

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Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

 

Troverete un pezzo firmato da me…

On line troverete sempre i nostri articoli confluiti dal cartaceo… ecco il link ad alcuni dei miei ultimi pezzi.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2007:con-mike-bongiorno-si-cimentarono-i-siracusani-casole-e-puzzo&catid=17&Itemid=143

“Con Mike Bongiorno si cimentarono i siracusani Casole e Puzzo”

Pino Frisoli, storico della televisione e dello sport, autore con Eddy Anselmi di “Rischiatutto – Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione”: “Giuseppe Puzzo ne fu campione dall’8 al 29 novembre 1973”

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

I lettori de “La Civetta di Minerva” ricorderanno che la scorsa primavera alla “Prova pulsante – Quasi quasi Rischiatutto”, andata in onda su RaiTre e condotta da Fabio Fazio, il professor Osvaldo Terranova, docente di Lettere presso il Liceo polivalente “Marco Fabio Quintiliano” di Siracusa, ha risposto a una batteria di domande su Gianni Morandi e Ugo Foscolo.

Ma il professore siracusano non è il primo siciliano né il primo aretuseo a tentare la partecipazione alla mitica trasmissione Rai “Rischiatutto”, vero fenomeno televisivo in un’epoca in cui i social erano di là da venire.

“La Civetta di Minerva” ha chiesto lumi in tal senso a Pino Frisoli, storico della televisione e dello sport, che insieme a Eddy Anselmi ha pubblicato per i tipi Rai Eri “Rischiatutto – Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione”: una carrellata puntuale e nostalgica di nomi e volti – dalla “valletta” Sabina Ciuffini al “signor No” Ludovico Peregrini, ai concorrenti Inardi, Longari… – per un “Come eravamo” fatto di buste e “colpi di scena”.

“Mi chiedevi notizie dei concorrenti siciliani di Rischiatutto. Nella puntata del 2 luglio 1970 la Sicilia era una delle domande del tabellone. Nella puntata del 29 ottobre 1970 partecipò la 25enne studentessa di lettere palermitana Elettra Maniscalco, che si presentava su Giovanni Verga, eletta “Miss Rischiatutto” dai tecnici della trasmissione: impensierì il campione Giancarlo Rolfi prima di cedere alla distanza. Il 26 ottobre 1972, nella prima puntata dell’edizione 1972/’73, la nuova campionessa è Ines Giuffrè, 43enne insegnante di Naso, in provincia di Messina, che risponde a domande su vita e opere di Virgilio. È stata la più brava studentessa della Sicilia ed era stata riserva, senza prendere parte alla trasmissione, dell’ultima puntata di “Lascia o raddoppia?”. Rimarrà in carica una sola puntata. Nella puntata del 25 gennaio 1973 si presentano due concorrenti siciliani di nascita: Angelo Bausone, studente all’istituto magistrale di Vigevano, che si cimenta sulla storia della filosofia greca, ha appena compiuto 18 anni ed è il più giovane concorrente nella storia di Rischiatutto; il pubblico è dalla sua parte, ma Bausone termina sotto zero e non riesce nemmeno a partecipare al raddoppio in cabina, ma alla fine della trasmissione il campione, Domenico Giacomino Piovano, annuncia che gli cederà un milione per aiutarlo a proseguire gli studi; l’altra sfidante è una professoressa di Lettere di Narni nata a Catania, la signorina Santa Mirone, 33enne, che risponde a domande sul cinema italiano del dopoguerra. Nella puntata del 3 maggio 1973 partecipa Alberto Cusimano di Palermo, maestro elementare nel torinese, che si presenta sulla storia della Sicilia e di Roma: termina però sotto zero il gioco del tabellone e non accede alle domande del raddoppio. Nella puntata del 17 maggio 1973 è la volta di Emanuele Di Stefano, 39enne poliglotta di Palermo, funzionario dei servizi esteri di un istituto di credito, che si presenta per la geografia mondiale. È proprio Di Stefano a rispondere alla domanda di Mike Bongiorno sull’uccello lira inserita nel tabellone per l’ornitologia: questo episodio lo raccontiamo in dettaglio nel libro nel paragrafo “La misteriosa vicenda dell’ornitologia”. Nella puntata del 14 marzo 1974 concorre Vito Calogero, 48enne assicuratore milanese di origine siciliana che risponde a domande sulle tragedie di Shakespeare, ma non riesce ad assicurarsi le 200.000 lire del raddoppio minimo. Da ricordare poi, tra le parodie di Rischiatutto, quella del comico e cantante catanese Ciccio Pasticcio, al secolo Andrea Maugeri, formidabile imitatore di Franco Franchi. Tra gli anni ’70 e ’80 incise numerosi 45 giri Lp e musicassette vendutissimi in Sicilia e in uno di questi sketch “Ciccio Pasticcio a Rischiatutto”, viene ricostruita una puntata del quiz”.

E per quanto riguarda i siracusani?

“A proposito di Siracusa, nella puntata del 21 gennaio 1971 si presentò Augusto Casole, studente universitario di Augusta (Siracusa) iscritto al terzo anno di lettere che rispondeva su Giacomo Leopardi. Dall’8 al 29 novembre 1973 è campione di Rischiatutto Giuseppe Puzzo, siracusano di nascita, 39enne vice provveditore agli studi di Ascoli Piceno e per dieci anni sindaco di Moresco, piccolo paese delle Marche. Parteciperà anche alla semifinale delle edizioni dal 1972 al 1974. Finita l’esperienza a Rischiatutto, Puzzo scriverà due libri: “Le rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa” e “Lettere a un campione di Rischiatutto”.

Segnalo anche alla tua attenzione l’amico Cesare Borrometi, siracusano di nascita residente a Chivasso, uno dei più importanti esperti di storia della Tv in Italia, citato anche nei ringraziamenti nel libro e già campione di Sarabanda, quiz musicale di Italia Uno”.

Il volume è introdotto da Daniela Bongiorno, vedova di Mike, e parte dei proventi verranno devoluti alla omonima fondazione per iniziative benefiche.

Per inciso…

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Mostra a Floridia di Tranchino, il maestro di cui scrisse Sciascia

“Di Siracusa rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

La Civetta di Minerva, 23 dicembre 2016

“I libri sono per me imprescindibili e la mia pittura si nutre di letteratura”: così ebbe a dirci qualche anno fa il maestro Gaetano Tranchino nel corso di una preziosa intervista in occasione di una mostra siracusana delle sue opere.

Classe 1938, carattere schivo, pochi viaggi e ancor meno presenzialismo da artista “fashion” o engagé, forti legami con il teatro e le radici della nostra cultura, questo artista così imbevuto di cultura classica, di sicilianità nel suo senso più alto, di tecnica sperimentata ogni giorno da più di sessant’anni, espone le sue opere in una personale organizzata dalla “ProLoco Floridia” in occasione delle festività natalizie: “Immagini della memoria” è il titolo della mostra presso la Galleria Civica d’Arte Moderna del Palazzo Raeli di Floridia. Inaugurata mercoledì scorso, sarà possibile visitarla fino al 7 gennaio.  Il testo critico verrà affidato all’architetto Salvatore Rapisarda.

“Seguo il lavoro di Tranchino da più di vent’ anni: da quando, non so più su quale giornale e per quale mostra, ho visto la riproduzione di un suo quadro e, capitando a Siracusa, in compagnia di Dominique Fernandez, che allora passava le estati in una casetta sul mare di Pachino, sono andato nel suo studio. Lavoro, dico, per improprio – in questo caso – modo di dire: Tranchino, stendhalianamente e savinianamente, non lavora […], si diletta: dipinge cioè con diletto, con piacere, come in una prolungata vacanza — tanto prolungata –, continua ed intensa da assorbire interamente la sua vita. E forse appunto da ciò nasce l’attenzione, il sodalizio, l’amicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti proprio nel senso di cui discorreva Savinio per Clerici. E non che il dilettarsi escluda i «latinucci», la ricerca, I’inquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera, sempre, di «divertimento», di gioco esistenziale. Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola ad avvertimento del presente; del destino, anche: e così trascorrendo le immagini, le metafore, gli emblemi da Omero a Conrad, con alquante postille borgesiane.

Otto Weininger diceva che a Siracusa si può nascere o morire, non vivere. Pensava, forse, a Platen che è andato a morirvi. Ma Tranchino non solo serenamente ci vive, ma ne rivive i miti lontani (che a volte appaiono come «citazioni» di De Chirico, di Savinio) e quelli dell’infanzia: tra il mare e la campagna, nei dissepolti splendori di una civiltà impareggiabile”.

Queste le parole di Leonardo Sciascia su Tranchino e migliore biglietto da visita non potrebbe esistere per un artista, oltre a quanto scritto da critici, sodali e amici come Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo o Claude Ambroise.

Il titolo della mostra ci rimanda a uno dei temi, dei leitmotiv dell’arte di Tranchino: “balconate, muri del giardino, palme nane, colonne mozze, uomo tormentato intorno a un libro, chiazze interstiziali di colori, la casa, approdi…” e gli altri soggetti delle sue opere sono quello che sono e molto di più, cioè la doppia immagine di un oggetto e del suo ricordo, della sua traccia mnestica e del suo essere mithos, racconto di un passato reale e favoloso insieme, la cosa e il suo eternarsi letterario e artistico. Memoria.

Questo vale a maggior ragione per la Sicilia di Tranchino, terra impastata di memorie stratificate e materiche come la texture delle sue opere, terra mai abbandonata, sempre presente sia fisicamente che nel ricordo, imago essa stessa, reale e atemporale insieme come i sogni, come uno stream of consciousness di forme e colori, di racconto e rimembranze.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 4 febbraio alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

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The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

http://www.lacivettapress.it/it/

LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

LA CIVETTA DI MINERVA del 23 dicembre 2016

23 venerdì Dic 2016

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1981%3Ala-civetta-di-minerva-in-edicola-il-nuovo-numero-del-23-dicembre-2016&catid=15%3Aattualita&Itemid=139

Sostieni il nostro impegno: chiedilo in edicola. Per te è solo un euro, per noi un grande aiuto, per la realtà sociale un mezzo di informazione libero, unico e originale. Non fermiamo le poche voci che sono svincolate da chi decide cosa e quando bisogna sapere. L’informazione è potere. Riappropriamoci della capacità di avere un nostro strumento d’informazione. Ti aspettiamo!

Approfitto per rinnovare la mia attestazione di stima verso il direttore Franco Oddo e il vicedirettore Marina De Michele per la loro passione e il loro impegno per un giornalismo non allineato.

Grazie anche a tutta la redazione per i sacrifici e il tempo per scrivere rubato ad altro.

 

Troverete alcuni pezzi firmati da me…

On line troverete sempre i nostri articoli confluiti dal cartaceo… ecco il link ad alcuni dei miei ultimi pezzi.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143

Ecco un articolo sulla nostra Siracusa…

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1965:rai-uno-chiude-il-2016-coi-monumenti-di-siracusa&catid=14:siracusa&Itemid=138

Rai Uno chiude il 2016 coi monumenti di Siracusa

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016

In città una troupe di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni”. “Non è facile raccontare i silenzi di questi antichi luoghi in rovina, ma ci proviamo”. Regista il siracusano Giulio Reale. Andrà in onda il 31 dicembre alle 11.30

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Riprese in un paio di giorni miracolosamente graziati dalla pioggia, conversazioni sui gioielli aretusei sullo sfondo del Porto Grande che sembra dipinto: “La Civetta di Minerva” è stata per voi sul set di “Paesi che vai… Luoghi, detti, comuni”, in onda su Rai1 alle 11.30.

Dopo Firenze, Lecce, Bolzano, Verona, Assisi e Napoli, protagoniste delle precedenti puntate della stagione 2016/2017 del format condotto da Livio Leonardi, ecco proprio la nostra Siracusa, che in una dolce luce decembrina chiuderà il 2016: la puntata che la riguarda andrà in onda infatti il 31 di dicembre.

Non è la prima volta che la vostra trasmissione si occupa della Sicilia.

Stefania Bove, autrice del programma: “Palermo – la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale inserite nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarate patrimonio dell’umanità – è il 51esimo sito italiano inserito nella lista dell’UNESCO ed ha portato a sette il numero dei siti siciliani riconosciuti meritevoli di una particolare attenzione per il loro valore. L’Etna – ‘a Muntagna dei siciliani –, il vulcano che costituisce un unicum ambientalistico, paesaggistico e culturale, è il penultimo sito inserito. La nostra trasmissione è incentrata proprio sulla valorizzazione di questo patrimonio immenso che vede l’Italia come detentrice della maggiore quantità di siti da conservare e far conoscere”.

Quali percorsi avete seguito?

“Per quanto riguarda Siracusa, abbiamo escluso pur a malincuore Pantalica e invece incentreremo la trasmissione sul Castello Maniace, sul Duomo, sul Caravaggio di Santa Lucia alla Badia – e vedremo anche il rapporto tra l’artista lombardo che dipinse per la Basilica di Santa Lucia al Sepolcro “Il seppellimento di Santa Lucia” e il siracusano Mario Minniti – , e naturalmente sulla Neapolis, coinvolgendo dei figuranti dell’INDA. L’itinerario greco coinvolgerà anche le fortificazioni di Epipoli – il castello Eurialo ci fornirà anche l’aggancio per narrare ad esempio la disfatta degli Ateniesi, oltre che ovviamente il ruolo di Archimede nella difesa di Siracusa durante l’assedio di Marcello. Di molti monumenti non rimangono che rovine e non è facile raccontarne i silenzi, ma ci proviamo”.

Philippe Daverio o la “premiata ditta” Piero e Alberto Angela costituiscono modelli di divulgazione validissimi anche se differenti; come si pone in tal senso la vostra trasmissione?

“Il nostro scopo è raccontare le bellezze dell’Italia non dal punto di vista dello studioso o del direttore di un museo, ma da quello del visitatore che si affida a una guida turistica – in questo caso Silvia Scollo, che ringraziamo –, quindi a chi fa della comunicazione turistica il proprio pane quotidiano. Quello che chiameremmo in inglese l’hotspot del programma è proprio questo: un approccio immediato ma non banale ai luoghi nell’ottica della messa in risalto dei siti patrimonio dell’umanità”.

Avete pensato a degli itinerari di tipo musicale o letterario? Quali prossime tappe avete in programma per quanto riguarda la Sicilia?

“Per quanto riguarda la prima domanda, no, anche se su Catania potremmo giocare sul Teatro Massimo Bellini” (e ci permettiamo di proporre un itinerario verghiano, oltre che ricordare all’autrice i nostri miti letterari come Vittorini e Quasimodo e la situazione del nostro Teatro Massimo). Il conduttore e ideatore del format è il giornalista Livio Leonardi, che tra una ripresa e l’altra – responsabile ne è uno scrupoloso e attentissimo Giulio Reale, regista siracusano che ha girato cinque delle sei puntate di quest’anno andate in onda finora, mentre l’altro regista del programma è Dario Magini – ci racconta del suo interesse per le peculiarità dei territori, l’ambiente, le tradizioni culturali, gli usi e i costumi locali: “Ciao Italia”, “Bella Italia”, “Le strade del sole”, “Una troupe racconta”, ecco solo alcuni dei titoli di fortunate trasmissioni realizzate quando ancora non si pensava al concetto di patrimonio dell’umanità “e neanche al copyright: pensi soltanto alla catena dei ristoranti italiani che porta il nome di “Ciao Italia”. In questo senso credo di essere stato un pioniere. Pensi che le trasmissioni sulla cucina e le tradizioni italiane venivano promosse dal Ministero Agricoltura e Foreste: oggi siamo molto più attenti a temi come quello della conservazione, della divulgazione come mezzo di promozione anche turistica oltre che culturale”.

Altro protagonista di “Paesi che vai…” è una specie di zanzara bianca ipertecnologica che si aggira tra le anatre e i papiri della Fonte Aretusa.

“Il primo autore, che lega le varie scene dei set, che accompagna la narrazione con il suo sguardo particolare, è proprio lui”, continua Stefania Bove. “Il drone”.

Immaginiamo che in queste giornate piene di luce, tra la pietra bianca e l’azzurro del mare, il drone ci mostrerà riprese mozzafiato. Salutiamo e lasciamo al loro lavoro Leonardi, la Bove, la guida e il resto della troupe.

Giulio Reale (ricordiamo che viene dal cinema: pensiamo al film su Lele Scieri, o al documentario su Sergio Leone, per non citare che due delle sue esperienze registiche e produttive) ci svela che sarà a Sanremo in occasione del Festival della canzone italiana per le riprese del backstage e gli strappiamo la promessa che magari ci concederà un’intervista sui cantanti siciliani in gara ripresi dietro le quinte e ci ricorda la messa in onda del programma sulla sua Siracusa.

CHI SIAMO

…ad esempio vi ripropongo questo.

Fortuna, preside e letterato: “Credo che ritornerò alla novellistica”

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 19 Dicembre 2016
“Sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito”.Presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”,  ed. Armando Siciliano

 

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Abbiamo incontrato per voi Angelo Fortuna, docente di lingua francese e preside, oltre che apprezzato poeta e scrittore, saggista e conferenziere.

L’occasione è presto detta: a Siracusa, giorno 5 dicembre scorso, presso l’associazione “Il Cerchio” di via Arsenale (un centro studi che si occupa di arti e scienze) è stato presentato il romanzo “Tommaso, educazione sentimentale di un giovane”, edito da Armando Siciliano Editore, relatore Corrado Di Pietro, lettori Santinella Fortuna e Vincenzo Lombardo.

Ecco la nostra conversazione con l’autore, avolese ma netino d’adozione – ricordiamo i suoi interessi per artisti, scrittori e poeti netini, fra cui la poetessa e patriota Mariannina Coffa, protagonista tra l’altro del suo saggio su “Anonimo 1905”, manoscritto sulla poetessa trascritto e commentato dallo stesso Angelo Fortuna e presentato per la prima volta in occasione dell’ultimo convegno di studi dedicato alla Coffa, e il suo ruolo di presidente della giuria del concorso letterario intitolato alla poetessa.

Ti sei cimentato in vari generi letterari come la poesia il racconto la novella, oltre che nella saggistica e nella produzione giornalistica. Come ti sei approcciato al romanzo?

Dopo aver praticato la narrativas (racconti e novelle) era fatale passare al romanzo, soprattutto perché il romanzo offre l’opportunità di una visione più completa della realtà umana; nel nostro caso, della realtà del profondo sud-est.

Dal titolo il tuo libro farebbe sospettare il classico Bildungsroman, il romanzo di formazione… è così?

Si tratta di un giovane uscito dagli orrori della guerra, di cui non si parla, e che approccia con speranza e formidabile sete di conoscenza la realtà. Tommaso è un cacciatore di bellezza e verità. E amore.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti letterari.

Credo che ritornerò al racconto lungo o romanzo breve e alla novellistica, sempre concretamente realistica anche nella proposta di aperture all’infinito. Credo che l’uomo abbia il dovere di perseguire lo sconfinamento continuo di orizzonti. Ti comunico intanto di aver pubblicato un volumetto di poesie, “Bagliori di libertà”.

Il tuo rapporto con la scuola è pluridecennale… cosa consiglieresti ad un giovane esordiente? E come incoraggiare i ragazzi alla lettura?

Ti posso dire quello che facevo quando insegnavo. Affidavo concretamente a molti alunni dei libri da leggere, di cui dovevano riferire in un giorno prestabilito. Generalmente si trattava di un sabato pomeriggio. Credo di avere ottenuto risultati confortanti. Oggi, a tale riguardo, prevale la nostalgia. Ma questo è un altro discorso.
Vi offriamo uno stralcio del romanzo: “La pausa d’attesa, i giorni sospesi fra ansia e timori, finiscono presto fra un bagno a Lido e il successivo a Pantanello e arriva il giorno stabilito dall’affissione dei quadri di scrutinio. Ricordo ancora le ansiose domande che ci rivolgevamo, anche solo con gli occhi, o ansiosamente chiedendoci “L’appizzaru?(e in quell’appizzaru c’era quasi la sofferenza di un crucifige!) noi poveri scrutinandi, in attesa della sentenza che avrebbe determinato e condizionato la nostra lunga, calda estate avolese.

“Tornato in sé, avvertì una rapida accelerazione cardiaca che quasi lo soffocò. Si vestì in fretta e uscì di corsa. Arrivato in piazza Umberto I, incontrò vari compagni, alcuni dei quali, effervescenti, ostentavano sicurezza e menefreghismo: «Ragazzi, sia che siamo promossi o respinti, che cosa cambia? Qualunque sia il risultato, il nostro destino è sempre lo studio». E giù battute a ripetizione per allentare la tensione del momento, le quali però non facevano ridere alcuno. Non era dunque il solo a essere preoccupato! Questa constatazione gli procurò l’effetto di una boccata di ossigeno.

Alberto, mogio mogio, aggiunse: «Tanto, il mio destino lo conosco già: andare a lavorare in muratura con mio padre».

Arrivati in fondo al corso Garibaldi, si accorsero che il portone della scuola era spalancato. Antonio, che aveva già controllato i risultati, usciva in quel momento, visibilmente soddisfatto. Vedendo apparire i compagni, annunciò che erano stati presi in giro. Sì, perché in realtà i tabelloni degli scrutini erano affissi fin dalle tre. Allegro, gridò a tutti la sua gioia per essere stato rimandato solo in latino, aggiungendo: «Il professore di matematica mi ha risparmiato una collera!».

Fu immediatamente accerchiato e stretto in una morsa: «Ed io … ed io …».

Se la cavò assicurando che aveva fatto attenzione solo al suo risultato, ma sapeva che c’erano stati molti respinti: «Una decina», concluse.

La vista di Tommaso si annebbiò. Lentamente, tremante, in silenzio e con un nodo alla gola, raggiunse l’androne della scuola e, nella gran confusione, riuscì a farsi indicare da un compagno la parete su cui campeggiava il quadro contenente le sentenze finali che riguardavano la IV B, la sua classe. Avvicinatosi, si perse nella lettura di nomi e voti senza riuscire a individuare la sua posizione. Si spostò ora a destra ora a sinistra: una ragazza alta, capelli castani lunghi e mossi, gonna verde e camicetta candida, con í suoi movimenti repentini, appunto ora a destra ora a sinistra, gliene impediva la visione”.

 E quest’altro.

Musiche, poesie, clip per il ventennale del Centro studi Turiddu Bella

Maria Lucia Riccioli
Venerdì, 16 Dicembre 2016

Alla Biblioteca dei Cappuccini una serata all’insegna della sicilianitas accanto all’autentica miniera di tradizioni popolari raccolta dal poeta e cantastorie mascalese

La Civetta di Minerva, 10 dicembre 2016

Sabato 3 dicembre, presso la Biblioteca Laurenziana dei Cappuccini di Siracusa diretta dal dottor Marcello Cioè, amico del CSTB e sensibile ai valori culturali che esso promuove, è stato celebrato il ventennale del Centro Studi di Tradizioni popolari intitolato alla memoria del poeta e cantastorie mascalese Turiddu Bella.

La serata, condotta da Salvatore Di Pietro e Dominella Santoro, che insieme al pianista Salvino Strano ha anche eseguito alcuni brani della tradizione siciliana (“Amuri amuri” e “Mi votu e mi rivotu”, classici composti e interpretati tra gli altri da Rosa Balistreri), non ha avuto soltanto il mero fine celebrativo: lo scopo del Centro è infatti quello di condividere con studiosi e appassionati l’enorme mole di dati del suo archivio storico, presentato proprio durante l’evento.

Cd, musicassette, dvd, pubblicazioni cartacee, fotografie e una nutritissima rassegna stampa non sono soltanto una documentazione delle attività del Centro studi, ma costituiscono una miniera, una risorsa impagabile per addentrarsi nella cultura popolare e nello studio di tutto quello che è sicilianitas: è precisa volontà del Centro studi mettere a disposizione di tutti questo materiale, di cui giorno 3 è stata esposta una minima parte; nel corso della serata sono state proiettate delle clip (foto delle edizioni del premio di poesia, video con performance di poeti e cantastorie, tra cui possiamo nominare Otello Profazio, Premio Tenco 2016).

Fin dalla sua fondazione, il Centro Studi di tradizioni popolari “Turiddu Bella” si è proposto di esplorare la terra della poesia dialettale popolare con l’annuale omonimo trofeo – il cui albo d’oro presenta uno spaccato fondamentale dello “stato dell’arte” – e quello di promuovere la ricerca e l’analisi delle nostre tradizioni, attraverso conferenze, testimonianze, mostre, documentari e iniziative che ci consentano di conoscere e indagare la storia e la civiltà del popolo siciliano.

Maria Bella Raudino, docente e poetessa ella stessa, non solo ha realizzato lo scopo di perpetuare la memoria del padre Turiddu, ma anche quello di incoraggiare cantastorie e poeti popolari e soprattutto gli studi linguistici ed etnoantropologici, senza i quali gli sforzi di portare avanti il centro si ridurrebbero a valorizzazione pur legittima del folklore. Su questo punto ha battuto particolarmente Corrado Di Pietro, che vede nella proposta – avanzata anche da Egidio Ortisi – di introdurre nel curricolo dei nostri studenti lo studio della lingua, della letteratura e della cultura siciliana, la possibilità di fornire ai ragazzi una chiave di lettura del nostro territorio e della nostra storia senza nostalgici ritorni al passato ma con una prospettiva moderna e orientata al futuro.

Ha chiuso la serata Alfio Patti, che tra un ricordo delle tradizioni e l’esecuzione di brani da lui stesso composti ha anche ringraziato Maria Bella e i componenti del Centro per il loro impegno nel portare avanti il complesso lavoro di recupero e studio di tutto ciò che è sicilianità.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Per quest’ultima foto, ringrazio Salvatore Mangiafico e Dominella Santoro.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

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The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

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Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

http://www.lacivettapress.it/it/

LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

LA CIVETTA DI MINERVA del 10 dicembre 2016

12 lunedì Dic 2016

Posted by mlriccioli in Eventi culturali, Letteratura, Musica

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LA CIVETTA DI MINERVA è tornata in edicola… ecco il nuovo numero!

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1947%3Ala-civetta-di-minerva-in-edicola-il-nuovo-numero-del-9-dicembre-2016&catid=15%3Aattualita&Itemid=139

Troverete una mia intervista ad Angelo Fortuna, un resoconto del ventennale del CSTB e un’intervista alla troupe di “Paesi che vai…”.

On line troverete sempre i nostri articoli confluiti dal cartaceo… ad esempio vi ripropongo questo.

Patti Trimble: “Le mie poesie sono una sorta di canzone”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 08 Dicembre 2016 09:57

“Come nei secoli da Omero a Dylan, struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi”. Intervista alla performer “irlandese-tedesco-americana”, come dice di sé, con casa (e cuore) alla Giudecca

 

La Civetta di Minerva, 25 novembre 2016

Il 18 novembre scorso, presso il SAC, il Museo di Arte contemporanea ospitato nell’ex convento di Sant’Agostino in Ortigia, si è svolto lo spettacolo di finissage della mostra “Babel – Tutti giù dalla torre” curata da Francesco Piazza, con il contributo di Lalena Kurtz e Germano Piazza: gli attori coinvolti – la mise en espace è stata curata da Michele Dell’Utri con Doriana La Fauci e Attilio Ierna, con la partecipazione degli allievi della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA – hanno invaso lo spazio costruendo una babele di suoni e di emozioni tra le opere d’arte, in una performance coinvolgente tratta dal poema “Terra amata” scritto per l’occasione da Patti Trimble.

“La Civetta di Minerva” ha intervistato per voi la poetessa e performer americana, che ha scelto la Sicilia come propria terra di elezione.

Parlaci di “Terra Amata”

Terra Amata è un “found poem”, un poema dadaista, alla Marcel Duchamp, o per meglio dire una “appropriazione” di immagini che molte persone portano con sé, cucite insieme con miei pensieri. Puoi descrivere un luogo nella tua memoria? Con le risposte di parenti amici immigrati ho scritto un testo collage, tradotto in italiano dalla poetessa romana Alessandra Bava.

Nel 1916 al Café Voltaire a Zurigo il dadaista Hugo Ball presentava un monologo in grammelot che rispecchiava l’orribile babele europea, la guerra continua, e lui diceva che la lingua fosse morta. Noi adesso sappiamo che la lingua vacilla e trema e si piega. Nei tempi difficili dobbiamo prendercene cura, metterla in dubbio, e pensare a come potremmo comunicare. Quello che resta del Dadaismo sono le domande: Come ci illude, la lingua? Come ci inganna? Come fa a modellare il nostro mondo?

Porto nella mia mente – e come posso comunicarla? – un’immagine delle lande selvagge californiane, prive di case, prive di sentiero, una regione cinque volte più grande della Sicilia intera. Quando gli amici descrivono le loro case di famiglia a Susa o a Palermo, come faccio a vedere queste immagini? Devo ricordare un film, o altre case che io ho visto…Continuiamo a costruire e ricostruire una visione della Terra. La torre di Babele viene costruita, la torre cade, in ogni istante, ogni giorno.

Il tuo amore per la scrittura, specialmente per la poesia, da dove viene? Raccontaci dei tuoi primi passi sulla strada delle parole.

Quando ero bambina, in California, ascoltando mia madre che ci leggeva delle poesie, inventavo canzoni al ritmo di un’altalena; da ragazza, ascoltando le folk e le rock band a San Francisco, Bob Dylan, Janis Joplin, Joni Mitchell; e a New York, ispirata dallo studio approfondito del mito e degli archetipi del sogno di Carl, e lavorando per degli amici di Jackson Pollock. Dal 1996 propongo lo “spoken word”: un insolito connubio di parole e musica, in registrazioni e in occasione di centinaia di eventi in California, a New York, in nord Europa, e qui in Ortigia (Ortigia Fest, Festa del Mare, Moon, SAC). Per creare nuove poesie, mi domando: “Cosa ha bisogno di ascoltare la gente adesso? Che cosa stiamo pensando tutti insieme che io posso porre elegantemente in versi?”. Le mie poesie sono una sorta di canzone, dato che la poesia è stata tale attraverso i secoli — da Omero e dal teatro greco a Yeats, Dylan Thomas, e ai poeti ‘Beat’ di San Francisco –: una struttura di suono per dar voce ai pensieri collettivi. Poesia come performance, che riunisca le comunità – parole e immagini lavorano insieme misteriosamente, attraverso lo spirito, sul cuore e la mente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo una raccolta di poesie (in inglese) sulla Sicilia per costruire ponti tra culture e paesaggi delle mie due patrie. Le poesie riguardano il mio interesse di sempre per la storia, il mito, il “pittoresco” del paesaggio, la forma idilliaca, pastorale di Teocrito e naturalmente la mia sensibilità “straniera”. La scrittura avvicina le persone, la terra, il mito, per intesserli in un significato più profondo, in un processo creativo strettamente connesso al “canto” o forse al “sogno”, non alla “spiegazione”.

I miei lavori recenti in Italia sono “Margini di un Altrove” (giugno e luglio 2016), dieci poesie su Alcesti, Elettra e Fedra in un ten poems on Alcestis, Elettra, and Fedra a progetto di arte, scrittura e scuola concernente le eroine della stagione 2016 dell’INDA. Il libro “Margini di un Altrove” è stato pubblicato dalla FILDIS e contiene poesie, opere d’arte e saggi – presentati da Eva Cantarella, Elena Flavia Berlinghieri, Alessandra Bava – sull’importanza degli archetipi di forti figure femminili oggi. Michele Dell’Utri, Doriana La Fauci e Attilio Ierna inoltre hanno fatto una presentazione teatrale delle mie poesie a Palazzo Greco e a Taomoda a Taormina. Sono molto felice del mio rapporto con la FILDIS e nel 2017 scriverò altre poesie per la prossima stagione teatrale dell’INDA: «I sette contro Tebe» di Eschilo e «Le Fenicie» di Euripide, e la commedia «Le Rane» di Aristofane; altri progetti sono “Terra Amata” e “Quieti Cerchi”, quest’ultimo il 10 dicembre al miqwé della Giudecca in Ortigia: ho l’onore di scrivere un breve testo poetico per la bellissima scultura di luce di Massimiliano Moro, uno scultore italiano che vive anche a Barcellona.

Attualmente sto scrivendo un libro su quattro originalissimi pittori astrattisti-espressionisti newyorkesi (amici di Jackson Pollock): sono stata la loro assistente per dieci anni a New York – sto scrivendo del romanticismo europeo, del trascendentalismo americano, del dadaismo, del mito, della psiche e di arte. Sono una prosatrice molto lenta, e questo è un lavoro letterario che rappresenta anche la mia vita poetica. Negli USA insegno scrittura, letteratura e storia dell’arte, e scrivo saggi sulla “world dance” (miti e culture legate alle danze nel mondo) per il Festival di danza etnica di San Francisco.

Il tuo amore per la Sicilia e la nostra Siracusa… Spesso vieni a vivere e ad “esibirti” qui. Puoi spiegarci l’amore per la nostra isola? Trovi ancora qualcosa della sua antica poesia?

Sono arrivata in Ortigia nel 2003 per insegnare scrittura e arte presso la Mediterranean School of Art and Science. Mio marito ed io (lo storico siculo-americano Douglas Kenning) abbiamo una casa in Giudecca. Qualche volta ho l’onore di leggere o far leggere le mie poesie in italiano. La mia vita qui è uno studio continuo della storia naturalmente, per via della mia storia personale come irlandese-tedesca-americana e naturalmente ancora di più come poetessa. Ma ci sono così tante ragioni per cui resto qui. Cosa posso dire? Vivo in una comunità, ho avuto molte esperienze di simpatia e amicizia. Posso vivere qui senza un’automobile, scrivere e dipingere tranquillamente insieme a una piccola cerchia di amici, ottimi vicini, e una serie crescente di compagni d’arte. Gli artisti e scrittori italiani che conosco conservano nelle loro menti la storia dell’arte e la letteratura, e c’è un grande interscambio tra noi; imparo ciò che sarà sempre americano e diverso.

La mia poesia e la mia poetica sono state sempre influenzate dal mito greco – e connesse ad esso come a una sorta di cordone ombelicale – in tre modi: per prima cosa, ritengo i miti eterni come i loro insegnamenti sull’umanità. Leggo i miti greci dall’infanzia, e le mie poesie sul mito sono pubblicate su molte riviste, e recentemente sulla rivista internazionale intitolata a Jung e su “CULT! Munich” (di fronte alla pagina di poesia di Dacia Maraini, cosa che mi ha fatto molto piacere!). E ancora, considero la mia personale pratica di scrittura e le nostre forme contemporanee di poesia e teatro, che hanno avuto origine 2500 anni fa, come una preghiera – e così occorre approcciarvisi con la stessa attenzione, rispetto e cura. La poesia è connessa al mistero, all’umanità, a una comprensione davvero spirituale sul dono della comunicazione e dell’esistenza, e, mi dispiace dirlo, a una sorta di disperazione e alla tragedia, che investe la comprensione della condizione umana.

Per finire, la mia presentazione scenica della poesia lirica negli USA come “parola recitata” porta con sé una cadenza simile e molti elementi sonori paragonabili a quelli dei testi poetici orali del greco antico. Nel 2011, ho potuto sperimentarlo nella mia suite di poesie da Omero attraverso il punto di vista di Penelope (“Il telaio e la nave”) al teatro NohSpace di San Francisco. Ho creato un doppio monologo tra Odisseo (Douglas Kenning) e Penelope (la mia parte) con musica, un coro femminile parlato e la scenografia ortigiana di “Scenapparente” (in questo testo, la back story dei mostri e dei personaggi femminili è stata studiata e ricostruita). Ho imparato che la maggior parte degli attori americani non sanno presentare i testi poetici nella stessa modalità in cui lo fanno gli attori dell’INDA, che studiano per anni la pronuncia del testo in quanto testo e in quanto convogliatore di emozioni.

Sono stata meravigliata e ispirata dagli attori sia adulti che giovani della performance di venerdì scorso per come presentassero la versione italiana del mio testo in modo così incredibilmente bello. Spero davvero di poter lavorare ancora con l’Accademia in futuro: è proprio un dono per me e spero un regalo per la comunità. Voglio creare una video-installazione in italiano e presentare “Terra Amata” negli USA in inglese nel 2017.

C’è un grande fermento e dibattito sul Premio Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan. Cosa ne pensi? E sul legame tra poesia e situazione socio-politica?

Sull’attuale crisi americana, molti poeti, me inclusa, si stanno domandando cosa possiamo dire, come la poesia possa realmente agire sul mondo. Sono stata felice del binomio Nobel e Dylan: è un grande poeta come Dylan Thomas o Thomas Elliot o Virginia Woolf, della stessa vena , che (si) inserisce in un flusso inconscio di pensiero.

Quando a Luciano Rispoli portai i cannoli palermitani

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:11

In ricordo del gentleman della TV, affabile colto e preparato. Racconto ancora ai miei alunni che con un apostrofo sul po’ giunsi a semifinalista di Miss italiano ‘98

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Luciano Rispoli, gentleman della televisione, autore conduttore responsabile di programmi ormai storici per la Rai ed altre emittenti, persona affabile, uomo colto e preparato, è recentemente scomparso.

Forse in questi tempi di televisione urlata, di comunicazione come sopraffazione dell’interlocutore, di format scopiazzati colmi di vuoto pneumatico, si dovrebbe far tesoro della lezione di garbo e cultura di “zio” Luciano, che aveva scommesso sulla cultura, che amava circondarsi di conduttrici belle, capaci e intelligenti come Roberta Capua e Anna Carlucci, che invitava attori come Nando Gazzolo – ah l’incanto della sua voce che leggeva i nostri classici! – e nuove leve come Carlotta Natoli e Kaspar Capparoni, Massimo Dapporto, nomi che si sono fatti strada in teatro, al cinema e sul piccolo schermo, che ha incoraggiato giovani autori come Andrea Apuzzo, oggi regista, e Mariano Sabatini, adesso giornalista, critico televisivo e scrittore che considera e ricorda Luciano Rispoli come proprio padre professionale.

Su un giornale è bene non indulgere inelegantemente in considerazioni che riguardano chi scrive, ma la morte di Luciano Rispoli mi ha riportata al 1998, quando, fresca di laurea, venni selezionata per partecipare come concorrente della seconda edizione del Campionato della lingua italiana su Telemontecarlo, trasmissione condotta proprio da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e che come arbitro – secondo la tradizione del fortunato Parola mia della Rai – vedeva il professor Gian Luigi Beccaria, storico della lingua italiana, un mito per me che fin da bambina amo la lingua e la letteratura italiana, i giochi di parole e le etimologie. Venni perfino intervistata da Francesco Nania per un periodico locale, mi aggiudicai un set di borse, il mio primo cellulare e feci scorta di ricordi preziosi – la selezione ad opera del professor Patota, docente universitario, linguista e divulgatore, Roma, gli studi televisivi, il backstage dove fervet opus, sartoria trucco parrucco, una redazione giovane, entusiasta e motivata, l’incontro con Jocelyn, Maurizio Scaparro, Mariangela D’Abbraccio… il papiro di Siracusa come dono ai conduttori e al professore, il tifo di zio Pippo “il Capitano” che anche dopo dieci anni si ricordava le domande, applausi e ansie.

Ho pensato quindi di lasciare raccontare la comune esperienza ad un’altra siciliana, la palermitana Carmen Maxia – quanti siciliani, sia come aspiranti concorrenti che sul podio! Nell’edizione 1997 ce ne furono quattro, in quella dell’autunno 1998 io giunsi in semifinale mentre vincitrice risultò un’agrigentina -, campionessa dell’edizione 1997 proclamata nel gennaio 1998.

“Avevo seguito per anni Parola mia, da ragazzina. Mi piaceva rispondere da casa e acquistai pure il gioco da tavolo che riprendeva il format del programma. Poi, da adulta, mi ero appena laureata, uscì su Repubblica il bando per iscriversi a una trasmissione nuova che la riecheggiava. In famiglia mi spinsero, io, timidissima non volli. Mi iscrissero loro a mia insaputa e, quando mi chiamarono per il provino, terrorizzata, non volevo andare. Mi ci portò a forza mia sorella. Mi interrogarono a scorticapelle. Selezionarono soltanto 16 su circa 500 ragazzi. Il prof. Patota mi disse subito “Preparati, sei tanto brava, ti prendiamo!”

Da lì un’avventura fantastica ma da starci male. Quattro puntate fino alla finale in diretta con ansia da prestazione e paura della telecamera. Ci interrogavano in diretta su tutto, dall’ortografia alla sintassi alla letteratura. Poi il tema, con vincoli di righe e di tempo, con la telecamera puntata addosso sulle dita, sulle smorfie che facevamo elaborando, sulle cancellature. E infine il trionfo… Gli encomi del prof. Beccaria che diceva di restare a bocca aperta vedendo una ragazzina così giovane e preparata sulle etimologie e sul latino soprattutto. Rispoli era sicuramente la persona che aveva meno tempo per socializzare con i concorrenti ma ci teneva a darci la pacca sulle spalle prima che si accendesse la lucetta della diretta, con fare sobrio ma paterno. E chiedeva di noi e si informava su chi fossimo prima che iniziasse la gara.

Non nego che forse un po’ di tifo per me lo facesse, insieme al professore e forse anche a Mariano. Ho un ricordo bellissimo di un signore elegante, preciso, attento al copione, a tutto. Con cui magari ci si ritrovava in sala trucco per una spazzolatina ai capelli e un po’ di fard. Anche questo ricordo con tenerezza, compreso quando gli portai i cannoli freschi da Palermo. Gradì moltissimo e lì, mentre mangiava, mi apparve vero e umano e non come il vip del teleschermo, così come la Capua in piega coi bigodini. A vent’anni, questi dettagli non ti sfuggono. E oggi, ancora fiera di essere Miss italiano ’98, lo racconto ai miei alunni che con un apostrofo sul “po’” mi accaparrai la vittoria!”.

E mi piace chiudere questo omaggio a Luciano Rispoli con il suo “Ma che belle parole!”. Sì, “perché la televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro. Parola mia!”.

La mia intervista a Marcello Giordani…

A Edicola Fiore le grandi Voci e l’effervescenza di Augusta

Maria Lucia Riccioli
Lunedì, 21 Novembre 2016 12:06

Il tenore Marcello Giordani: “Fiorello è un maestro nel mettere a loro agio gli ospiti”, “Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo e io l’istituto commerciale”

La Civetta di Minerva, 11 novembre 2016

Il 25 ottobre scorso il celebre tenore augustano Marcello Giordani è stato ospite del programma di Rosario Fiorello “Edicola Fiore”: gli “edicolanti scatenati”, sotto la guida del popolare showman, commentano in maniera ironica e leggera le notizie del giorno, cantando e scherzando come si farebbe tra amici al bar sotto casa. C’è molto dello spirito radiofonico di Fiorello, della sua esperienza e intuizione che gli fa utilizzare le nuove tecnologie e i social in maniera originale e creativa senza farsene strumentalizzare: un’idea che porta una ventata d’aria fresca ai palinsesti e “il buonumore”, come recita la sigla di Jovanotti.

Scanzonato e per nulla serioso, Marcello Giordani ha letto i titoli più rilevanti a mo’ di battute operistiche, intonando da par suo anche “Nessun dorma” – non scontata la riuscita di primo mattino, dato che “Edicola Fiore” va in onda alle otto e trenta e poi in replica la sera – e il celeberrimo pezzo di Formisano e Calì “E vui durmiti ancora”, ormai un classico siciliano.

Dell’ospitata su Canale 8 abbiamo parlato proprio col maestro.

Ci racconti… che atmosfera si respirava a “Edicola Fiore”? Com’è stato uscire dal proprio ruolo di interprete dell’opera per ritrovarsi a fare show leggendo liricamente i titoli dei giornali?

Fiorello è un maestro nel mettere a proprio agio gli ospiti. Direi che ha anche sdoganato lo status del cantante lirico permettendomi di giocare con la mia vocalità in un modo inconsueto.

Comunque lei non è nuovo alle contaminazioni: ricordiamo ai nostri lettori, ad esempio, il concerto “Marcello Giordani and friends” di qualche anno fa proprio nella sua Augusta, in cui convivevano lirica, gospel e i classici della canzone italiana, interpretati da lei insieme ad altri solisti con la partecipazione di formazioni corali siracusane, lentinesi e augustane.

Verissimo. La contaminazione, se fatta bene, è buona musica che fa bene all’anima e come linguaggio universale questa giunge a tutti.

Fiorello è un suo concittadino – Augusta e Letojanni, per essere precisi, vi hanno rispettivamente dato i natali –: vi conoscevate prima della trasmissione?

Ci conosciamo fin da ragazzi, anche se Rosario frequentava il liceo ed io l’istituto commerciale e capitava che ci incrociassimo al Corso Principe Umberto; entrambi poi siamo partiti per seguire le nostre carriere.

Ci parli della sua fondazione e dell’accademia YAP (Young Artist Plus).

Quando si è ricevuto molto dalla vita, si è raggiunto un certo livello, arriva il momento di dare. Io ho ricevuto tanto dalla natura, da Dio – per chi ci crede –, quindi per me è stato consequenziale restituire ai giovani ciò che la vita mi ha regalato: è nata prima la Fondazione negli USA, l’idea del concorso di canto e poi quella dell’Accademia “Marcello Giordani” a Brucoli e adesso da poco, ne sono molto contento, anche ad Augusta, la nuova sede.

Sono felice e commosso quando sono attorniato dai giovani: quando io ho iniziato, quasi quarant’anni fa, non c’erano gli aiuti anche economici e il mentoraggio di cui possono usufruire oggi tanti ragazzi. Mi rispecchio in loro, nel loro pendere dalle labbra di qualcuno che può aiutarli con la sua esperienza. Il nostro è un mestiere che si impara “rubando”.

Il mestiere del canto come artigianato, dunque, come apprendistato.

Io insegno anche raccontando aneddoti della mia vita artistica. Consiglio ai ragazzi di imparare senza fretta, di avere pazienza e tolleranza verso se stessi. Di credere nei sogni, che possono diventare realtà. Tra le punte di diamante della nostra accademia c’è il soprano Noemi Muschetti, ragazza molto dotata e metodica, che si mise in luce proprio al concorso per giovani talenti lirici.

I suoi prossimi impegni? Sappiamo che la sua agenda è molto fitta.

Sto partendo per Budapest per cantare “Tosca”, poi andrò a Cagliari per “Il Trovatore”. Sempre meglio che lavorare, no? Spesso lo dico scherzando con gli amici: il mio è un mestiere che comporta sacrifici come la lontananza dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, viaggi, però è la realizzazione di qualcosa che piace e si ama.

C’è tutta una schiera di cantanti lirici siciliani che portano alto il nome della Sicilia nel mondo: oltre a lei pensiamo agli Alajmo, alla Rancatore… Quando tornerà a cantare in Sicilia? E nella sua Augusta?

A marzo sarò al Bellini di Catania per la “Manon Lescaut”. Per quanto riguarda Augusta, le idee migliori spesso nascono davanti ad una pizza insieme ai miei collaboratori. Chissà? Potrebbe venire fuori un progetto come la “Street Music” dello scorso settembre.

 http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (gli articoli della sezione Cultura, dove potete trovare i miei pezzi)

 Ancora…

…uno dei miei ultimi pezzi…

Al palazzo Nicolaci di Noto

il premio dedicato a Mariannina Coffa

 

La Civetta di Minerva, 30 settembre 2016

Il 30 settembre 1841 nasceva a Noto la poetessa e patriota Mariannina Coffa Caruso, la cui vicenda umana – malmaritata, protagonista di un amore infelice per il maestro di pianoforte e drammaturgo Ascenso Mauceri, funestata di lutti e consumata da una malattia che la annientò il 6 gennaio del 1878, a soli trentasei anni, tre mesi e sei giorni – e poetica ha suscitato la pietas e l’interesse di appassionati e studiosi come Marinella Fiume, Angelo Fortuna, Biagio Iacono, di amministratori sensibili come Cettina Raudino e il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, di artisti come Carlo Muratori, che ha musicato un sonetto (Ombra adorata, pubblicato nel CD book Sale) della Coffa, di insegnanti, studenti, lettori, tutti accomunati dall’amore per la letteratura e la storia del nostro paese e in particolare della Sicilia: a maggio 2016, ad esempio, è stato pubblicato il volume degli atti del convegno “Sguardi plurali” del 2014 curato da Marinella Fiume e uscito per i tipi di Armando Siciliano Editore; il volume costituisce una sorta di “stato dell’arte” degli studi intorno a Mariannina Coffa, raccogliendo tra l’altro i contributi di Nicolò Mineo ed Enzo Papa, di storici della letteratura e della medicina – la Coffa si curava con l’omeopatia, altra curiosità su un Ottocento siciliano che merita ulteriori indagini –, di cultori delle memorie storiche netine e oltre.

Ma non finisce qui. Un pugno di amanti della poesia, raccolti intorno all’associazione “Inchiostro e anima”, presieduta da Giusy Cancemi Di Maria, ha deciso di dedicare a Mariannina Coffa un premio letterario per onorarne la memoria e farla conoscere alle nuove generazioni. Poeti e scrittori si sono cimentati nella stesura di versi e racconti, alcuni affrontando anche la storia e il valore della figura della Coffa, che merita sempre più lettori e indagatori empatici e sagaci.

La premiazione del concorso si tiene presso il salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto il 1° ottobre alle ore 18.Ecco i nomi degli autori e i titoli delle rispettive opere che sono state scelte dalla giuria (costituita da Angelo Fortuna, che la presiede, scrittore e poeta, saggista e studioso della poetessa Mariannina Coffa, medaglia d’oro per la scuola, l’arte e la cultura conferita dal Presidente della Repubblica, dall’avvocato Teresa Nicastro, socio onorario dell’associazione culturale La Carovana degli Artisti, la quale collabora da anni per il Premio Inchiostro e Anima, dalla professoressa Ivana Scarpetta, docente di lettere, dalla poetessa Therry Ferrari vincitrice del Premio Inchiostro e Anima dedicato a Mariannina Coffa, terza edizione, dalla professoressa Maria Lucia Riccioli, studiosa della poetessa Mariannina Coffa, docente di lettere, scrittrice e poetessa, e dalla dottoressa Assunta Rizza, presidente della cooperativa sociale “Leonardo”); ricordiamo che i vincitori delle tre sezioni sono declamati e che vengono inseriti nell’antologia di Inchiostro e Anima, quarta edizione.

Per la sezione A (poesia singola a tema libero): Rosanna Affronte, Antonio Bicchierri, Maria Bugliarisi, Pier Giorgio Cadeddu, Gianluca Cardile, Giusy Carta, Angela Di Pasquale, Fortunata Farinella, Izabella Tereza Kostka, Rosaria Lo Bono, Grazia Lomolino, Claudia Magnasco, Caterina Morabito, Massimiliano Pricoco, Josè Russotti, Bruno Scalia, Mirela Stillitano, Lucia Triolo, Deborah Valenti, Massimo Zurolo; per la sezione B (poesia singola a tema “Amore o maledizione?”): Giovanna Alecci, Palma Civello, Carla Colombo, Pierangela Fleri, Elisa Giglio, Pietro Grossi, Vanessa Leonardi, Rosaria Lo Bono, Manuela Magi, Claudia Magnasco, Giusy Marenaci, Beatrice Pizzo, Carmela Ponti, Mariarosa Riggio, Salvino Sagone, Paola Puzzo Sagrado, Bruno Scalia, Chiara Spicuglia, Rita Stanzione, Elisabetta Tagliamonte, Lucia Triolo, Massimo Zurolo; per la sezione C (lettere di ogni tempo, epistole d’amore) Simona Accarpio, Carla Colombo, Duccio Di Stefano, Gianni Ferro, Vanessa Leonardi, Raffaele Loiodice, Aurora Miriam Scala, Stefania Schinà, Cristina Vascon.

Le opere dei primi tre autori classificati di ogni sezione sono declamate e premiate durante la serata ed ogni autore finalista sopra citato riceve la Menzione d’Onore come autore scelto dalla Giuria. Il vincitore assoluto riceve inoltre cento copie della propria silloge poetica.

Un premio, questo, che si regge sulla passione di partecipanti e organizzatori, che non gode di sponsorizzazioni né incentivi e il cui scopo è far emergere l’espressività dei talenti poetici e narrativi, oltre che la diffusione della conoscenza della poetessa Mariannina Coffa.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=17&Itemid=143 (il link alla sezione cultura, con molti dei miei pezzi…)

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:14

“Alma beata: a Lucia Virgini Saragusana” è il titolo di una serie di concerti che verranno tenuti dall’ensemble vocale francese“ Metz’A Voce”, diretta dal maestro Jean Pierre Aniorte, che ne è anche il direttore artistico.

Il gruppo vocale si esibirà mercoledì 26 ottobre presso la Cattedrale di Noto dedicata a San Nicolò alle ore 20, giovedì 27 presso la Chiesa dell’Angelo Custode a Francofonte alle ore 19,30, venerdì 28 ottobre presso la Chiesa dei Santa Maria del Gesù ad Avola sempre alle 19,30, mentre la tournée si concluderà a Siracusa, in Cattedrale, con il concerto di domenica 30 ottobre alle ore 20.

Il gruppo lorenese aveva già cantato a Roma e in diversi siti Unesco della Sicilia e adesso propone questo tour musicale, “Alma beata”, i cui brani il prossimo anno, alla presenza delle autorità locali e di quelle della Regione Siciliana, saranno eseguiti nella basilica di San Vincenzo a Metz dove per secoli sono state custodite le reliquie di Santa Lucia.

I nostri lettori ricorderanno sicuramente una serie di articoli che abbiamo pubblicato sulle reliquie della Santa della Luce custodite a Metz e a Siracusa: tema quanto mai caro ai nostri concittadini, legati a Santa Lucia con una devozione particolare, che si esprime non solo con le processioni tradizionali e il culto tributatole, ma anche con la poesia, l’arte, il teatro e in questo caso la musica. Forse non tutti sanno, ad esempio, che il primo teatro siracusano, sito presso il Municipio – e quindi “smontabile” – era intitolato a Santa Lucia; che la stagione teatrale e musicale siracusana comprendeva sempre cantate e rappresentazioni teatrali imperniate sulle virtù e il martirio della Santa (invito i nostri lettori, qualora non li conoscessero, a leggere le pubblicazioni pregevoli e documentate di Alessandro Loreto).

L’ensemble di Metz, che vanta un repertorio vasto e vario, esteso dalla musica rinascimentale a quella contemporanea, sia religiosa che profana, eseguirà perle della letteratura musicale come il celeberrimo Salmo 42 “Sicut cervus” (Giovanni Pierluigi da Palestrina), “Rex gloriae” (Luca Marenzio), La Sestina, ossia “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” (Claudio Monteverdi): “Incenerite spoglie”, “Ditelo voi”, “Darà la notte il sol”, “Ma te raccoglie”, “O chiome d’or”, “Dunque amata reliquie”; “Lodate Dio” (Giovanni Animuccia); “In tua patientia” (Claudio Monteverdi); “If ye love me” (Thomas Tallis), “Lamento della ninfa” (Claudio Monteverdi), “Soror mea Lucia” (Giuseppe Palazzotto Tagliavia), “Ecco momorar l’onde (Claudio Monteverdi), “Musiciens qui chantez à plaisir” (Hubert Waelrant), “Alma beata” (Andrea Schiavo).

A proposito di quest’ultimo brano, che dà il titolo alla serie dei concerti del gruppo vocale, si tratta di un mottetto rielaborato dal musicista e compositore siracusano Andrea Schiavo, che da anni si fa promotore della conoscenza della musica rinascimentale e barocca nella nostra città, in questo caso valorizzando le “Canzuni” del siracusano Claudio Maria Arezzo su Santa Lucia.

Privitera nella “Storia di Siracusa” vol II., enumerando i siracusani che si distinsero in Patria e fuori nel sec. XVI, scrive: “Di tutti questi ancor più celebre fu Claudio Maria Arezzo, storico, archeologo, filologo, oratore ed elegante poeta.

Contemporaneo del Fazzello, scrisse un De Situ Siciliae (1537), uno scritto di Osservazioni della lingua siciliana e canzoni nel proprio idioma (1543). Claudio Arezzo nacque alla fine del secolo XV o all’inizio del sedicesimo secolo. Oratore e nuncio imperiale, poeta e intellettuale coltissimo e apprezzato dai contemporanei e oltre come umanista di rilievo, dai poliedrici interessi.

Il ventennale della fondazione del “Polifonico Giuseppe De Cicco”

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 18:48
Dal 12 al 13 novembre ospite del corso per Direzione del Coro il Maestro Giovanni Acciai, dal 9 all’11 dicembre workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini

La Civetta di Minerva, 14 ottobre 2016

Il coro polifonico “Giuseppe De Cicco”, diretto da Maria Carmela De Cicco, è una realtà musicale ormai consolidata nel panorama artistico del siracusano e oltre, con un repertorio che spazia dalle nenie alle nuvene dialettali agli spiritual, dal canto gregoriano alla polifonia di scuola francese e tedesca, dal classico al contemporaneo: ogni concerto è un viaggio tra stili e compositori diversi per esplorare le capacità espressive della voce umana.

La compagine corale, che solitamente canta a cappella, quindi senza accompagnamento di strumenti – come nella tradizione del coro per eccellenza, ovvero la Cappella Sistina di Roma –, si avvale talvolta della collaborazione della pianista Cunegonda De Cicco.

Il coro è impegnato non solo in un’intensa attività concertistica, ma anche nella partecipazione a concorsi, rassegne e gemellaggi; tra l’altro il 2016 è anche l’anno del ventesimo anniversario dalla fondazione del coro, ventennale che verrà festeggiato con un’uscita discografica e altre iniziative.

Da segnalare, infatti, l’attività formativa del coro, impegnato nella didattica non solo per i coristi ma anche per i direttori di coro: da venerdì 14 fino a domenica 16 ottobre si terrà infatti la prima sessione di lezioni del Corso di Direzione di Coro, a cura del Maestro Pier Paolo Scattolin, mentre dal 12 al 13 novembre 2016 ospite del corso sarà il Maestro Giovanni Acciai; dal 9 all’11 dicembre 2016 si terrà un workshop sulla Petite Messe Solennelle di Rossini, ospiti il Coro del Conservatorio “Cilea” di Reggio Calabria.

Un’altra iniziativa da segnalare è l’adesione del coro ad un progetto solidale, 1000 Voci per ricominciare: il coro polifonico “Giuseppe De Cicco” (con altri 72 cori, ensemble e una scuola con la propria orchestra giovanile) ha infatti deciso di aderire al progetto che legherà cori di tutta Italia per legare il canto alla solidarietà verso i fratelli colpiti dal terremoto del 24 agosto. Una serie di concerti permetterà infatti di raccogliere fondi per le popolazioni terremotate.

Segnaliamo anche, per saperne di più, il gruppo “3.36” e l’hashtag #nondimentichiamoli.

Ne parla Luigi La Rosa, editor e scrittore. Consuelo Consoli: “E’ il saluto di Allegra ai suoi due possibili padri”

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

Domenica 30 ottobre alle ore 18, presso la Libreria Casa del Libro Rosario Mascali di via Maestranza a Siracusa, Luigi La Rosa (docente di scrittura, editor e scrittore per diverse e prestigiose case editrici) presenterà il romanzo di Consuelo Consoli “Un solo abbraccio” edito da Algra editore.

“La Civetta di Minerva” ha incontrato l’autrice catanese – che sarà presente in libreria – per porle qualche domanda sul suo romanzo e sul suo rapporto con i libri e la scrittura.

“Un solo abbraccio”: il titolo rimanda al mondo degli affetti, giusto? Come vengono declinati nel tuo libro?

La storia è semplice e complessa al tempo stesso. Un solo abbraccio è la frase con la quale si chiude. È l’abbraccio di Allegra ai suoi due possibili padri, Alex e Graziano, due uomini che, dopo averli incontrati, comprende di amare indipendentemente da legami di sangue.

Raccontaci del tuo percorso letterario: l’approdo alla scrittura e la pubblicazione.

La scrittura è una necessità che ho avvertito fin da piccola. Testimone mia madre e i racconti che la costringevo a sentire… L’ho tenuta a bada per quasi vent’anni, poi la conoscenza dei miei “simili” – Luigi La Rosa, te, Mavie Parisi – ha fatto il resto.

Questa è la settimana dedicata alla lettura, specie nelle scuole. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Molto disciplinato. Leggo per conoscere e crescere. La media è di un libro a settimana.

Progetti in cantiere…

Ho una raccolta umoristica già ultimata ma da rifinire sul tema dei detti celebri della mater sicula e un romanzo in itinere al quale chiedo troppo…

Via Columba, su un muro grigio il volto di Alda Merini

Marialucia Riccioli
Mercoledì, 09 Novembre 2016 16:45
Poi, dopo qualche giorno, l’immagine della poetessa viene deturpata. Il Comune potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers per abbellire le periferie cittadine

La Civetta di Minerva, 28 ottobre 2016

È di questi giorni la diatriba a colpi di spray e spazzoloni a Borgo Pio, storico quartiere di Roma, a proposito di un murale su Papa Francesco. Appare e scompare, anche se il web conserva memoria delle imprese dell’artista che lo ha realizzato.

Si licet parvis componere magna, Alda Merini, la poetessa dei Navigli, è stata protagonista per ben due volte di un episodio riguardante la sua immagine. E forse non sarà neanche l’ultimo. Qualche anno fa era apparso un murale vicino alla casa della Merini in Ripa di Porta Ticinese al numero 47, poi sparito.

Siracusa, fine di agosto 2016. Un’estate infinita addosso, traffico e settembre che incombe – scuola, lavoro, impegni che fluttuano in una nube di scirocco e voglia di mare, ancora. Via Columba, concessionarie, centri commerciali cinesi, autofficine, le palme del G8 di qualche anno fa che si sforzano di crescere nello spartitraffico. Su un muro grigio e incolore, uno spruzzo di vita un volto un nome. Alda Merini.

Si accosta si frena si scende. Si fotografa quest’apparizione poetica in una città che spesso i suoi poeti li nutre per vederli volar via. E poi, dopo qualche giorno, il volto di Alda Merini viene sfregiato. Quando la street art è originale, ironica, portatrice di bellezza, ben venga a colorare la prosaicità del quotidiano. Perché deturpare il murale?

La nostra amministrazione potrebbe incoraggiare i nostri giovani writers, i nostri artisti più creativi, gli intellettuali della parola e del colore, per abbellire le nostre periferie, per ravvivare pareti graffiate da sconcezze. Ma sta a noi cittadini rispettare un guizzo di bellezza che può riempire di senso una sosta o una coda.

Chiudiamo con alcuni versi della Merini. Perché la parola – l’armonia che vince di mille secoli il silenzio, direbbe Foscolo – non soffre sfregi finché la leggiamo l’ascoltiamo continuiamo a scriverla.

Il Gobbo – Dalla solita sponda del mattino /io mi guadagno palmo a palmo il giorno: /il giorno dalle acque così grigie, / dall’espressione assente. /Il giorno io lo guadagno con fatica /tra le due sponde che non si risolvono, /insoluta io stessa per la vita /.. e nessuno m’aiuta. /Ma viene a volte un gobbo sfaccendato, /un simbolo presagio d’allegrezza /che ha il dono di una strana profezia. /E perché vada incontro alla promessa /lui mi traghetta sulle proprie spalle.

http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=1844:la-scuola-rappresenta-un-fronte-importante-della-lotta-culturale-contro-le-mafie&catid=48&Itemid=144

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

Maria Lucia Riccioli
Giovedì, 27 Ottobre 2016 19:26

La scuola rappresenta un fronte importante della lotta culturale contro le mafie.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, il 19 ottobre scorso gli alunni del tredicesimo istituto comprensivo di Siracusa “Archimede”, a coronamento di un percorso iniziato durante l’anno scolastico precedente, intitolato “Progettiamo a colori”, hanno incontrato Simona Dalla Chiesa, figlia del generale ucciso dalla mafia.

Nel corso della mattinata gli alunni delle quinte (ex quarte) e delle prime e seconde medie, che hanno lavorato sui libri della nota autrice siracusana Annamaria Piccione, sensibile a queste tematiche (ricordiamo appunto “Il gatto del prete povero” sulla figura di Padre Pino Puglisi e “La scelta del sovrano giusto” su Giovanni Falcone, quest’ultimo illustrato da un’artista siracusana, Stefania Bongiovanni Vallone, ed entrambi editi dall’altrettanto siracusana casa editrice VerbaVolant edizioni, che con la collana “I grandi per i piccoli” si propone di far conoscere a bambini e ragazzi persone dal grande valore umano e civile e di far riflettere i lettori di ogni età su argomenti quali la legalità e la giustizia), hanno offerto a Simona Dalla Chiesa un libricino con i lavori realizzati sotto la guida dei loro docenti.

Durante la seconda parte della giornata si è tenuto l’incontro degli stessi alunni con le famiglie e varie autorità.

La giornata, moderata dalla dirigente scolastica dott.ssa Giusy Aprile, allietata dalla presenza dell’orchestra aperta di Claudio Giglio e impreziosita dalla performance di Peppino Castello, cantastorie di Monterosso Almo che ha narrato e raccontato come si usava un tempo le storie degli attentati mafiosi, ha visto anche il concorso di figure legate all’antiracket e delle autorità preposte alla lotta alla mafia.

 

https://www.gofundme.com/r2h6hryk

Per finanziare LA CIVETTA DI MINERVA, che è sostenuta solo da sponsor privati ed è un esempio di stampa libera da vincoli, l’idea è quella del crowdfunding, cioè la ricerca di fondi.

La civetta, animale sacro a Minerva: il simbolo del giornalismo che raccoglie informazioni e poi le analizza e le argomenta offrendole alla società perché diventino l’humus di un pensiero critico.

Da questa interpretazione del giornalismo  nel settembre del 2009 nasce il progetto dell’edizione cartacea del La civetta di Minerva, giornale antimafia, no profit.

http://www.lacivettapress.it/ it/

Difesa dell’ambiente e del territorio,  multiculturalismo, welfare, etica politica, economia sostenibile, lotta contro ogni forma di sfruttamento, prevaricazione e corruzione sono i nostri temi.

In soli sette anni di attività abbiamo sostenuto – nonostante la scarsità di risorse e quasi solo grazie ai nostri stessi contributi – importanti battaglie nel settore delle energie rinnovabili, della gestione privata del servizio idrico, contro la  costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, a favore del blocco delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto. Poi, tra le nostre numerose inchieste, quella “storica” sulla Procura della Repubblica di Siracusa ci è valsa il premio giornalistico nazionale Mario Francese 2012.

Tuttavia la nostra battaglia per la legalità ci ha portato più nemici che introiti e adesso la Civetta rischia la chiusura definitiva. Abbiamo bisogno di voi per salvarla!
Le donazioni verranno usate per finanziare il giornale e le attività che possano contribuire a tenerlo in vita e a promuoverne la diffusione.

Il nome di ogni donatore verrà stampato in uno spazio dedicato del giornale che potrà accogliere anche proposte e considerazioni (previa valutazione della loro liceità). Ciascuno riceverà il PDF del numero in uscita che presto potrete leggere anche grazie ad un’app.

———————————————————————–

The owl, sacred to the roman goddess Minerva: the symbol of aan active journalism, which collects, analyzes and discuss information in order to provide society with a booster for critical thought .

This interpretation of journalism led to the birth, in september 2009, of  the anti-mafia, non-profit, print newspaper, La Civetta di Minerva.

http://www.lacivettapress.it/it/

Our mission is to oppose environmental threats, corruption, exploitement, and abuse of power; and to promote multiculturalism, welfare, ethical politics, and sustainable economy.

Even though we had little money – motly provided by the journalists ourselves – in seven years we fought important battles: against water privatization; against the building of the regasification unit in the high risk area of Priolo-Melilli; against oil drilling in the historical area of Val di Noto. Among our many investigative reports, the “famous”one on the judges of the Procura della Repubblica di Siracusa was rewarded with the national Mario Francese prize for anti-mafia journalism.

However, our battle for legality brought us more ennemies than funds and now La Civetta risks to close for ever. We need you to save it!
Your donations will be used to support the newspaper and every activity which can contribute to its survival and outreach.

The name of every donor will be printed in a specific section of the newspaper, where your ideas and proposals can also be hosted (after previous evaluation of their legitimacy). Moreover, every donor will receive a PDF version of next issue and will be able to read it through an app.

http://www.lacivettapress.it/it/

LA CIVETTA esce ogni due venerdì e poi molti articoli confluiscono nel sito, dove troverete anche aggiornamenti e novità.

 

 

 

 

 

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